Documento politico conclusivo 15° Congresso provinciale
FILLEA CGIL
Parma 23 novembre 2001
Si
stanno concludendo in questi giorni le assemblee congressuali nei luoghi di
lavoro, un momento senz’altro positivo che ha consentito alla nostra
organizzazione di confrontare le
proprie posizioni con centinaia di migliaia di lavoratori in una fase nella
quale i motivi di discussione non mancano. La FILLEA di Parma non ha mai
considerato il pluralismo interno un problema, anzi ritiene che le diverse sensibilità politico
culturali presenti al nostro interno garantiscano alla CGIL una forte e ampia
rappresentanza la capacità di rinnovarsi, di cogliere le nuove esperienze che
nascono nella società e nel mondo del lavoro. Occorre che le diverse culture
politiche, che attraversano trasversalmente anche le diverse mozioni,
mantengano questo carattere di stimolo continuo e non diventino invece elemento
di cristallizzazione e di burocratizzazione. Il congresso intende nelle sue conclusioni valorizzare la
capacità della CGIL , anche nella fase congressuale, di aver raggiunto
posizioni unitarie su questioni fondamentali come: contrattazione e salario,
flessibilità del lavoro, previdenza, sulla guerra. La FILLEA auspica anche in
futuro, e per proprio conto intende fare, la capacità di un confronto sul
merito dei problemi e non sugli schieramenti.
Il nostro quindicesimo congresso si celebra in un momento che, al di là delle formulazioni di rito, di grande incertezza: gli attacchi terroristici dell’11 settembre e la conseguente guerra in Afganistan sul piano internazionale, il governo di centro destra in Italia rappresentano due sfide cruciali per il nostro e per tutto il sindacato confederale.
Sul
terrorismo e sulla guerra la FILLEA di Parma ribadisce con forza e convinzioni
le posizioni espresse dalla segreteria nazionale della CGIL di contrarietà
all’intervento dell’Italia nella guerra contro l’Afganistan: per ragioni
umanitarie e per ragioni politiche, in quanto lo strumento della guerra non può
rappresentare ne la soluzione più credibile di lotta al terrorismo. Oggi come
ieri la questione che l’occidente ha di fronte a sé è quello delle politiche, da rinnovare profondamente,
da attuare nei confronti del mondo arabo e di tutto il sud del pianeta, parti
di mondo attraversate da fortissime inquietudini politiche e sociali. Tuttavia, la perdurante non
volontà di dare una soluzione alla questione palestinese, le recenti
conclusioni del WTO non fanno che perpetuare tutte le condizioni che vengono strumentalizzate come alibi dal
terrorismo.
Il
congresso della FILLEA di Parma critica radicalmente il disegno li legge
governativo in tema di immigrazione: intollerante, disgregativo della coesione
sociale, illiberale e razzista. Un provvedimento che colloca l’Italia al
margine dei paesi europei. Occorre che il sindacato si impegni a contrastare la
proposta del governo, mobilitando i lavoratori stranieri e lavorando per creare
un sostegno solidale di tutto il mondo del lavoro. La Fillea di Parma da oltre
un anno fa del tema dei lavoratori
stranieri uno dei principali terreni di impegno politico e organizzativo: per
costruire politiche di integrazione e di rafforzamento dei diritti e per
favorire un protagonismo degli stranieri all’interno del sindacato come primo
passo per una cittadinanza attiva, e su questa strada intende proseguire. Il
congresso, garantisce il pieno sostegno politico e organizzativo di alla
manifestazione che si terrà il 15 dicembre per le strade cittadine contro il
disegno di legge del governo Berlusconi sull’immigrazione e a favore di
politiche locali di integrazione più incisive di quelle sperimentate fino ad
oggi.
Al
fine di giungere ad una piena cittadinanza degli immigrati ritiene
indispensabile la nascita di un movimento a favore del diritto di voto per gli
stranieri alle elezioni amministrative.
Infine
la FILLEA ritiene indispensabile riorganizzare l’Ufficio stranieri anche nelle
principali Camere del Lavoro della provincia.
La
FILLEA di Parma a fronte dell’attacco frontale del Governo e di Confindustria
ai diritti più elementari dei lavoratori – emblematici sono il tentativo di
cancellare l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori e le altre misure del Libro
Bianco - ritiene indispensabile una
risposta immediata e adeguata, chiede propone dunque alla CGIL, in uno spirito
unitario con le altre confederazioni sindacali, di proclamare lo sciopero
generale.
Parma,
23 novembre 2001
In
questi giorni per noi difficili ci si interroga spesso sul futuro del
sindacato. Non da oggi da sirene interessate si sente ripetere la fine della
centralità del lavoro e con essa – come logica conseguenza - del sindacato. La verità è un’altra: oggi
più di ieri il modello capitalistico trova nel lavoro, nei lavoratori e nelle
loro rappresentanze collettive il principale ostacolo e soggetto antagonista
alle sue pretese senza più freni. Questo nel nord e nel sud del mondo.
Si
vuole, non potendo cancellare il lavoro che è ineliminabile, togliergli la
voce, la possibilità di esprimere un’autonoma soggettività, per affermare il
lavoro come merce, come semplice “fattore della produzione” (come dicono
elegantemente gli economisti liberali), che oggi serve, domani no, comunque
“cosa” da usare con gli stessi criteri con cui si usano macchine, l’accesso al
credito, la pubblicità. Cosa significa
nel suo intendimento profondo voler negare come fa Confindustria, aiutata
improvvidamente da CISL e UIL, ai
lavoratori metalmeccanici di poter votare sul loro contratto e rifiutare
l’approvazione della legge sulla rappresentatività e la rappresentanza
sindacale? Oppure la proposta del
governo di riscrivere la legge sull’immigrazione che vorrebbe l’import di
braccia e non l’accoglienza a persone e nuovi cittadini?
Non
c’è proprio nulla di “sperimentale”, come sostiene il ministro del lavoro
Maroni, nel sospendere per quattro
anni, per alcune fasce di lavoratori (in sostanza i giovani), l’art.18 della
legge 300 di tutela nei confronti dei licenziamenti individuali senza giusta
causa. No, non sono proposte contingenti, pensate per provare a ridurre di
qualche decimale il tasso di disoccupazione (ricordiamolo ancora una volta: tra
licenziabilità e tasso di occupazione non esiste una relazione dimostrabile) o
per migliorare l’efficienza delle imprese. Rappresentano invece un progetto
profondo che viene da lontano e che soprattutto mira lontano: ci deve essere un
unico soggetto: le imprese. Una sola voce: le imprese. Un solo interesse: le
imprese. E’ una questione che attiene al rispetto delle persone e alla volontà
di potere delle imprese
E
per fare questo si è individuato un bersaglio privilegiato: i giovani. Sia per,
come si dice, rompere il fronte, ma anche per affermare tra chi entra oggi
nelle aziende un’idea di lavoro slegata a qualsiasi idea di diritti e di
dignità. I più anziani i quaranta-cinquantenni non più convertibili
all’ideologia aziendale per una prolungata pratica dei diritti al primo avviso
di crisi aziendale vengono espulsi ( e sostituiti dai loro figli ) dal ciclo
produttivo.
Riflettiamo
anche sulla proposta governativa di riforma-controriforma della scuola. La CGIL
da tempo sostiene: sempre di più i progetti di vita e lavorativi delle persone
dipenderanno dal sapere posseduto, occorre quindi (e si stava facendo)
innalzare i livelli formativi, l’età d’obbligo scolastico, favorire
l’apprendimento per tutto l’arco della vita, scuole buone e senza costi onerosi
per le famiglie. Il Ministro Moratti invece propone: buono scuola, scuole
buone, ma private e a pagamento, scuola pubblica abbandonata a sé stessa per chi non si può permettere di
meglio e di fissare a dodici anni l’età quando decidere se diventare muratori o
ingegneri, i primi alle professionali i secondi al liceo, com’era 40 anni fa.
Un progetto di scuola che accentua le discriminazioni tra i ragazzi fin da
piccoli, in base alla classe sociale, al livello di reddito e di istruzione dei
genitori. Personalmente la ritengo forse la cosa più indegna proposta da questo
governo.
Noi
siamo chiamati a fare di tutto per impedire che un simile disegno vada a
compimento, a cominciare dallo sciopero generale. Dobbiamo però anche sapere che su questioni assai rilevanti,
escluso l’art.18 e le pensioni (per il momento), quali quelle scritte nel libro
Bianco e nella legge Delega che puntano a disintegrare il mercato del lavoro,
non avremo, quasi certamente, CISL e UIL al nostro fianco. Non potremo per
questo venire meno alle nostre convinzioni, ma occorre aver chiaro fin da oggi
che si apre per noi una stagione di impegno straordinaria ed inedita (da molti
anni a questa parte). Serve l’impegno di tutti, in particolare i delegati
saranno chiamati a reggere nei luoghi di lavoro un confronto difficile, le
aziende, con i delegati degli altri
sindacati, con una parte (vedremo quanto grande) dei lavoratori. Sarà
necessario discutere, convincere delle nostre ragioni e della scelta dello
sciopero.
Avremo non solo una regressione dei diritti
del lavoro ma una vera e propria regressione della vita democratica per tutto
il paese. Si prospetta un’idea di cittadinanza dove la democrazia viene
circoscritta alla semplice possibilità di voto ogni 5 anni peraltro in
competizioni elettorali sempre più manipolate dai poteri forti che detengono la
proprietà dei mezzi di informazione.
Questa
è la posta in gioco: in Italia, ma non solo.
Il
2000 è stato l’anno nero per i sindacati nel mondo. Nei Paesi in via di sviluppo si è raggiunto l’apice in fatto di
repressione, persecuzione e uccisione degli attivisti sindacali. I mandanti
ultimi molto spesso sono le multinazionali che nel de localizzare le produzioni
affidano a terzi anche la gestione delle “relazioni sindacali”. I lavori del
WTO (l’Organizzazione Mondiale per il Commercio) conclusosi la scorsa settimana
nel Qatar (Paese retto da un regime non democratico) hanno escluso
l’introduzione, tra le regole del commercio internazionale, di qualsiasi forma di tutela e di regola sul
lavoro minorile e delle donne rinsaldando l’alleanza tra le grandi
multinazionali dell’occidente e le oligarchie politiche ed economiche dei Paesi
poveri.
Quadro
non semplice come vedete ma la CGIL, oggi, è in campo. Lo abbiamo dimostrato
nei giorni scorsi con lo sciopero degli insegnanti e degli studenti, e con lo
sciopero dei metalmeccanici. E il giorno 26 novembre, questa volta insieme a
CISL e UIL, anche gli edili daranno il loro contributo (credo ne occorreranno
altri) per il rinnovo contrattuale. Abbiamo le risorse per superare l’ostacolo.
In questi anni abbiamo rinnovato profondamente la nostra rappresentanza nei
luoghi di lavori, tra gli iscritti. Nonostante alcuni luoghi comuni interessati
le nuove generazioni, con tutte le problematicità dei giovani, sono parte del sindacato.
Dobbiamo
sapere guardare anche fuori di noi. Pensiamo al movimento per la pace che ha
partecipato alla Perugia Assisi. Alle persone, molti giovani, di estrazione
laica e cattolica (molti anche parte della CGIL) che pure in modi molto diversi
tra loro partecipano al movimento cosiddetto “no global” che pone questioni, su
un diverso modello di sviluppo sociale e ambientale, per noi cruciali. E’ la
prima volta dopo lunghissimi anni di silenzio che le politiche economiche e
sociali imperanti, certi “santuari” come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario
Internazionale, che tanti danni hanno e
stanno creando, vengono sottoposte a
una critica forte, non da piccoli gruppi, ma da un vasto fronte internazionale,
tra cui, anche, i sindacati. Tutti i
soggetti, sindacali e politici, che hanno a cuore più democrazia, più
giustizia, più libertà (non solo dell’impresa) sono chiamati a costruire sedi
di azione sovranazionali pena l’esaurirsi delle proprie funzioni in un ambito,
di singola nazione, sempre meno efficace e in chiave solo difensiva.
Abbiamo
invece bisogno, non solo di difenderci, come abbiamo provato a fare, con
alterni successi, in questi anni, di proporre a chi vogliamo rappresentare, per
dare loro nuova speranza e ragioni di
lotta, un progetto, per nuove libertà e nuovi diritti, come ostinatamente ci
esorta a fare un grande maestro come Bruno Trentin. Ci sono gli elementi e le
ragioni oggi per iniziare a definire un nuovo progetto. Le difficoltà di
rapporti con CISL e UIL e con parti del mondo politico a noi per tradizione
vicine saremo in grado di superarle con un’azione propositiva di nuovi
traguardi. Vediamo ad esempio – e ho concluso – lo scontro sull’art. 18.
Dobbiamo certo difenderlo per tutto il suo valore, innanzitutto di civiltà – ma
non possiamo fare finta di nulla di fronte a chi – in modo strumentale sia chiaro, perché vorrebbe cancellarlo per
tutti – ci dice la vostra battaglia è a difesa di una parte del mondo del
lavoro di quelli più tutelati. La risposta deve essere noi da oggi ci
impegneremo perché da domani il sistema delle tutele e delle garanzie venga
esteso a tutte le forme di lavoro – vecchie
e nuove – che ne sono prive.
Questo è il valore del sindacato confederale. Questa è la ragione per
cui siamo della CGIL.
I
lavoratori edili e del legno della FILEA CGIL di Parma riuniti al loro 14°
Congresso esprimono la solidarietà alla lotta degli studenti del liceo Tasso. L’importanza del sapere nella vita e nel
lavoro è troppa per lasciarlo a pochi e ai soliti. Un fraterno saluto.
Parma,
23 novembre 2001