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Relazione di:    Domenico Pesenti

 

Roma 9 ottobre 2003

 

 

 

            Con la riunione unitaria dei Consigli Direttivi delle Federazioni dei lavoratori delle Costruzioni chiudiamo, oggi, il percorso di informazione e consultazione dei delegati, dei militanti e dei lavoratori della edilizia, che ha impegnato in maniera diffusa le nostre organizzazioni per oltre un mese, al fine di presentare la piattaforma definitiva per il rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro a tutte le controparti, ANCE, Associazioni Artigiane, ANIEM CONFAPI ed Associazioni Cooperative.

 

            Il rinnovo del contratto si inserisce in uno scenario economico generale del Paese cambiato, ci troviamo di fronte ad una continua revisione al ribasso delle previsioni di crescita economica.

 

            L’Italia nel 2002 è entrata in una fase di stagnazione. Non è entrata nella fase di ripresa che tutti attendevano . Si sono fermati i consumi e gli investimenti in macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto.

 

            L’attuale periodo di rallentamento si segnala  per la sua durata. Sin dall’inizio del 2001 la dinamica congiunturale segna un andamento discendente. Una temporanea stabilizzazione si registrò lo scorso anno, ma la flessione del 2003 si sta rivelando consistente. Sempre sul versante economico generale  preoccupa l’andamento  della inflazione dovuto alla totale assenza di una  politica dei redditi da parte del Governo ed alla rinuncia della politica di concertazione che ha guidato le dinamiche economiche nel nostro Paese negli anni ’90 permettendogli di entrare nell’Europa monetaria. 

 

            In questo clima economico difficile il settore delle costruzioni si muove in controtendenza. L’edilizia costituisce il settore a più rapida crescita dell’intera economia italiana con saggi di sviluppo superiori  anche a quelli dei servizi. Il sostegno dell' edilizia al ciclo economico dura  dal 1999: in cinque anni il nostro settore ha cumulato un aumento del valore aggiunto superiore all’11%. L’espansione del settore delle costruzioni e la riduzione del risparmio delle famiglie sono gli elementi che sostengono il ciclo economico italiano, in attesa che il Paese recuperi la sua capacità di accumulazione e di penetrazione sui mercati esteri.

 

            Alcune avvisaglie di difficoltà si notano nei segmenti  più dinamici che avevano sostenuto il settore nella prima metà degli anni ’90: la manutenzione del patrimonio esistente  residenziale.

 

            L’occupazione nelle costruzioni cresce e continua  a farlo anche nel 2003 toccando i livelli pre-crisi del 1992: circa 1.826.000 occupati . Erano 1.544.000 nel 1998. Una crescita occupazionale del 15% in quattro anni. Gli ultimi dati  ci dicono che i ritmi di crescita sono rallentati ma restano sempre superiori a quelli della media della economia italiana, con un nuovo positivo incremento del numero dei dipendenti , a conferma che il processo di strutturazione delle imprese continua; ma anche se il fenomeno della irregolarità lavorativa ha smesso di guadagnare posizioni, esso è ancora molto diffuso. I dati ISTAT ci presentano la fotografia di un Paese esattamente spaccato a metà. Se al Nord la percentuale del lavoro irregolare si divide tra l’8.3% del Nord Ovest e il 5.1% del Nord- Est, il Mezzogiorno sconta ancora una percentuale  valutata al 27.8% del numero degli occupati del settore. Il che significa che più di 1 lavoratore su 4 lavora nel sottobosco della economia sommersa con punte che toccano il 40.9% in Calabria , il 33% in Sicilia , il 28.5% in Campania e il 24.9% in Puglia. Pesante è la situazione anche al Centro dove la media del lavoro irregolare raggiunge quota 18% . Dal luglio 2002 il numero degli occupati ha comunque guadagnato 47.000 unità che hanno riguardato esclusivamente l’occupazione dipendente. In questo quadro ci preoccupa l’arretramento occupazionale rilevato nel Sud del paese , che pone fine ad un lungo ciclo espansivo del lavoro edile nel mezzogiorno.

 

Tuttavia, possiamo  dire che il settore delle costruzioni si conferma come il settore industriale dalle dinamiche più vivaci. Il numero degli occupati, dato particolarmente rilevante, è aumentato in quanto è in crescita il numero dei dipendenti e, si registra  una flessione dei lavoratori autonomi.

 

            L’Osservatorio delle Camere di Commercio sul sistema delle imprese nel settore registra un aumento delle imprese di capitale che noi vogliamo cogliere come segnale positivo nella qualità del sistema delle imprese e nella sua capacità di stare sul mercato.

 

            Pare essersi esaurita la spinta all’aumento degli imprenditori artigiani che va salutata positivamente perché si è trattato semplicemente di un rifugio in risposta alle difficoltà occupazionali degli anni ’90 ed un tentativo sleale di abbattere il costo del lavoro. Ciò ha motivato nel tempo la fuga dal lavoro subordinato di molte professionalità data la diversa incidenza degli oneri sociali che per  un’industria edile è un costo più che doppio rispetto a quello sostenuto dall’artigiano individuale. Il problema principale oggi in molte parti del Paese è trovare la manodopera.

 

            Questi dati sulla occupazione non sono in contraddizione con la situazione del mercato delle costruzioni. Possiamo, infatti, notare l’esistenza di un doppio mercato: quello della piccola domanda, della piccola dimensione, quello della manutenzione; e quello della grande dimensione, delle nuove costruzioni, delle nuove opere. Il primo ha guidato la ripresa degli anni ’90 ma entra oggi in una fase recessiva.

 

            Nello scenario che abbiamo tracciato il comparto delle opere pubbliche ha giocato e giocherà un ruolo decisivo per la salute del settore e forse anche sproporzionato per le proprie possibilità. Tale comparto continuerà a crescere nel biennio 2003-2005 con incrementi minori rispetto al passato cambiando però man mano la composizione della spesa. Già oggi possiamo dire che il cambiamento di mercato è strutturale: la quota delle grandi opere è passata in 12 mesi dal 12.7% al 40% del totale degli appalti.

 

            Possiamo dire che il mercato delle OO.PP. è ormai avviato a dividersi in tre segmenti: un primo segmento caratterizzato dalla presenza di grandi opere che vedono come referente principale un numero ristretto di general contractors; un secondo caratterizzato dalle opere “soprasoglia” comunitarie, all’interno del quale giocano la partita le imprese che si sono certificate attraverso le SOA. (all’Albo Nazionale dei Costruttori erano iscritte circa 47.000 imprese , oggi  le imprese che si certificano con le SOA sono non più di 30.000). Abbiamo, poi un terzo segmento , quello delle imprese che giocano la partita del mercato “sottosoglia” comunitario che quindi hanno scelto di non partecipare alla partita delle opere pubbliche per cui si richiede il nuovo sistema di qualificazione .

Ad oggi le imprese di costruzioni in Italia iscritte alle Camere di Commercio sono circa 650.000, di cui 500.000 imprese individuali e società di persone.

 

            Questi tre mercati si confronteranno con due scenari normativi di riferimento: da una parte quelli che emergono dalla normativa nazionale che va nella direzione delle grandi opere infrastrutturali  e  contraddetto dalla frammentazione di carattere regionale, nonostante il lavoro  che abbiamo svolto all’interno della associazione ITACA  per la  predisposizione delle leggi quadro sugli appalti pubblici ; dall’altra le indicazioni che stanno per arrivare con la Direttiva Europea .

Così il quadro legislativo rischia nei prossimi mesi , da una parte, di vedere una normativa di carattere europeo che tende ad unificare i comportamenti dei diversi paesi , dall’altra una normativa di carattere nazionale che , in seguito alla riforma del titolo V della Costituzione, tende a privilegiare la possibilità dei vari territori di dotarsi di proprie normative.

 

            In questo quadro sempre più complesso, dobbiamo tener presente che molto dipenderà da come funziona il modello di spesa e i ruoli che i diversi attori istituzionali (le stazioni appaltanti sono più di 14.000 nel nostro paese) saranno in grado di giocare all’interno del comparto delle OO.PP. .. E’ evidente  che uno dei problemi di fondo sta nella capacità di spesa  del settore pubblico rispetto alle risorse disponibili . E’ spesso un problema di efficienza più che delle quantità delle risorse in gioco . Allo stesso modo un secondo tema sarà quello di trasformare le risorse in cantieri. Qui infatti sta la differenza dell’Italia con gli altri paesi europei : trasformare la carta dei progetti in opere compiute.

 

            Gli elementi che emergono dal settore ci dicono che siamo all’inizio di una fase difficile e comunque che molto dipenderà da come andrà la ripresa economica internazionale e da che cosa saprà fare l’attuale governo italiano.

 

            Nel 2003 le risorse destinate alle infrastrutture nel paese dal governo sono stazionarie rispetto al 2002 ed il quadro diventa ancor meno incoraggiante se consideriamo che già nel 2002 il governo aveva provveduto a diminuire le risorse destinate a nuove opere infrastrutturali rispetto all’anno precedente dell’1,1% in termini reali.

 

           

            E’ necessario che a partire dalla nuova Legge Finanziaria il governo ritorni a considerare l’aumento  delle risorse destinate alle infrastrutture come un obiettivo da perseguire con continuità e decisione . Le notizie di questi giorni dicono che la manovra di finanza pubblica per il 2004 determinerà per le risorse destinate alle infrastrutture una pesante contrazione rispetto al 2003 pari al 13.3% in termini reali . La stima dei finanziamenti, infatti, risulta pari a 20.334 milioni di euro contro i 22.929 milioni di euro disponibili nel 2003.

A questo si aggiunge che la Legge Obiettivo ha  un problema di risorse finanziarie.

           

            Il fabbisogno immediato richiesto dal Ministro delle Infrastrutture è di 7.5 miliardi di euro (2.1 nel 2004 e 4.5 nel 2005). A questo punto possiamo dire che l’impegno finanziario offerto al Fondo per le aree strategiche potrà contare per il 2005 su 2.700 milioni di euro e altrettanti nel 2006. Nel corso del 2003, inoltre, per la prima volta, dopo una corsa all’aumento delle risorse inutilizzate abbiamo assistito ad un’inversione di tendenza con una lieve riduzione dei residui passivi. Resta però da chiarire come si compenserà la contrazione del 2004 al fine di evitare l’interruzione del trend di crescita degli investimenti ed infrastrutture che si è registrato in questi ultimi anni

 

            Tutto questo , però, non basta. Il paese  non ha solo bisogno di infrastrutture strategiche , ma anche contemporaneamente di quelle che riguardano i nodi urbani. L’alternativa è un impoverimento proprio di quelle parti di territorio dove si svolge la vita delle città.

 

            Va bene quindi realizzare le grandi opere , ma , attenzione anche per interventi come strade, metropolitane, parcheggi , ferrovie, ponti, fognature, acquedotti, impianti di depurazione, infrastrutture per l’energia e per il turismo , in pratica tutti i lavori che il cittadino sente come strettamente necessari e per la cui assenza o inadeguatezza paga quotidianamente un prezzo altissimo.

 

            Al Sud il settore si misura già con una sensibile flessione; se questa si somma all’esigua dotazione infrastrutturale del Mezzogiorno rispetto al centro nord, diventa assai preoccupante. Al Sud infatti il settore delle costruzioni riveste un ruolo di primaria importanza. Gli addetti in edilizia rappresentano il 41% della occupazione industriale ed il 10% del totale dei settori economici. E poiché il settore delle OO.PP. ne assorbe una quota rilevante sono evidenti i risultati negativi che la flessione di attività in tale comparto produce sul sistema  produttivo meridionale  .

 

            Se il settore delle costruzioni continuerà a crescere dipende anche dalla proroga nel prossimo anno degli sgravi al recupero , (il 36% è stato prorogato fino a fine anno e lo sarà anche l’abbattimento dell’IVA al 10%). La legge finanziaria  ha prorogato gli sgravi anche per il 2004 senza però l’IVA al 10% che per noi rimane una condizione necessaria per l’efficacia di tale misura economica. Come OO.SS. abbiamo chiesto che tale provvedimento diventi strutturale  sia per alimentare l’attività economica nella edilizia sia per combattere il lavoro nero e l’economia sommersa. Gli sgravi del 36% hanno sfondato finalmente al sud, hanno acceso il motore della edilizia  privata in aree tradizionalmente in balia degli investimenti pubblici e dato una mano importante alla lotta al lavoro nero e all’economia sommersa.

 

            Ora, se questo è lo scenario in cui versa la domanda , è bene che ogni soggetto politico, istituzionale, economico e sociale che opera nel settore, si convinca del fatto che occorrerà fare i conti con una situazione di mercato più difficile dove le soluzioni non stanno nella domanda,  ma nella capacità del sistema e dei soggetti che vi operano di competere sul mercato.

 

            Al settore stanno arrivando segnali contrastanti, in primo  luogo proprio da parte del Governo. Infatti non quadra il sistema delle risorse finanziarie programmate per i prossimi anni e  per ragioni di cassa, il governo ha deciso nella finanziaria di riaprire i termini del condono edilizio che sanerà a posteriori comportamenti illeciti sul piano delle regole urbanistiche e sul piano della concorrenza sleale che sono stati alimentati in questi anni. Ciò penalizza gli imprenditori ed i lavoratori che agiscono nella legalità, vanifica ogni sforzo per un corretto uso del territorio e dell’ambiente e contribuisce a rendere ancora più incerte le regole che disciplinano le scelte imprenditoriali.

 

                        Non servono nuove leggi. I Comuni, le Sovraintendenze, gli Enti Parco e tutte le altre istituzioni coinvolte sono già dotati di strumenti di intervento più che sufficienti ed  è loro dovere utilizzare con determinazione nel combattere l’abusivismo.

 

            La verità che questo condono edilizio varato sotto il titolo “furbo ed ipocrita” “Misure per la riqualificazione ambientale e paesaggistica , per l’incentivazione della attività di repressione dell’abusivismo edilizio” è un vero mostro normativo che peraltro introduce il silenzio-assenso in una materia così delicata. E poiché sappiamo che intere regioni non sono ancora riuscite a sbrigare il 20% delle pratiche degli altri condoni vecchie di 9 – 18 anni , immaginiamo come tutto ciò andrà a finire.

            Non si può da una parte praticare condoni fiscali, contributivi ed edilizi e dall’altra intervenire con politiche efficaci contro gli atti illeciti e l’evasione normativa, contributiva e delle regole urbanistiche come se  fosse possibile tutto e il contrario di tutto; così come non si può continuare a reiterare nuove riforme previdenziali per esigenze di cassa , dopo che non si è stati capaci di fare un’attenta politica economica, smontando pezzi importanti di welfare che si sono costruiti nei decenni e dall’altra parte condonare “i furbi” che hanno lavorato fuori delle regole e contro chi le rispetta.

 

            Al contrario, noi riteniamo, così come  è scritto  negli accordi tra CGIL CISL UIL e la Confindustria, che il vero problema da affrontare è quello di rilanciare lo sviluppo e la competitività del nostro sistema paese intervenendo, in modo particolare, sulle infrastrutture strategiche ed ordinarie che lo riguardano. Il problema è la competitività dei nostri settori economici e dei nostri territori, fondamentali  sono le politiche generali e le politiche negoziali che dovremo perseguire nel rinnovo dei contratti nazionali, unitamente a ciò che il Governo dovrebbe fare sia sul versante della domanda che su quello della offerta nel settore delle costruzioni.

 

            Con il contratto noi intendiamo dare continuità alla politica di qualificazione del settore , alle normative legislative  che siamo riusciti a condizionare in questi mesi e  alle innovazioni contenute nella contrattazione integrativa territoriale che da poco si è conclusa, consolidando nel settore un sistema di relazioni politico-contrattuali e concertative funzionali alla esigenza di qualificare l’impresa ed il lavoro.

 

            In questo senso, il contratto nazionale di lavoro è un fondamentale strumento di autogoverno del settore attraverso il quale contribuire a creare un contesto ambientale favorevole alla crescita industriale delle imprese di costruzione . Bisogna programmare in maniera efficace le risorse rendendo stabile il mercato con continuità di commesse e regole certe. Occorre che nel sistema della edilizia vengano consolidate e diffuse regole strutturali che favoriscano la regolarità della concorrenza tra le imprese, la sicurezza nel ciclo produttivo e la qualificazione professionale dei lavoratori .

 

            Serve una legislazione per le opere pubbliche certa e trasparente che preveda regole chiare e stabilisca competenze e responsabilità, fissando principi unici, seguiti e riconosciuti sull’intero territorio nazionale da tutti i soggetti coinvolti nel ciclo produttivo-realizzativo delle opere quali le committenze pubbliche, i progettisti, le imprese appaltatrici, subappaltatrici e fornitrici di beni e servizi, chiamate ad operare in un  mercato sempre più competitivo, trasparente ed in qualità.

 

            Un concerto di azioni politiche ed economiche in cui il contratto nazionale si inserisce quale strumento prioritario per una politica della qualità del lavoro e dei lavoratori. Una politica che faccia propria una concezione di sviluppo e di competitività, compatibile con  chi lavora nei cantieri: una politica che anzi faccia di questi diritti , delle tutele del lavoro un punto di forza per il miglioramento della qualità degli standards a tutti i livelli, anche come effettiva garanzia del cliente e del committente.

 

            Sul versante della domanda occorre dare stabilità definitiva al processo normativo che ormai da molti anni ha investito il settore delle OO.PP. . Dal 1992 si sono già succedute tre versioni della Legge Merloni, modifiche profonde sono intervenute con il collegato alla Finanziaria del 2002 che, peraltro, annunciava una rivisitazione complessiva della normativa quadro in materia di appalti pubblici che ancora non è intervenuta. A ciò va aggiunto che questo governo ha definito un nuovo modello realizzativo basato sul general contractor ed un nuovo sistema di affidamenti e di qualificazione delle imprese non più poggiato sulle SOA , che ritaglia nelle grandi opere una fetta di mercato per le grandi e medie imprese con norme diverse dalle regole generali per gli appalti pubblici. Una normativa questa , che peraltro è ancora bloccata al Consiglio di Stato proprio sul tema dei requisiti che il general contractor deve avere qualificandosi come un soggetto non realizzativo delle opere, ma organizzatore del ciclo produttivo.

 

            Il contratto di appalto pubblico già oggi implica il rispetto non solo di quanto le  parti hanno stabilito nel contratto medesimo, ma anche di tutto ciò che ne consegue in via contrattuale e legislativa. L’impresa, cioè, non è tenuta solo a realizzare l’opera commissionata, ma, anche , ad eseguirla nel rispetto delle norme dettate a tutela dei lavoratori. Per cui il non rispetto della clausola sociale da parte delle imprese diventa una vera e propria evasione contrattuale ,per cui il committente, ad avvenuta ultimazione dei lavori deve  chiedere agli enti previdenziali ed assistenziali, compresa la Cassa Edile, se l’appaltatore ha adempiuto ai propri obblighi o in caso contrario a versare ai medesimi l’apposita ritenuta trattenuta sulle somme erogate in base agli stati di avanzamento.

 

            Se tutto ciò è necessario sul versante della domanda coniugando tutele contrattuali, obiettivi di qualità perseguiti con il contratto nazionale e contemporaneamente con le norme che regolano il settore, d’altro canto è necessario continuare ad agire anche sul versante della offerta, con azioni di politica industriale volte alla qualificazione del sistema delle imprese e del mercato del lavoro. Il contratto è  essenziale  ad accompagnare una politica capace di presidiare tre ambiti fondamentali:

 

-         la regolarità della concorrenza tra il sistema delle imprese;

-         la qualificazione del sistema del mercato del lavoro e delle professionalità;

-         la qualità del ciclo produttivo attraverso l’innalzamento del livello della sicurezza nel settore.

 

            Solo un sistema di relazioni industriali capaci di elevare questi livelli, può determinare un effettivo innalzamento della qualità sociale e della immagine del settore. E’ per questo che l’emersione del sommerso e la valorizzazione del lavoratore e della sua professionalità  diventa una più generale strategia di investimento in legalità e fiducia e rappresenta il primo obiettivo di questa piattaforma.

 

            Il modello di relazioni industriali nel settore delle costruzioni deve essere al servizio di questo fondamentale obiettivo prioritario per ambedue le parti che rappresentano le imprese ed il lavoro. Ma tutti sappiamo che lavorare per questo obiettivo in edilizia è particolarmente difficile e complesso; guardando infatti all’assetto delle relazioni industriali che si è consolidato nel tempo nel settore emergono peculiarità e differenze della struttura contrattuale edile indotte dalla frammentazione del mercato del lavoro che  negli ultimi decenni si è andata maggiormente articolando. Peculiarità che hanno portato alla costituzione degli enti bilaterali come sistemi compiuti presenti e diffusi in ogni territorio provinciale nel nostro paese e coordinati da enti nazionali. Essi sono e continueranno ad essere istituti contrattuali diretti a controbilanciare le caratteristiche di precarietà dei rapporti di lavoro, nonché le forme di flessibilità vecchie e nuove, favorendo la continuità del reddito dei lavoratori e l’omogeneizzazione delle condizioni di lavoro praticate nella edilizia con quelle degli altri settori industriali.

 

            Sulla scia della negoziazione tra le parti, la legislazione nazionale  ha supportato la contrattazione collettiva di settore, intravvedendo negli enti bilaterali strumenti utili per presidiare il sistema produttivo , la concorrenza tra le aziende, l’omogeneità dei costi e le condizioni economiche e normative di tutela del lavoro. Gli enti bilaterali  sono stati chiamati ad un ruolo strategico nella lotta al lavoro sommerso e al lavoro irregolare costituendo  punti di riferimento all’interno di un settore così frammentato e polverizzato. La legislazione di sostegno agli enti bilaterali ha qualificato sempre più gli enti paritetici del settore, quali strumenti privati con funzioni pubbliche, eletti dalla legislazione a svolgere compiti di selezione e qualificazione del sistema della offerta sia sul versante della impresa sia su quello del lavoro.

 

            La piattaforma che oggi andiamo a definire fa degli enti bilaterali il perno per raggiungere gli obiettivi di una migliore regolarità contributiva contrattuale e normativa delle imprese nel settore; una più diffusa qualità e sicurezza del ciclo produttivo; un efficace governo del mercato del lavoro; un ampliamento e un rafforzamento delle tutele negoziali dei lavoratori.

 

            Per quanto riguarda la regolarità della concorrenza tra le imprese sul versante contributivo e contrattuale, già nell’accordo nazionale sulle politiche del lavoro del 29/1/2002, abbiamo individuato una serie programmatica di obiettivi che con questo contratto dovrà essere portata a compimento.

L’obiettivo della qualificazione del sistema delle imprese e del lavoro nonché della regolarità contributiva e contrattuale va perseguito  nei  segmenti del mercato in cui si sta polarizzando il settore delle costruzioni:

 

Ø      da un lato il mercato delle grandi infrastrutture che fin qui è mancato non solo per  carenza di volontà politica e per lungaggini procedurali, ma anche perché, per realizzarle, si è fatto ricorso ad uno strumento improprio quale l’appalto di mera esecuzione, frammentato in un numero eccessivo di lotti. Nel contratto nazionale occorrerà presidiare questo segmento del mercato supportando il sistema normativo:

-         per la selezione di un numero di imprese capaci di organizzare lavori complessi e in grado di realizzare una competizione corretta;

-         per formare un sistema di mercato in cui le medie imprese abbiano la possibilità, consorziandosi di crescere e di acquisire referenze;

-         per la generalizzazione di un sistema di relazioni industriali preventivo sulle grandi opere che sia capace di programmare dal punto di vista degli orari, della organizzazione del lavoro, della sicurezza, della formazione professionale e dei meccanismi di contrattazione della produttività, un quadro di regole certe ed idonee a raggiungere obiettivi di qualità ed efficienza;

 

Ø      dall’altro lato il mercato delle opere ordinarie vicine alla soglia comunitaria e la massa indifferenziata dei lavori privati. In questo segmento di mercato sono fondamentali politiche di incentivazione alla qualità sostenute da un sistema di relazioni industriali diffuso al livello nazionale e territoriale. Gli obiettivi che vogliamo perseguire e realizzare in questo contratto sono:

 

a)      l’estensione dei meccanismi e della premialità dell’art. 29 della legge 341/95 all’interno delle Casse Edili ;

b)      la strutturazione e la diffusione del DURC attraverso la convenzione con l’INAIL e l’INPS e con una procedura di verifica della congruità contributiva all’interno delle Casse Edili per la certificazione della regolarità contributiva;

c)      la determinazione delle modalità di certificazione della regolarità contributiva anche ai lavori edili privati che costituiscono l’80% degli investimenti nel settore delle costruzioni. 

 

In questi mesi con la concertazione abbiamo raggiunto obiettivi che si sono concretizzati in quattro provvedimenti normativi:

 

¨      l’art. 29 della L. 341/95 è stato prorogato fino al 2006;

¨      la proroga del provvedimento sul 36% di deducibilità fiscale per i lavori di ristrutturazione;

¨      la istituzione del DURC   negli appalti pubblici nella legge 266 del 22/11/2002 e la  previsione di un anno di tempo per stipulare una convenzione nazionale tra INPS, INAIL e Casse Edili ;

¨      l’istituzione del DURC anche nei lavori edili privati ,  (art. 86 10° comma  decreto legislativo di attuazione della legge delega sul lavoro), che certificherà la regolarità delle imprese al momento del rilascio della concessione edilizia o della presentazione della dichiarazione di inizio attività .

 

Questo percorso contiene una vera e propria riforma storica perchè per la prima volta le parti hanno conseguito a supporto della contrattazione e dell’azione degli enti bilaterali una normativa che si estende , sostanzialmente, a tutti i cantieri edili.

 

            Laltra faccia della stessa medaglia della regolarità contributiva è il tema della sicurezza: i CTP e le figure delle RLST e RLS vanno qualificati nelle azioni a supporto del settore,  degli operatori e dei lavoratori, per determinare il miglioramento della qualità del ciclo produttivo che  i dati di questi ultimi mesi confermano sul versante della sicurezza. Infatti, anche sulla base delle normative delle direttive europee  e come frutto delle azioni che abbiamo compiuto sul versante del sostegno alla regolarità nel settore, gli infortuni che nel 2000 erano 102.818 , nel 2002 sono calati a 99.247, mentre i casi mortali da 325 nel 2001 a 290 nel 2002 con un calo del 10.77%. Ciò non ci deve bastare , nella piattaforma contrattuale richiediamo un’estensione su tutti i territori delle RLST come figure specialistiche a tempo pieno capaci di essere  punto di riferimento per i lavoratori  e di creare un sistema di relazioni con le imprese , le istituzioni e le parti sociali in grado di imprimere circoli virtuosi per uscire progressivamente dal tunnel della dequalificazione e degli infortuni.

 

            Infine il governo il mercato del lavoro.

            La frantumazione dell’assetto produttivo a cui va aggiungersi il fenomeno dei lavori atipici e le varie forme di flessibilità che già sono presenti nel nostro settore ci convincono che il lavoro edile sarà sempre più governabile "nel settore" e fuori dalle imprese e che perciò vanno innovate tutte quelle politiche tese a rafforzare il governo del mercato del lavoro .

Ragionare sulla qualità delle risorse umane in edilizia significa ragionare sui flussi di entrata ed uscita e sui presidi destinati a valorizzare "il mestiere" assumendo la responsabilità della gestione del governo del mercato del lavoro nella varie fasi dall’orientamento, alla formazione, alla promozione, alla informazione e alla selezione .

 

In questo ambito due sono le questioni su cui la piattaforma si è incentrata:

 

¨      da una parte il rafforzamento del sistema degli enti bilaterali. Le Scuole edili devono evolversi come centri di tutela del mestiere che certamente il contratto ed il mercato oggi richiedono. La formazione di ingresso, di aggiornamento e continua sono uno strumento essenziale per governare e sostenere l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro. Le nuove funzioni delle agenzie di gestione del mercato del lavoro devono spingere il nostro sistema di enti bilaterali a favorire l'incontro domanda offerta

¨      Dall’altra c’è il tema delle flessibilità. Con la controparte abbiamo segnato due risultati importanti che andranno gestiti nella trattativa contrattuale. C’è il risultato di "un metodo" che ha visto vincente la logica della concertazione tra le parti per mantenere la gestione delle flessibilità all’interno del contratto collettivo nazionale del lavoro. C’è, poi, il risultato  "nel merito" con  la disciplina del contratto di somministrazione della manodopera a tempo determinato ed indeterminato che sostituisce quella sul lavoro interinale disegnata nei CCNL rimanendo però affidata alla esclusiva regolamentazione delle parti sociali del settore. Con tale disciplina abbiamo voluto affermare che le forme di flessibilità vecchie e nuove possono trovare cittadinanza in un settore così altamente flessibile solamente se vengono rispettati dei principi fondamentali quali :

 

v     l’unicità del sistema contrattuale;

v     la omogeneità dei costi tra le diverse forme giuridiche del rapporto di lavoro;

v     il passaggio attraverso la formazione professionale come porta di accesso al settore attraverso gli EE.BB. della edilizia;

v     la determinazione in via contrattuale di forme integrative di sostegno al reddito gestite dagli enti bilaterali.

 

            Altro obiettivo cui è indirizzata la piattaforma è quello della riformulazione delle tutele per i  lavoratori  rispetto ai bisogni che sono mutati.

            I connotati della forza lavoro sono mutati, più lavoratori stranieri e giovani poco qualificati accanto a lavoratori italiani più specializzati ma sempre più anziani.

Il contesto in cui la trattativa si svolgerà sarà particolarmente complesso dato che la vertenza generale sulla ennesima riforma previdenziale varata dal Governo ripropone in termini molto seri, in particolare per il settore edile, il problema della copertura previdenziale effettiva in quanto il percorso lavorativo prevalente nelle costruzioni alterna momenti di lavoro a momenti di disoccupazione e in pochissimi casi tempo di lavoro e anzianità contributiva coincidono.

Solo il 25% dei lavoratori edili raggiungono la pienezza delle 52 settimane lavorative annue. Ciò conferma la gravità e l'inaccettabilità della proposta del Governo per un settore come il nostro e la sua inagibilità sociale che ci fa totalmente condividere e sostenere tutte le iniziative di mobilitazione e di lotta che le segreterie confederali CGIL CISL UIL decideranno a partire dallo sciopero generale del 24 ottobre.

Occorre rilanciare il tema dei lavori usuranti, ma anche dei lavori pesanti e faticosi perché non tutti i lavori sono uguali e neanche tutte le età; non è la stessa cosa lavorare in cantiere a 30 anni o a 60 e questo lo sanno bene anche gli imprenditori.

Dovremo progettare nuove tutele attraverso il sistema bilaterale.

Questa situazione rende ancora più urgente la definitiva partenza della previdenza complementare nel nostro settore  e rende ancora più inaccettabili i comportamenti elusivi di volta in volta delle Associazioni Imprenditoriali , in particolare di alcune associazioni artigiane che continuano ad avere un approccio alle politiche contrattuali di corto respiro.

L’effettiva partenza del Fondo Prevedi e il prossimo contratto deve rappresentare l’occasione non solo per innalzare le quote di accantonamento e determinare il versamento del TFR presso le Casse Edili, ma anche per definire un sistema complessivo di mutualizzazione dei costi che renda possibile la diffusione di questa prestazione integrativa a tutti i lavoratori  delle Casse Edili, compresi gli impiegati che con la previdenza complementare transitano nelle Casse Edili per la prima volta.

 

Occorre prendere atto in maniera forte e definitiva che se da una parte è possibile accogliere e contrattare  forme di flessibilità del lavoro edile dall’altra proprio la precarietà e la frammentazione che condizionano lo svolgimento della prestazione lavorativa ci devono spingere ad adattare le tutele consapevoli di quelle condizioni e quindi introducendo gli accorgimenti necessari per l’effettivo godimento delle tutele.

Nella stessa logica vogliamo rafforzare altre forme di tutela prestate attraverso gli enti bilaterali a cominciare dai fondi sanitari integrativi.

 

            Se questi sono i fondamenti su cui sono poggiate le richieste contrattuali, si pone con forza la necessità di una qualificazione di tutto il sistema bilaterale riassumendolo in una logica di sistema a rete che sia capace di offrire con efficacia ed efficienza i propri servizi rispondendo a regole di un sistema unitario nazionale. Tutto quello che sta avvenendo in questi mesi pone le premesse per uno sviluppo ancora più qualificato dell' azione degli enti paritetici che per noi sono e restano enti di attuazione di quanto le parti stabiliscono a livello contrattuale. Ormai questi enti non svolgono più solamente funzioni di applicazione di normative contrattuali e assistenza nei confronti dei lavoratori, ma sono sempre più chiamati ad essere strumenti  capaci di regolare ambiti importanti di funzionamento del settore.

Occorre, perciò, che gli enti bilaterali rispondano a tutte le parti sociali che contrattualmente governano il settore . Le parti firmatarie del CCNL devono trovare la sede per definire regole certe  che stabiliscano  nazionalmente gli standards di funzionamento, di certificazione e di prestazione .

 

            Noi rilanciamo la validità degli accordi per un sistema che riconosca tutte le parti contrattuali. Riteniamo che questa sia l'unica strada per qualificare tutto il settore.

            Siamo preoccupati delle ultime posizioni assunte dalla CGIA di sostanziale presa di distanza da una prassi di accordi che vedono firmatarie le Associazioni artigiane insieme all'Ance. Per quanto ci riguarda faremo tutti gli sforzi per riprendere e rafforzare un cammino che deve portarci al riconoscimento della pari dignità di tutti i firmatari dei CCNL, nel rispetto della reale rappresentatività e ad una assunzione comune del riconoscimento degli Enti bilaterali come strumenti a disposizione di tutto il settore.

 

            Definiti gli obiettivi di fondo la piattaforma contrattuale, affronta le questioni del rapporto di lavoro e le tutele dei lavoratori nel cantiere; senza entrare nel dettaglio in quanto le proposte sono già a vostra conoscenza è utile sottolineare alcuni aspetti:

 

  • tutele e attenzione per i lavoratori immigrati che rappresentano ormai il 25% dei lavoratori in edilizia, con la costituzione della "banca delle ore" e processi di formazione professionale legati anche ai flussi migratori;
  • ampliamento delle tutele di conservazione del posto in caso di malattia ed infortunio e il superamento della carenza (problema storico per il settore) ;
  • tutele per le lavoratrici e piena applicazione dei congedi parentali;
  • revisione del sistema di inquadramento per il pieno riconoscimento della professionalità dei lavoratori e regolamentazione coerente dell'apprendistato.

Infine la questione salariale; la nostra scelta di rispettare gli accordi del 93 ci porta ad una richiesta media di 90 Euro che rappresenta la somma del recupero della differenza tra inflazione programmata ed effettiva per il biennio trascorso e l'inflazione attesa per il biennio 2004/2005. Tale importo andrà ricalcolato per gli artigiani in quanto, per loro, si applica l'accordo interconfederale del '92 che prevede un aumento salariale su quattro anni con recupero annuale della differenza inflattiva.

 

      Il sistema contrattuale edile garantisce già oggi un secondo livello di contrattazione per tutti i lavoratori. Questo ha permesso al nostro settore di garantire la difesa del potere d'acquisto dei lavoratori edili più e meglio che per gli altri settori ed altre categorie. Nel difendere questo assetto vogliamo tentare un ulteriore rafforzamento del secondo livello contrattuale per renderlo ancora più capace di rispondere ai bisogni del mercato del lavoro locale e per dare ancora più protagonismo ai nostri gruppi dirigenti nell'affrontare i temi dello sviluppo territoriale.

 

            Una piattaforma così ambiziosa e che tende ad intervenire sulla struttura del rapporto di lavoro e sulle tutele per i lavoratori richiederà molta capacità di negoziazione , di consultazione , di informazione dei lavoratori e il coinvolgimento di tutte le nostre strutture per sostenere con la mobilitazione e la lotta la ricerca di  un risultato contrattuale all’altezza delle aspettative .

 

            Il valore di una piattaforma unitaria è stato sottolineato nelle consultazioni dai lavoratori ed è stato percepito come una assunzione di responsabilità delle OO.SS. verso i lavoratori stessi.

            Il valore della piattaforma unitaria è stato ulteriormente apprezzato perché la sintesi unitaria è stata vera, costruendo così una base di trattativa condivisa, che ci darà ulteriore forza per un confronto serrato e deciso con le controparti.

            La consultazione ci ha confermato che le richieste hanno colto i bisogni e le  aspettative dei lavoratori ed è emersa la consapevolezza che si tratta di una piattaforma ambiziosa ed onerosa. Questa consapevolezza ci sarà molto utile anche nel percorso delle trattative e nella valutazione finale.

 

            Siamo consapevoli di correre il rischio di illudere rispetto ai risultati; però abbiamo unitariamente condiviso di costruire una piattaforma che nell'attuale congiuntura favorevole, tenti di dare risposte ai bisogni profondi dei lavoratori del settore. Probabilmente, non riusciremo  a raggiungere compiutamente tutti i nostri obiettivi in questa tornata contrattuale, potrà essere necessaria una gradualità. E'’ importante, però, avviare un percorso che porti ad una maggiore legalità, ad una maggiore sicurezza nei luoghi di lavoro, ad una garanzia di continuità occupazionale, di mestiere e ad un giusto riconoscimento economico delle capacità professionali, del disagio e della fatica del lavoratore edile.

 

Siamo convinti     

 

                                       possiamo farcela 

 

                                                                        tutti insieme

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