SETTIMANA
EUROPEA 2004 “COSTRUIRE IN SICUREZZA !”
18 Ottobre al 22 Ottobre
Franco Martini (Fillea
Cgil): “Basta con i cantieri di nessuno”
L’illegalità e gli
infortuni devono essere sconfitti con nuove azioni
Per
arginare il fenomeno delle morti bianche in edilizia non serve
modificare le norme esistenti, ma è utile attivare un’azione sinergica
di tutti i soggetti che operano nel settore delle costruzioni per
sconfiggere questa piaga che nella sola Unione Europea vede ogni anno
morire 1.200 edili. Bisogna fermare questo massacro non solo con le
parole, ma con i fatti.
E’ quanto
sostiene il Segretario Generale della Fillea Cgil, Franco Martini,
intervenuto oggi al convegno organizzato da Ministero del Lavoro presso
l’Auditorium dell’Inail, sul tema “Sicurezza
nei cantieri e regolarità contributive”.
La
Settimana europea sulla sicurezza – continua Martini - rappresenta la
consapevolezza che il settore sia dal punto di vista quantitativo che
per la gravità degli eventi rappresenta ancora uno dei settori più a
rischio del mondo del lavoro in Europa e ha davanti a sé la prospettiva
di un possibile, ulteriore peggioramento della situazione relativa alla
salute e sicurezza.
La
catena legata alla vita di un cantiere, dall’apertura alla sua gestione
quotidiana, è rimasta quella tradizionale ed in alcuni casi si è
accentuata con il ricorso sempre più esasperato a subappalti ed imprese
di sub-fornitura, questo anche nella realizzazione di opere complesse,
non solo nella piccola edilizia privata. Se non si interviene in questa
catena – afferma Martini -che in alcune aree del Paese vive anche della
variabile criminosa, qualunque prospettiva di combattere per affermare
condizioni di vita e di lavoro nei cantieri più dignitose e nel rispetto
dei diritti, sarà del tutto illusoria.
Il cantiere rischia di
essere sempre più terra di nessuno, senza regole né leggi ed è questa la
vera battaglia da condurre e da vincere.
Vi è uno sforzo maggiore
che possiamo compiere – conclude Martini – ed è quello di estendere
l’esperienza e la pratica della concertazione e della contrattazione
d’anticipo, in particolar modo in presenza di una committenza pubblica.
Roma 22
ottobre 2004
Intervento di Franco Martini al Convegno organizzato dall’Inail
“Sicurezza nei cantieri e regolarità contributive”
22
ottobre 2004
L’aver dedicato
all’edilizia la settimana europea sulla sicurezza rappresenta la
consapevolezza che il settore sia dal punto di vista quantitativo che
per la gravità degli eventi rappresenta ancora uno dei settori più a
rischio del mondo del lavoro in Europa e ha davanti a sé la prospettiva
di un possibile, ulteriore peggioramento della situazione relativa alla
salute e sicurezza, dati i problemi che su questo campo sono presenti
nei paesi che daranno luogo all’allargamento dell’Unione.
In Italia la situazione
in edilizia rappresentata dai dati statistici ufficiali vede confermato
il trend in diminuzione degli infortuni generali, compresi quelli
mortali, anche se su questi ultimi si registra un preoccupante
rallentamento del trend.
E tuttavia il settore ha
nuovamente fatto ingresso nella cronaca quotidiana di queste settimane
per i tristi e brutali episodi di abbandono di lavoratori vittime di
gravi infortuni che in un caso hanno provocato la morte di un giovane
lavoratore.
Ciò che ha colpito
l’opinione pubblica e non poteva essere diversamente è stato questo
aspetto inedito, che segna il livello di inciviltà raggiunto in alcuni
cantieri del nostro Paese, il livello di caduta dei valori innanzitutto
etici e morali oltre ad i più elementari diritti delle persone che
lavorano.
Naturalmente per chi
segue l’edilizia quotidianamente episodi altrettanto gravi –per fortuna
non sempre a questo livello- sono all’ordine del giorno ed evidenziano
il contrasto tra una statistica positiva ed una condizione reale che
esprime in termini qualitativi un salto negativo preoccupante, anche
perché questa situazione non è più associabile alle condizioni esistenti
nelle aree tradizionalmente meno sviluppate.
Noi interpretiamo questo
salto di qualità come un campanello di allarme che segnala il pericolo
di una degenerazione in grado di indebolire se non di vanificare gli
sforzi che in questi anni sono stati compiuti nel campo della sicurezza
e che in parte hanno contribuito a determinare un abbassamento del
fenomeno infortunistico. Rischiano di segnalare il superamento della
soglia di tolleranza, dal momento che in discussione non è più il valore
di un oggetto o di un mezzo o di una procedura legata alla sicurezza,
quanto quello della persona stessa, ridotta essa stessa a puro oggetto
della catena produttiva.
Proprio per questo
occorre evitare in questa materia la diffusione di messaggi sbagliati,
che potrebbero indurre a pensare che la battaglia è vinta, che il
problema è sotto controllo, che la guardia può essere abbassata.
Abbiamo bisogno proprio
del contrario, di affermare l’opposto concetto che proprio in presenza
di una riduzione degli infortuni la nostra iniziativa deve ulteriormente
svilupparsi, sia per impedire una possibile inversione di tendenza, sia
per il fatto che le statistiche non possono essere lette rimuovendo il
dato che l’Italia e non solo nel settore delle costruzioni è agli ultimi
posti dell’Europa per infortuni e quindi che la riduzione del fenomeno
non solo è auspicabile ma è indispensabile che venga conseguito
attraverso obiettivi più ambiziosi, resi possibili purtroppo dai margini
più ampi che la nostra situazione rappresenta ed anche dal carattere
degli eventi infortunistici che testimoniano di quanto tante vite
potrebbero ancora essere risparmiate se fossero rispettate le più
elementari norme di sicurezza.
Ovviamente parliamo
degli infortuni sapendo che il fenomeno non può essere separato
dall’altro, altrettanto preoccupante delle malattie professionali dove
si registrano nuovi primati. Sono dunque le condizioni di lavoro
complessive il campo della nostra azione ed il tema della salute e
sicurezza debbono rappresentare il terreno primario sul quale verificare
la reale capacità di innovazione del nostro sistema produttivo.
Occorre lanciare
messaggi coerenti con questo obiettivo. E’ questa la ragione per la
quale le confederazioni sindacali e le stesse categorie del settore
hanno espresso fin dal primo momento forti perplessità sulle intenzioni
del Governo di modificare la normativa sulla sicurezza. L’incontro che
finalmente nei prossimi giorni dovrebbe tenersi servirà a chiarire
queste preoccupazioni e a conoscere meglio le reali intenzioni del
Ministero, ma è difficile sfuggire al rischio di esporre tale intenzione
ad una duplice lettura, in ogni caso non condivisibile.
Si cambia la norma
perché essa rappresenta un problema che ostacola il raggiungimento di
risultati ancora migliori nella lotta agli infortuni? Oppure, si cambia
la norma perché in presenza di un trend favorevole si può allentare la
presa?
In ogni caso vi è
contenuto un messaggio sbagliato che è quello dell’individuare nello
strumento della norma un aspetto problematico, mentre noi affermiamo che
i problemi della tutela della salute nei luoghi di lavoro non derivano
da una norma inefficace quanto da un livello di evasione dalla stessa
molto alta, che ha certamente cause diverse delle quali non si può fare
di un’erba un fascio, ma che non risiedono nella struttura della 626.
Non vogliamo dare
giudizi definitivi poiché nell’incontro previsto conosceremo meglio i
contenuti della proposta di Testo Unico, ma non sarebbe un messaggio
coerente con la battaglia da condurre in questo settore quello di una
ulteriore deresponsabilizzazione delle imprese, derubricando buona parte
degli obblighi di legge a norme di buona tecnica e a buone
prassi. E fin troppo evidente che il rischio calcolato, già oggi
largamente diffuso poiché poco probabile, di incappare in un controllo
ispettivo con la conseguente sanzione a fronte di un mancato rispetto
delle norme non potrebbe che venire ulteriormente incentivato dal fatto
che l’inosservanza delle norme di buona tecnica o buona prassi non
comporta reato contravvenzionale.
Così come ambigua e
pericolosa è la scelta di affidare agli enti bilaterali il compito di
certificare il rispetto della normativa, determinando una sorta di
conflitto di interessi tra controllore e controllato, facendo venir meno
una funzione che deve rimanere in capo allo Stato e non può essere
trasferita alle parti sociali.
Oltretutto su questo
tema dei controlli ispettivi siamo in presenza del dlgs 124/4 sulla
riforma dei servizi ispettivi sul quale non mancano ulteriori nostre
preoccupazioni per il rischio di indebolimento delle funzioni che è cosa
diversa ed ancora precedente al problema del loro rafforzamento
quantitativo, che pure esiste.
Così come non risulta
del tutto chiara la funzione del Rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza, che a nostro giudizio non può che venire rafforzata nelle sue
funzioni, come peraltro affermato nelle direttive comunitarie.
Nel caso dell’edilizia
abbiamo dimostrato che l’efficacia delle iniziative per combattere i
fenomeni negativi come quello degli infortuni non risiede nella modifica
delle norme esistenti quanto nell’azione sinergica di tutti i soggetti
in campo.
Ciò a maggior ragione
perché nel settore delle costruzioni sarebbe veramente riduttivo
immaginare la lotta agli infortuni come una semplice politica
“settoriale”.
Si tratta al contrario
di una politica interdisciplinare ed è del tutto evidente, come
dimostrano i casi di cui si è occupata la cronaca, che non si potrebbe
condurre una battaglia vincente se non fosse innanzitutto quella per
combattere il lavoro nero, irregolare, per affermare la trasparenza e la
legalità nel settore.
In molti casi
l’infortunio, mortale o meno, è la conseguenza di un contesto lavorativo
totalmente privo di regolarità, caratterizzato da gravi ricatti e
condizionamenti, da un livello di clandestinità che altri settori non
conoscono.
Per questo l’iniziativa
per la trasparenza e la regolarità nel settore che ha visto protagonisti
le parti sociali e quelle pubbliche è il terreno migliore per dare
efficacia alla stessa azione per la sicurezza.
La firma del recente
avviso comune e con esso l’avvio della sperimentazione del Documento
Unico di Regolarità Contributiva (Durc) rappresentano strumenti utili a
ridefinire il profilo della regolarità e della legalità nel settore.
Così come le stesse modifiche al dlgs 276, fortemente volute dal
settore, a partire dalle organizzazioni sindacali, come quella relativa
alla comunicazione anticipata dell’avvenuta assunzione o quella del
mantenimento della responsabilità solidale delle imprese che appaltano i
lavori.
Si tratta dunque di
procedere con decisione verso l’attuazione e la sperimentazione di
queste decisioni, sapendo che l’efficacia delle stesse non potrà che
essere implementata se la complessa gestione della politica degli
appalti verrà ricondotta ad un governo unitario tra le forze che sul
territorio sono protagoniste dello sviluppo.
Non è questa la sede per
riproporre le nostre opinioni sugli interventi che la stessa
legislazione in materia di appalti ha subito. I fatti si incaricano di
dimostrare che tutto essi hanno prodotto fuorché la possibilità di fare
presto e bene, ossia realizzare in tempi brevi e con le
condizioni qualitative richieste le opere di cui questo Paese ha
bisogno.
Sta di fatto che la
catena legata alla vita di un cantiere, dall’apertura alla sua gestione
quotidiana, è rimasta quella tradizionale ed in alcuni casi si è
accentuata, con il ricorso sempre più esasperato a subappalti ed imprese
di sub-fornitura, questo anche nella realizzazione di opere complesse,
non solo nella piccola edilizia privata. Se non si interviene in questa
catena, che in alcune aree del Paese vive anche della variabile
criminosa, qualunque prospettiva di combattere per affermare condizioni
di vita e di lavoro nei cantieri più dignitose e nel rispetto dei
diritti, sarà del tutto illusoria.
Il cantiere rischia di
essere sempre più terra di nessuno, senza regole né leggi ed è questa la
vera battaglia da condurre e da vincere.
Le iniziative di cui
parlavo in precedenza vanno in questa direzione, ma vi è uno sforzo
maggiore che possiamo compiere, estendendo l’esperienza e la pratica
della concertazione e della contrattazione d’anticipo, in particolar
modo in presenza di una committenza pubblica.
Là dove questa pratica
ha potuto essere adottata, nei cantieri dell’alta velocità, nella
realizzazione di interventi di ampliamento dell’edilizia sanitaria, sono
state definite preventivamente le condizioni di sicurezza alle quali
vincolare l’apertura dei cantieri e i risultati in termini di
contenimento degli infortuni si sono visti.
Registriamo tuttavia una
difficoltà ad estendere questa pratica in modo diffuso e questo è
inammissibile nel caso delle istituzioni locali che spesso rappresentano
le stazioni appaltanti con le quali l’intero processo dell’appalto deve
misurarsi e che ancora più frequentemente assumono quale parametro per
orientare tale processo il massimo ribasso, che è fonte, come tutti
sanno, di quella compressione dei costi la cui prima vittima spesso è
quell’8,5% medio dei costi alla sicurezza.
Ecco perché sarebbe
importante che dalla settimana europea per la sicurezza uscisse una
indicazione chiara ricolta a tutte le istituzioni pubbliche affinché nel
governo degli appalti fosse istituitala pratica della concertazione
d’anticipo alla quale affidare il compito di assumere costi e parametri
legati alla sicurezza quali criteri selettivi prioritari nelle gare di
affidamento degli appalti.
Tutto ciò non è solo
buona amministrazione ma rappresenta un contributo importante a creare
quella cultura della legalità, della trasparenza e della sicurezza di
cui il Paese ha bisogno. Si dice spesso che la battaglia per la
sicurezza è innanzitutto una battaglia culturale ed in questo c’è una
grande verità e per questo uno degli sforzi principali delle parti
sociali è quello di rafforzare gli stessi interventi bilaterali
attraverso gli enti di formazione e i comitati paritetici territoriali
nel campo della formazione alla sicurezza.
Ma il problema culturale
è ancora più grande, perché non riguarda solo la cultura alla sicurezza
ma il valore stesso del capitale umano, delle risorse umane che sono la
principale risorsa dell’impresa. Quando si arriva al punto di poter
abbandonare un lavoratore sul ciglio di una strada o nei pressi di un
cassonetto della spazzatura dentro quella violenza etica e morale è
contenuto anche un disprezzo o uno scarso rispetto o una scarsa stima e
valorizzazione per il lavoro e la professione che si rappresenta e che
si esercita.
Per questo la prima cura
contro gli infortuni è la valorizzazione del proprio lavoro, è
l’investimento formativo sul contenuto professionale del proprio lavoro
e tutto ciò non è coerente con la ricerca esasperata di una cosiddetta
flessibilità che in molti casi è solo precarietà voluta semplicemente
per combattere la battaglia dei costi sul terreno più sbagliato che vi
sia.
La prima cura per gli
infortuni è la battaglia per l’innovazione delle imprese, per una
competizione svolta sul terreno dell’innovazione e della qualità. Il
semplice galleggiamento è il terreno più congeniale per un fenomeno che
misura forse più di ogni altro i ritardi del nostro sistema produttivo.
Roma 22 ottobre 2004
I dati Ue: 1200
morti l’anno nel settore delle costruzioni
Rapporto Commissione lavoro regione
Lazio, dati Italia.
Illustrato a Bruxelles,
nell’ambito della Settimana europea sulla sicurezza, il bilancio annuale
per il settore delle costruzioni: oltre 800.000 incidenti per 1.200
morti e un costo complessivo che supera i 75 miliardi di euro. L'Agenzia
europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, Eash, che quest’anno
ha dedicato la Settimana al settore delle costruzioni, mira a ridurre
il pesante bilancio in termini di vite umane e di costi finanziari con
l'aiuto di Bruxelles e anche con il primo vertice europeo su questo
tema, che si terra' a novembre in Spagna.
Pieno appoggio alla
settimana è stato espresso sia dal direttore generale per l'occupazione
e gli affari sociali della Commissione, Odile Quintin, che dal deputato
europeo Stephen Hughes, l'Eash inoltre sta organizzando una campagna
informativa a tappeto per combattere questo fenomeno.
''I livelli degli
infortuni sono alti ma si riscontrano segni di miglioramento - ha
commentato Quintin -. Le morti sono diminuite da 1.300 a 1.200 all'anno
e il numero totale degli infortuni annuali e sceso da 850.000 a 822.000.
Queste cifre dimostrano che la legislazione sulla salute e la sicurezza
della Comunita' europea sta dando dei risultati. Ma non e sufficiente
avere una legislazione, bisogna anche implementarla e soprattutto
bisogna creare una cultura di prevenzione. Ogni cinque secondi si
verifica un incidente nei luoghi di lavoro''.
Dello stesso parere
Hughes, il quale sostiene ''si dovrebbe fare di piu' a tutti i livelli
del Governo, dell'industria, dei lavoratori e della societa' in Europa
per ridurre l'insostenibile bilancio di oltre 1.000 morti l'anno nel
settore edile. Anzitutto si dovrebbe fare di piu' per far osservare la
legislazione europea in quest'ambito, poiche' sappiamo che oltre la
meta' dei cantieri ispezionati in Europa non rispetta la legislazione
comunitaria in materia di sicurezza e salute''.
“In secondo luogo, -
conclude Hughes - giacche' i progetti edili nel settore pubblico
rappresentano almeno un quarto delle commesse dell'industria edile, gli
Stati membri e le autorita' locali e regionali di tutta l'Unione europea
dovrebbero compiere uno sforzo comune per fissare standard elevati in
materia di sicurezza e salute nei progetti di costruzione che essi
stessi commissionano''.
20 ottobre 2004
Infortuni sul lavoro: su 4 morti in
Europa, uno e' in Italia
Rapporto della Commissione lavoro del
Consiglio regionale
Lazio
Il nostro Paese registra un triste primato in Europa: una morte sul
lavoro ogni quattro decessi avviene infatti in Italia. Lo rende noto
la Commissione d'indagine conoscitiva sul fenomeno della sicurezza e
prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro del Consiglio
regionale del Lazio, che da oggi ha un sito on line:
www.prevenzioneinfortuni.it
Nel 2003 - si legge nel nuovo sito - In Europa sono stati denunciati
circa 5.000 incidenti mortali sul lavoro: di questi 1.395 sono
avvenuti in Italia. Per quanto riguarda il Lazio, il 2004 ha visto
finora dieci morti in dieci mesi nei cantieri edili.
L'aumento degli
infortuni mortali nell'industria negli ultimi anni e' stato del 31,5%,
mentre nelle piccole aziende l'aumento e' stato del 71,5%.
Nel 2003 in Italia
l'incidenza dei casi mortali e' stata di 44 vittime ogni 1.000
lavoratori assunti a tempo indeterminato contro 77 vittime ogni 1.000
lavoratori cosiddetti atipici.
Nel 2003 in base alla
nazionalita', gli operai complessivamente coinvolti in incidenti sul
lavoro nell' edilizia sono stati il 70% italiani, il 15% africani, il
10% dei Paesi dell'Est Europa, il 5% di altri Paesi.
Al 31 maggio 2004 le
percentuali sono diventate 65% italiani, 18% africani, 15% di Paesi
dell'Est, 2% di altri Paesi.
Molti immigrati assunti
irregolarmente - rileva la Commissione - evitano i controlli, per
paura di perdere il posto o di eventuali provvedimenti di rimpatrio,
non denunciando gli incidenti subiti o le inadempienze dei datori di
lavoro.
I lavoratori in nero
scoperti a Roma e provincia sono stati 745 nel 2003 e 472 nei primi
cinque mesi del 2004, con una tendenza ad un aumento considerevole
rispetto all'anno precedente. Secondo i dati dei sindacati, nei circa
160 cantieri edili ispezionati a Roma nei primi sei mesi del 2004, il
30% delle ditte appaltatrici o subappaltatrici (circa 240) operava
in violazione delle norme in materia di salute e sicurezza dei
cantieri. In questo senso - viene sottolineato - va bene l'
istituzione di un gruppo operativo di controllo presso la Procura
della Repubblica di Roma, come strumento di repressione delle
violazioni, ma - commenta la Commissione - ''se in due giorni sono
stati sequestrati tre cantieri, tra cui quello del viadotto del Gra
nel tratto Aurelia-Boccea, se un terzo dei lavoratori (tra cui anche
alcuni minorenni) controllati era in nero, viene ulteriormente
dimostrato che l'attuale sistema di prevenzione e controllo dei
servizi delle Asl e degli ispettori del lavoro ha grosse lacune che
vanno assolutamente colmate.
In Italia e nel Lazio
il numero maggiore di infortuni, in particolare quelli mortali, si
verifica nell'edilizia, nelle piccole imprese e nei cosiddetti
lavoratori atipici, col 25% degli infortuni nel settore delle
costruzioni. L'aumento degli infortuni mortali nell'industria negli
ultimi anni e' stato del 31,5% e ben del 71,5% nelle piccole aziende.
Nel 2003 in Italia l'incidenza dei casi mortali e' stata di 44 vittime
ogni 1.000 lavoratori atipici.
Lo scorso anno nel
Lazio sono stati denunciati 56.929 infortuni, con un aumento di circa
200 casi rispetto al 2002.
Gli infortuni mortali
sono stati 92. In questi dati - sottolinea la Commissione - bisogna
tener conto di un ulteriore livello di incidenti non denunciati da
lavoratori irregolari.
Secondo la Commissione,
''l'organizzazione gestionale della Regione Lazio in questo settore e'
assolutamente insufficiente''. ''Queste competenze - afferma - in un
primo tempo erano state accorpate con la medicina veterinaria e
ancora oggi non c'e' alcun dirigente responsabile poiche' da oltre
un anno e' vacante la Direzione dell'Area. Inoltre, nell'assetto
delle Asl, i dipartimenti di prevenzione sono sottodotati dal punto di
vista delle risorse e del personale. I controlli sono effettuati da
diversi soggetti (Asl, Ispettorato del lavoro, carabinieri, Inail,
vigili urbani) senza un coordinamento tra loro''.
La Commissione presenta una serie di proposte per affrontare la questione:
bisogna aumentare le risorse e almeno il 6% del Fondo Sanitario
Regionale deve essere destinato alla prevenzione; occorre completare
le dotazioni organiche degli ispettori delle Asl (nel Lazio mancano
circa 300 unita'); occorre un unico livello di coordinamento regionale
e una centrale operativa a cui segnalare le situazioni di
inadempienza e pericolo, al pari del 113, 115, 118; maggiore
coinvolgimento delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei
rappresentanti delle imprese; creare un sistema di bonus-malus, per
quanto riguarda i lavori pubblici, che privilegi le aziende rispettose
delle normative e con un minor livello di infortuni; contrastare il
lavoro nero attraverso un aumento dei controlli su dati incrociati e
con una maggiore qualificazione professionale del lavoro; maggiore
attenzione soprattutto ai settori piu' a rischio come quello edile, in
cui l'apporto di manodopera extracomunitaria e' molto rilevante.
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SETTIMANA
EUROPEA 2004 “COSTRUIRE IN SICUREZZA !”
18 Ottobre al 22 Ottobre
La Settimana
europea 2004 è una campagna d’informazione intesa a fare dell’Europa un
posto dove si lavora in modo sano e sicuro mediante la promozione di
attività che contribuiscano a prevenire i rischi nel settore delle
costruzioni. Tale campagna, con il sostegno di tutti gli Stati
membri, dei Paesi
Candidati, della Commissione Europea e del Parlamento come pure dei
sindacati e delle associazioni datoriali, è divenuta l’evento più esteso
in Europa per quanto riguarda i temi della sicurezza e della salute sul
luogo di lavoro, costituendo un’opportunità unica per ricondurre
l’attenzione sull’importanza della sicurezza e della salute sul lavoro.
Parteciperanno 25
Stati europei e la campagna d’informazione sarà tradotta in 20 lingue.
La Settimana
è organizzata e coordinata dall’Agenzia Europea per la Sicurezza e la
Salute sul Lavoro, con sede a Bilbao, e si svolgerà nei 15 Stati Membri
dell’UE, nei paesi candidati e oltre. L’Agenzia è l’organismo
dell’Unione Europea responsabile dell’informazione sulla sicurezza e la
salute sul lavoro.
Avrà luogo in tutti
i paesi europei dal 18 Ottobre al 22 Ottobre.
Le iniziative per le
Settimana Europea possono comunque essere pianificate entro il mese di
ottobre 2004.
La Settimana
europea è rivolta alle persone all’interno di organizzazioni, società e
imprese di qualsiasi dimensione e di qualsiasi settore. Sono invitati a
partecipare tutti coloro che sono impegnati in questioni di sicurezza e
salute sul lavoro, in particolare i rappresentanti di istituzioni e di
enti assicurativi del settore, di sindacati e organizzazioni datoriali,
di società, manager, impiegati e rappresentanti della sicurezza.
Nell’ambito della
Settimana, l’Agenzia svolge anche un programma di premiazione delle
buone pratiche che
offre un riconoscimento alle società ed organizzazioni che hanno
contribuito in modo notevole e innovativo alla prevenzione dei rischi in
attività correlate al settore costruzioni. La premiazione avrà luogo in
novembre a Bilbao (Spagna), in occasione della cerimonia di chiusura
della Settimana europea di quest’anno.
Iniziative,
convegni e assemblee
Nell’ambito della
Settimana europea, sono molte le iniziative che a vari livelli e in
varie sedi affrontano questo tema, sempre centrale per la Fillea Cgil.
Il mese di ottobre
sarà dedicato ad una riflessione più approfondita sulla sicurezza, la
prevenzione e le possibili proposte per arginare la piaga degli
infortuni nei nostri cantieri.
A Napoli un
Convegno su “ I primi dieci anni del d.lgs 626: bilanci e prospettive “.
12-10-04
Nell’ambito della Settimana europea per la salute e la sicurezza sul
lavoro nel settore delle
Costruzioni, la
Fillea Cgil di Napoli ha organizzato un Convegno sul tema
” I primi dieci
anni del d.lgs 626: bilanci e prospettive”.
Introduce
Enzo Petruzziello –
Segretario Regionale Fillea Cgil Campania
Intervengono:
Massimo Menegozzo
Università di Napoli – Pres. Regionale coord. ex art 27. 626/94
Gaetano Natullo
Università del Sannio – Commissione T.U. sulla sicurezza
Ettore De Socio –
Direttore Regionale vicario INAIL Campania
Pino Mauriello –
Coordinamento Regionale CPT Campania
Mara Nardini –
Segretaria Nazionale Fillea CGIL
Adriana Buffardi –
Assessora alla formazione e lavoro Regione Campania
Conclude:
Antonella Pezzullo
– Segretaria Regionale CGIL Campania
Intervento Mara Nardini
Nell’ambito di questo convegno, dedicato ai primi dieci anni del Dlgs.
626, parlerò anche, se non soprattutto, di costruzioni.
Per cominciare dalla 626, va detto che il contributo più serio ad un
bilancio di questa legge é il
monitoraggio sulla sua applicazione fatto dalle Regioni,
iniziato nel luglio 2000 e concluso con un
rapporto pubblicato alla fine dello scorso anno.
Il monitoraggio,
svolto il 12 regioni (compresa la Campania), è stato realizzato dai
Servizi di prevenzione delle ASL.
La verifica
dell’applicazione del 626 ha cercato di non essere formale, ma di
merito, controllando il vero impatto che la normativa ha avuto sulle
imprese e le dinamiche innovative che ha attivato anche
nell’organizzazione aziendale.
Va sottolineato che
una indagine di questa ampiezza sulla applicazione della del 626 non ha
paragoni in Europa: ha riguardato un campione di più di 8.000 aziende
appartenenti a tutte le dimensioni aziendali e a tutti i settori
produttivi (il 10% appartiene al settore delle costruzioni) per
un totale di ben 743.000 lavoratori occupati.
I risultati del
monitoraggio fanno emergere che la 626 è applicata in modo soddisfacente
per quanto riguarda il rispetto degli aspetti formali, mentre risulta
più carente l’adesione da parte delle imprese al modello organizzativo
che la 626 propone e ai processi che si sarebbero dovuti attivare,
compresa l’attivazione del sistema partecipativo.
Fra gli aspetti
positivi troviamo:
il fatto che oggi
quasi tutta le aziende si sia dotate del Servizio di prevenzione e
protezione e abbiano effettuato la valutazione dei rischi;
una discreta
attuazione, spesso più formale che sostanziale, dei principi
partecipativi incentrati sulla figura e il ruolo dell’RLS;
a sorveglianza
sanitaria risulta l’aspetto gestito dalle aziende con maggiore
conformità alle norme di legge;
Fra aspetti negativi
invece troviamo:
una maggior
criticità delle piccole e piccolissime aziende, rispetto alle grandi;
i punti più deboli
nell’organizzazione aziendale sono risultati le attività di formazione,
programmazione degli interventi e procedure di sicurezza;
una adesione più
agli aspetti formali, che a quelli sostanziali del 626;
una gestione della
prevenzione collaterale o aggiuntiva alla gestione aziendale, anziché
integrata.
Il fatto che risulti
che da parte delle aziende siano stati rispettati soprattutto gli
obblighi formali dettati dal 626, in qualche modo smentisce l’opinione
che considera il 626 inapplicabile perché troppo oneroso per le imprese
in termini di adempimenti burocratici; elemento, questo, che, al
contrario, costituisce una delle motivazioni della legge di
semplificazione in materia di sicurezza varata dall’attuale governo
e che, alla luce di questo monitoraggio, appare quanto meno una
motivazione non veritiera.
Le Costruzioni
Per quanto riguarda
il settore delle costruzioni e le ricadute della normativa di
derivazione comunitaria, rappresentata in questo settore dal Dlgs. 494,
non è possibile disporre di una indagine così approfondita come il
monitoraggio fatto dalle Regioni.
Una forma di
bilancio sugli effetti dell’applicazione del 494 può essere
rappresentato dall’andamento degli infortuni nell’edilizia, che resta un
fenomeno gravissimo.
Il settore delle
costruzioni nel nostro paese, dichiara l’INAIL, è al quarto posto per
numero di infortuni e si colloca al secondo posto in Europa, ma per
quanto riguarda gli infortuni mortali ha il triste primato di causare da
solo un quarto degli infortuni mortali sul lavoro, cioè 300 su 1400 di
media negli ultimi anni, circa un morto al giorno.
Ciò che è
altrettanto importante, però, accanto all’andamento quantitativo degli
infortuni, è l’aspetto qualitativo, il fenomeno di rapidissimo
imbarbarimento che sta caratterizzando il settore, del quale gli ultimi
segnali sono rappresentati da quanto accaduto ad Ercolano, a Napoli, e
prima ancora in Umbria. Ha ragione il compagno Epifani a sostenere che
non si tratta solo di assenza di valore della vita e della dignità della
persona, ma anche assenza di rispetto per la morte. Di fronte a questa
progressione, senza uno scatto, una presa di posizione forte, un
cambiamento profondo, c’è il rischio della assuefazione allo stillicidio
di morti quotidiane, al lungo elenco degli infortuni mortali, al
progressivo imbarbarimento. Diventeremo come in certe guerre, dove i
morti quotidiani quasi non fanno più notizia e la barbarie supera sempre
nuovi limiti? Di fronte a questa emergenza sociale, ai nuovi schiavi
rappresentati dagli immigrati e dai lavoratori in nero a Milano, a Roma,
così come nel Sud, e di fronte alla scomparsa dell’impresa da tanti
cantieri, affidati in modo sostanziale al caporalato e ai fenomeni
malavitosi, occorre reagire e occorre individuare una strategia
all’altezza dei problemi.
Innanzitutto
dobbiamo verificare l’adeguatezza degli strumenti di cui disponiamo e
porci l’obiettivo di conquistare nuovi meccanismi sempre più incisivi.
Un primo strumento è
la normativa, il Dlgs. 494, del quale non si può fare un bilancio
decennale, perché è più recente, ma soprattutto perché il suo
completamento per aspetti fondamentali è avvenuto solo lo scorso anno, e
per altri ancora manca.
Solo nel 2003, infatti, dopo 4 anni di gestazione e con colpevole
ritardo, il Governo ha emanato il Regolamento sui contenuti
minimi dei piani di sicurezza e sui costi della sicurezza,
previsto dall’art.12 del Dlgs. 494 e dall’art. 31 della L.109/94.
Il Regolamento
rappresenta un tassello essenziale nel funzionamento della legge, in
quanto contiene le disposizioni necessarie per evitare il fenomeno dei
piani di sicurezza redatti in fotocopia, in altre parole la
predisposizione dei piani come assolvimento solo formale dell’obbligo,
senza nessun rapporto con le caratteristiche e i rischi concretamente
presenti nel cantiere, cioè un inutile pezzo di carta.
Contiene inoltre le disposizioni attuative della norma che impone di
indicare i costi della sicurezza nelle gare d’appalto, perché siano
sottratti ai ribassi d’asta, evitando che sia proprio la sicurezza il
terreno su cui le imprese comprimono l’investimento per vincere
l’appalto.
I risultati del monitoraggio condotto dalla CNCPT dimostrano che fino
allo scorso anno il 10% circa dei bandi di lavori pubblici pubblicati
sulla G.U. mancava di ogni indicazione dei costi della sicurezza, mentre
nei restanti bandi i costi ammontavano solo al 4% circa degli importi
complessivi. Per l’ultimo anno i dati mostrano un certo miglioramento, i
bandi privi dell’indicazione dei costi scendono al 7,5%, siamo tuttavia
ancora distanti dal rispetto della norma, soprattutto se si esaminano i
costi per categoria di lavori.
Il Regolamento
rappresenta un punto di riferimento importante, mentre un’ulteriore
tappa potrebbe essere rappresentata dal rafforzamento dei meccanismi per
annullare tempestivamente i bandi irregolari e dalla individuazione di
criteri di valutazione della congruità dei costi indicati in relazione
alle caratteristiche dell’opera.
Inoltre il 494 non è
neppure completato.
Manca ancora
l’emanazione del Decreto sulla formazione dei coordinatori alla
sicurezza (previsto dall’art. 23 del Dlgs. 528/99).
Anche qui siamo
davanti ad un colpevole ritardo, perché questo provvedimento, in
gestazione da anni, dovrà definire i livelli di formazione e
qualificazione dei coordinatori alla sicurezza, nonché i lavori edili ai
quali gli stessi sono abilitati in rapporto al livello di
qualificazione.
In assenza di questo
decreto, la formazione dei coordinatori, anche per lavori molto
complessi, avviene attraverso corsi di sole 120 ore, svolti senza
garanzie di qualità e senza una verifica finale, così che nei casi
limite la frequenza dei corsi può essere anche solo sulla carta.
C’è da aggiungere poi che l’attuale normativa in alcuni punti è molto
inadeguata.
L’obbligo di nomina
dei coordinatori alla sicurezza scatta solo nel caso in cui nei cantieri
sia prevista la presenza di più imprese.
Questa disposizione non solo rappresenta nel settore privato un modo
di aggirare la normativa sulla sicurezza, ma, introduce un incentivo
alla destrutturazione industriale del settore, all’occultamento dei
subappalti e dei subaffidamenti e una spinta alla diffusione del lavoro
nero.
La composizione
frammentata del settore e il suo reale funzionamento comportano che non
vi siano cantieri di una certa dimensione in cui operi una sola impresa.
Questa norma, però, incentiva i committenti ad indicare una sola
impresa, occultando i successivi subappalti, o favorendo il
subaffidamento dei lavori ad una pluralità di lavoratori autonomi,
contribuendo così alla destrutturazione del settore.
La pericolosità di questa norma è evidente e riconosciuta, ma a
fronte delle richieste di modifica avanzate dalle OO.SS., sono risultati
prevalenti gli interessi delle grandi associazioni di committenti
privati.
Un secondo elemento
riguarda la presenza dei lavoratori autonomi.
Uno dei due fattori
specifici di rischio che hanno motivato l’emanazione della direttiva
cantieri é la presenza di più imprese e le interferenze fra le
attività svolte contemporaneamente o successivamente dalle stesse; sotto
questo aspetto, però, l’attività svolta dai lavoratori autonomi non è
considerata alla stessa stregua dell’attività svolta dalle imprese, per
cui sono sottratti all’obbligo di redigere il proprio piano di sicurezza
e rappresentano un elemento difficilmente coordinabile.
Da tutto questo
risulta che il recepimento in Italia della Direttiva cantieri presenta
dei varchi che ne vanificano in parte l’efficacia.
Se anche
disponessimo della migliore legge, però, essa potrebbe rappresentare
solo un fattore necessario, ma non sufficiente, in quanto la sicurezza
in edilizia è una questione multifattoriale e bisogna agire su più
terreni in modo coordinato.
Innanzitutto esiste un fortissimo nesso fra lavoro nero e irregolare e
mancata applicazione delle norme sulla sicurezza nel lavoro.
Nell’edilizia tutto dimostra che i due fenomeni sono strettamente
intrecciati e la dimensione del lavoro nero fa della lotta a quest’ultimo
un obiettivo fondamentale per la sicurezza.
Ne deriva l’importanza dell’avviso comune sull’emersione del lavoro non
regolare in edilizia e la realizzazione del DURC anche per i lavori
privati.
Ma il Durc non
basta. Infatti l’esperienza del funzionamento del Durc già avvenuta da
tempo in alcune province ha fatto emergere il problema dell’inerzia
delle stazioni appaltanti, ed è chiaro che questo strumento risulta
utile solo se c’è una forte responsabilizzazione delle Amministrazioni
pubbliche centrali, regionali e locali, perché non solo richiedano la
certificazione di regolarità delle imprese, ma poi neghino o revochino
gli atti amministrativi in assenza del DURC.
Inoltre sono
necessari ulteriori interventi per combattere il lavoro nero:
Va attuata quanto
prima la norma sulla comunicazione dell’assunzione il giorno antecedente
a quello di instaurazione del rapporto di lavoro, per evitare il
fenomeno delle comunicazioni avvenute il giorno stesso dell’infortunio.
Va accentuato il meccanismo di conflitto d’interessi fra committente e
impresa, che rompa la reciproca convenienza a lavorare in nero;
va rafforzato il
meccanismo del Durc, passando dalla regolarità contributiva alla
congruità contributiva (un rapporto fra quantità e qualità della
mano d’opera impiegata e tipologia di lavori eseguiti) elevando la
responsabilizzazione dell’impresa appaltatrice, la cui responsabilità in
solido nei confronti dell’impresa subappaltatrice va estesa ai criteri
di congruità;
uno dei principali
interventi deve riguardare la ricostruzione del profilo della filiera
produttiva dell’impresa edile e del cantiere, in modo da combattere
l’impoverimento della stessa impresa e da rendere certe e univoche le
responsabilità nel processo produttivo e nel campo della sicurezza;
uno strumento per
contribuire a questo può essere un bage di riconoscimento del lavoratore
edile, necessario per l’accesso al cantiere, che certifichi l’impresa da
cui dipende, la qualificazione professionale del lavoratore, la
formazione professionale e la formazione sulla sicurezza prevista da
legge e contratto; sapere chi è al lavoro è normale in una fabbrica, ma
attualmente è impossibile in un cantiere;
più in generale, vi è la necessità di rafforzare il sistema
sanzionatorio, anche con il ricorso a sanzioni interdittive, per
escludere dal mercato e dalla competizione fra le imprese quelle che
ricorrono al lavoro nero o non rispettano le norme sulla sicurezza;
va ampliata la
contrattazione d’anticipo, estendone il raggio d’azione ad un numero
sempre maggiore di opere, in modo che siano preventivamente definite la
formazione per la sicurezza, la verifica delle condizioni di lavoro,
nonché il ricorso alle funzioni svolte dalle scuole edili e dai CPT.
Sono poi necessari interventi sui meccanismi di ingresso e accoglienza
degli immigrati.
In molte realtà territoriali i lavoratori immigrati raggiungono ormai
il 40 – 50% degli iscritti alle Casse edili, ai quali vanno aggiunti i
tantissimi che lavorano in nero. Il problema del lavoro nero non deriva
dalla nazionalità dei lavoratori, ma dalla situazione del comparto
produttivo. Sappiamo però che i lavoratori stranieri costretti alla
clandestinità sono l’anello più debole e ricattabile, e costituiscono,
non per loro colpa, un potente serbatoio di lavoro nero e di alimento
del caporalato.
Pertanto va spezzato il meccanismo di drastica restrizione dei canali
d’ingresso regolare,
é necessaria una politica dei meccanismi d’ingresso, che offra una
risposta reale alla pressione migratoria e ai fabbisogni delle imprese,
coniugata con un’analisi delle professionalità necessarie e un forte
ruolo della formazione, svolta dal sistema delle scuole edili, per
qualificare professionalmente questo segmento del mercato del lavoro,
assicurare la conoscenza della lingua e una formazione per la sicurezza
che tenga conto delle conoscenze linguistiche dei lavoratori migranti.
E’ necessario più
in generale un forte intervento formativo, per elevare la qualità delle
risorse umane nel settore,
investendo sul capitale umano attraverso un ruolo della formazione
professionale intesa quale fattore permanente di qualificazione del
processo produttivo, condizione per la crescita professionale dei
lavoratori addetti e per una competizione alta fra le imprese.
Infine va rafforzata
la figura del RLS - RLST che incontra oggettive difficoltà a svolgere in
pieno la sua funzione in un settore ad alta frammentazione
imprenditoriale e nel quale la realtà produttiva è incentrata sui
cantieri, che hanno la caratteristica di essere mobili nel territorio e
temporanei nella durata.
Per queste ragioni
vanno rafforzati agibilità, funzioni e compiti del RLS, prevedendo in
particolare l’aggiornamento annuale della formazione e maggiori
possibilità di rapporto fra rappresentanti e rappresentati, quali le
assemblee o l’uso flessibile del monte ore.
Questi gli
interventi minimi che sarebbero necessari, ad alcuni noi possiamo
contribuire, ma per altri sarebbe necessaria una iniziativa delle
Istituzioni, prima di tutti il Governo, la cui direzione di marcia però
sembra un’altra.
gli intenti del
Governo con la legge di semplificazione e la recente riforma dei servizi
ispettivi (senza affrontare oggi i danni della Bossi-Fini) avranno quasi
certamente il risultato di aggravare la situazione.
Le anticipazioni della revisione della normativa sulla sicurezza con la
realizzazione di un testo unico, in attuazione della legge di
semplificazione, non possono che allarmare e suscitare il più netto
dissenso, per le pesanti ricadute che potrebbero avere sulla salute e
sicurezza dei lavoratori.
Bastano pochi
esempi: Il Governo vuole declassare a norme di buona tecnica e a buone
prassi le norme in vigore prima della emanazione della 626,
attualmente dotate di cogenza in quanto penalmente perseguibili, che
diventerebbero non obbligatorie e non esigibili; questo investirebbe
anche, per esempio, la L.164/56, che oggi risulta dalle ispezioni delle
Asl nei cantieri la legge che determina le violazioni più numerose e più
gravi, perché causa di cadute dall’alto.
Se oggi contiamo
tanti morti nei cantieri, pur in presenza di norme penalmente
perseguibili, cosa potrebbe accadere quando queste saranno derubricate a
semplici comportamenti consigliabili?
Il Governo, inoltre,
vorrebbe scaricare sulla bilateralità la responsabilità e i costi dei
controlli delle imprese fino a 100 dipendenti (la quasi totalità in
edilizia), mentre con la recente riforma dei servizi ispettivi ha
attribuito agli ispettori anche la funzione di consulenza attraverso
convenzioni a pagamento.
Non sappiamo ancora
se questa consulenza a pagamento svolta dagli ispettori riguarderà anche
la materia della sicurezza nei cantieri, che è fra le loro competenze
(lo dirà un decreto). Poiché ora la consulenza alle imprese è svolta dai
CPT, si potrebbe prefigurare una sorta di inaccettabile inversione dei
ruoli, dalla quale il Governo si aspetta anche nuovi introiti.
Inoltre la riforma
dei servizi ispettivi, anziché rafforzare il sistema dei controlli,
della vigilanza e del sistema sanzionatorio, ne pregiudica per molti
aspetti il funzionamento, dedicando risorse umane e professionali, già
oggi insufficienti, alla citata attività di consulenza e determinando un
inevitabile conflitto di funzioni.
Ma non basta: la
riforma comporta anche l’imposizione di gerarchie, di logiche
verticistiche e di appesantimenti burocratici nella definizione dei
programmi ispettivi, che contrasta con la necessità di una tempestività
degli interventi nei cantieri, che, a differenza di industrie o servizi,
sono per definizione realtà temporanee, costituite di fasi di lavoro in
continua evoluzione.
Non possiamo che denunciare i comportamenti contraddittori del Governo,
che da un lato recepisce nella legislazione alcuni contenuti dell’avviso
comune per l’emersione del lavoro non regolare, dall’altra interviene
con la riforma dei servizi ispettivi e porta avanti la revisione di
tutta la normativa sulla sicurezza, andando in direzione completamente
opposta.
Il Governo ha più volte dichiarato che sulla materia della sicurezza
sentirà le parti sociali; auspichiamo che non sia una formalità, ma
l’apertura di un confronto effettivo, nel quale possa pesare anche la
voce di chi tutti i giorni nei cantieri mette in gioco la propria
salute.
CONVEGNO
MINISTERO DEL LAVORO
Il Ministero del
Lavoro ha organizzato il 22/10/2004 a Roma, presso l’Auditorium dell’Inail,
Piazzale Pastore 5 un convegno sul tema “Sicurezza nei cantieri e
regolarità contributive”.
Prevista la partecipazione del Segretario della Fillea Cgil, Franco
Martini.
Programma del
convegno
“Sicurezza nei
cantieri e regolarità contributiva”
Chairperson |
Paolo Onelli
“Sicurezza e
bilateralità”
Direttore
Generale Tutela delle Condizioni di Lavoro del
Ministero
del Lavoro e delle Politiche Sociali
|
Ore 9,00
Ore 9,20
|
Apertura dei
lavori
Vincenzo
Mungari
Presidente
INAIL
Intervento del
Coordinamento tecnico delle Regioni e delle Province Autonome
“Il ruolo
delle Regioni nel sistema della prevenzione” |
Ore 9,40
|
Paolo Pennesi
Dirigente Divisione Coordinamento Ispezione Lavoro
del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
“Lavoro
irregolare: profili prevenzionistici”
|
Ore 10,00
|
Franco Martini
Rappresentante OO.SS.
“Le
strategie del sindacato delle costruzioni per la sicurezza nei
cantieri e la regolarità del settore”
|
Ore 10,20
|
Edoardo Bianchi
Presidente Commissione nazionale C.P.T.
Esempio di
buona pratica; “L’esperienza dei Comitati Paritetici
Territoriali nei cantieri edili pubblici e privati”
|
Ore 10,40
|
Pausa
lavori |
Ore 11,00
Ore 11,20
Ore 11,40 |
Ruggero
Golino
Dirigente
Area sviluppo e gestione sistemi di contact center e costumer
satisfaction dell’INPS
“Il
documento unico di regolarità contributiva”
Giampiero Astegiano
Vice
Presidente ANCE
Rappresentante Organizzazioni datoriali
“L’azione e
le proposte delle parti datoriali sui temi della sicurezza del
lavoro e della regolarità contributiva”
Franco Righetti
FENEAL-FILCA-FILLEA Perugia
Esempio di
buona pratica: “La sperimentazione del DURC nella provincia di
Perugia”
|
Ore 12,00
Ore 12,20
Ore 12,40
Ore 13,00
|
Mauro Fanti
Direttore
Centrale Prevenzione INAIL
“L’impegno
dell’INAIL per la sicurezza nei cantieri”
Roberto
Cianotti
Direttore
Dipartimento Tecnologie di Sicurezza ISPESL
“Tecnologie
e buon prassi per la sicurezza del lavoro nei cantieri edili”
Pietrantonio Ricci
Presidente
dell’Istituto Italiano di Medicina Sociale
“Il rischio
infortunistico dei lavoratori extracomunitari impiegati nei
cantieri”
Ferdinando
Terranova
Facoltà di
Architettura della Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
Esempio di
buona pratica: “Buone pratiche nel settore lavorativo delle PMI
relative a edilizia abitativa”
|
Ore 13,20 |
Dibattito
|
Ore 14,00
Ore 15,00
Ore 15,20
Ore 15,40
Ore 16,00
Ore 16,20
Ore 16,40
Ore 17,00 |
Pausa lavori
Pascal Paoli
Agenzia
Europea per la salute e sicurezza sul lavoro
Esempio di
buona pratica proposto dalle Regioni (Olimpiadi invernali di
Torino)
Michele
Tritto
Area
Tecnologie, qualità e sicurezza ANCE
Esempio
di buona pratica: “Linee guida per il trasporto di persone e
materiali fra piani definiti in cantieri temporanei”
Mario
Dolcini
FILCA-CISL,
Milano
Esempio
di buona pratica: “L’esperienza del RLST nei cantieri edili
della piccola e media impresa della provincia di Milano”
Marinella
Natali
Regione
Emilia-Romagna
Esempio di buona pratica: “L’esperienza della prevenzione nelle
grandi opere infrastrutturali: il caso dell’Alta Velocità nella
tratta Bologna-Firenze”
Premiazione delle migliori buone pratiche italiane presentate
Conclusioni
Maurizio
Sacconi
Sottosegretario di Stato, Ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali
|
Sempre in occasione
della Settimana europea per la salute e sicurezza sul lavoro, la
Commissione Nazionale CPT, Commissione nazionale per la prevenzione
infortuni, l’igiene e l’ambiente di lavoro, ha organizzato nell’ambito
del Salone di “Ambiente Lavoro” alla fiera di Modena, un convegno sul
tema “Qualificare per prevenire”.
L’iniziativa si
svolgerà il 15/10/2004, dalle ore 14,30 alle ore 18,00.
La mattina dello
stesso giorno dalle ore 9,00 alle ore 14,00 nell’ambito del salone
“Ambiente Lavoro” di Modena, CGIL- CISL- UIL hanno convocato l’assemblea
unitaria degli RLS-RLST.
Programma
provvisorio del convegno
Convegno di Modena
(15 ottobre 2004 ore 14.30 presso la fiera di Modena – Via Virgilio
70/90 - 9° Salone dell’igiene e sicurezza in ambiente di lavoro –
padiglione D, sala 5)
SETTIMANA EUROPEA
DELLA SICUREZZA IN EDILIZIA:
“QUALIFICARE PER
PREVENIRE”
L’investimento nella
qualificazione della manodopera, nella qualità del processo edilizio e
nella regolarità e trasparenza della filiera produttiva è il contributo
che il settore può offrire per ridurre gli infortuni sul lavoro.
COSA FARE PER
RIDURRE GLI INFORTUNI NEL SETTORE DELLE COSTRUZIONI:
a - Il contributo
delle parti sociali del settore
1.
ANCE (Ing. Giampiero Astegiano)
2.
Organizzazioni Artigiane (Rappresentante Organizzazioni artigiane)
3.
FENEAL-UIL – FILCA-CISL – FILLEA-CGIL (Dr. Giuseppe Virgilio)
b - Il contributo
del sistema degli enti paritetici di settore
1.
CNCPT: La promozione e diffusione della cultura della sicurezza.
Identificazione e diffusione di regole di buona pratica (Dr.ssa Mara
Nardini);
2.
Formedil: La qualificazione delle risorse umane: l’offerta e le
politiche formative nel campo della sicurezza (Sig. Franco Gullo);
3.
CNCE: Un modello integrato di flussi informativi e la regolarità
contributiva dell’imprese (Geom. Pierandrea Aggujaro);
4.
CPT: Contributi ed esperienze di buone pratiche realizzate dagli enti
paritetici territoriali.
c
- Agenzia europea di
Bilbao per la sicurezza e la salute sul lavoro:
Il quadro della
situazione a livello europeo
d – Istituto
Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza sul Lavoro:
La più recente
attività dell’istituto (Ing. Sergio Perticaroli)
e - Coordinamento
tecnico delle Regioni
La
situazione in Italia (Dr. Flavio Coato)
Chiusura dei lavori:
CNCPT (Dr. Edoardo Bianchi)
Assemblea
Unitaria RLS (Modena 15 ottobre 2004)
Nel loro impegno per il miglioramento delle condizioni di lavoro, Cgil
Cisl Uil ritengono oggi sempre più necessario favorire l’integrazione
delle azioni in materia di salute e sicurezza del lavoro nelle politiche
sindacali, a partire da quelle contrattuali.
Allo scopo di aggiornare e rilanciare un chiaro quadro di riferimento in
questo campo, le tre Confederazioni indicono un’assemblea unitaria
dedicata al tema “Salute e sicurezza nella contrattazione”, che
si svolgerà il 15 ottobre p.v. (dalle ore 9 alle ore 13 presso la “Sala
dei 400”) in occasione dell’appuntamento di “Ambiente Lavoro” alla
Fiera di Modena (dal 13 al 16 Ottobre p.v.).
«Più controlli nei
cantieri», il numero verde della Fillea Cgil .
Nell’ambito della Settimana europea sulla sicurezza, anche la Sicilia
scende in campo contro il
ripetersi di infortuni mortali.
Un
numero verde gratuito (800981800) per accogliere le denunce anche
anonime dei lavoratori, prevenire il continuo ripetersi di infortuni
mortali e promuovere la regolarizzazione nei cantieri edili.
E questa la nuova iniziativa di Fillea Cgil in concomitanza con la
Settimana europea della sicurezza che si celebra dal 18 al 22 ottobre.
Al numero verde, attivo in tutto il territorio nazionale dalle 12 alle
14 e dalle 16 alle 18, risponderà un call center che provvederà a far
dare risposte rapide ed intervenire nel modo più opportuno. Per
pubblicizzare questa iniziativa la Fillea Cgil scenderà in piazza con
dei gazebo nelle prossime settimane.
«Noi invitiamo i lavoratori dell'edilizia a denunciare anche in forma
anonima - dice il segretario provinciale di Fillea Cgil Tonino Licata -
fenomeni di inosservanza delle norme sulla sicurezza, sfruttamento e
lavoro nero. Fenomeni che in Sicilia sono molto diffusi anche perché
scarseggiano i controlli. Gli Ispettorati del Lavoro non hanno personale
a sufficienza, le Asl se ne disinteressano. Nelle province di Palermo.
Trapani e Ragusa abbiamo avuto quest'anno nove morti bianche».
Licata fa un quadro della situazione a Gela. «Noi a Gela come sindacato
le denunce le abbiamo fatte agli organi competenti ed abbiamo avanzato
anche delle proposte - continua il sindacalista - ma devo lamentare il
fatto che con Cisl ed Uil abbiamo proposto all'amministrazione comunale
oltre un anno fa un protocollo di legalità nell'edilizia che non è stato
preso in considerazione. I problemi ci sono. In città vediamo ponteggi
non a norma, da tempo sottolineiamo che andrebbero fatte dei controlli
sui cantieri delle villette in costruzione a Marchitello. Niente si è
mosso. Intanto registriamo nella nostra città un aumento del lavoro nero
per esempio nei tanti cantieri aperti al cimitero. E si sta verificando
anche un fatto nuovo. Gli extracomunitari stanno trovando lavoro anche
nell'edilizia togliendolo ai nostri muratori ed ai nostri manovali.
Stiamo verificando alcune situazioni di extracomunitari sfruttati dalle
imprese che vivono in sette o otto in una stanza».
Nella città in cui il sindaco è impegnato in prima persona nella lotta
alla legalità si registra una zona grigia che è quella dei cantieri
dell'edilizia.
«Il Comune potrebbe fare molto per far rispettare la legalità nei
cantieri - conclude Licata - nel nostro protocollo che il sindaco non ha
preso in considerazione prevedevamo la rimozione del direttore dei
lavoro se viene fuori che nei cantieri non si rispettano le norme di
sicurezza. Spesso le imprese vincono le gare con ribassi notevoli e poi
vanno a risparmiare sulle spese che riguardano la sicurezza dei lavori.
Un direttore dei lavori di questo può accorgersi facilmente. Se non
prende provvedimenti è da rimuovere. Il Comune ha tanti precari che sta
stabilizzando . E' così difficile istituire squadre di controllo dei
cantieri?».
Molte vertenze, tra quelle promosse nel settore dell'edilizia, molte
riguardano stipendi erogati solo sulla carta. Di fatto poi il dipendente
percepisce molto meno di quanto dichiarato in busta.
20 ottobre 2004