Bozza non corretta

 

 

FENEAL - FILCA – FILLEA

 

RIUNIONE NAZIONALE SULLA SICUREZZA IN EDILIZIA

 

ROMA - 14 Marzo 2001

 

 

 

Relazione introduttiva di Mara Nardini – Segretaria Nazionale FILLEA CGIL

 

 

                                                                       

 

Le cifre sempre altissime degli infortuni sul lavoro dimostrano che stenta a crescere nel paese la cultura della prevenzione, e addirittura manca la consapevolezza dell’ampiezza della tragedia rappresentata dagli infortuni. L’ultimo esempio è rappresentato dal divario fra l’allarme suscitato dall’epidemia di afta epizootica, giustificato dalla possibilità di danni anche ingenti al patrimonio zootecnico, ma di nessun pericolo per le persone, e lo scarsissimo rilievo attribuito al continuo susseguirsi d’infortuni mortali, di eventi invalidanti, al fenomeno delle malattie professionali.

 

Per far crescere la cultura della prevenzione nel paese, fra i soggetti istituzionali, nel sistema produttivo, è necessario l’intervento di più fattori integrati fra loro, una politica che guardi ai fenomeni culturali, alle politiche di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, alle politiche sociali, ma anche alle politiche industriali e di sostegno produttivo.

 

In quest’ambito possiamo registrare qualche progresso; voglio citare fra gli ultimi, le misure contenute nella Finanziaria 2001, dove, anche per l’iniziativa del sindacato, il credito di imposta concesso come incentivo all’occupazione, nella misura di 800.000 lire al mese per nuovo occupato (che nel sud diventano 1.200.000 lire), viene attribuito alle imprese, a patto che rispettino i contratti di lavoro e la normativa sulla sicurezza, compreso il Decreto Legislativo 494.

 

Naturalmente sulla salute e sicurezza uno degli elementi determinanti è rappresentato dalle regole da rispettare e, quindi, dagli aspetti normativi. La coincidenza di questa riunione con la fine della legislatura ci consente anche di trarre una sorta di bilancio.

 

La legislazione sulla sicurezza nei cantieri ha fatto alcuni passi avanti, con l’approvazione della Merloni ter e con l’emanazione del Decreto Legislativo 528.

 

Grazie anche al ruolo che siamo riusciti a svolgere nella fase di predisposizione dei provvedimenti, abbiamo raggiunto alcuni significativi risultati.

E’ utile ricordare l’introduzione del piano operativo, il rafforzamento della figura del coordinatore all’esecuzione, l’ampliamento degli adempimenti a carico del committente;

 

L’introduzione del piano operativo, in particolare, rappresenta un fattore di responsabilizzazione delle imprese, anche di quelle fino a 10 dipendenti.

 

Solo ed esclusivamente nel nostro settore, infatti, siamo riusciti a recuperare la deroga all’obbligo di redazione del documento di valutazione dei rischi, concessa in via generalizzata dal Parlamento in favore delle aziende fino a 10 dipendenti appena dopo l’emanazione del Dlgs.626.

 

Abbiamo ottenuto, inoltre, un rafforzamento del ruolo del coordinatore alla sicurezza, nella linea di un suo efficace intervento, non solo ai fini del coordinamento, ma per un’azione di verifica effettiva degli adempimenti, sancita dall’onere a suo carico di comunicare agli organi di vigilanza i casi di persistente inadempienza alle norme di sicurezza.

                                         

Sono stati realizzati progressi importanti verso della regolarità delle imprese e l’innalzamento del loro profilo industriale: la Merloni ter, il Regolamento Generale e il Regolamento sulla qualificazione delle imprese forniscono in questa direzione un rilevante contributo nel settore degli appalti pubblici, mentre il Decreto 528 obbliga i committenti, anche nel settore privato, alla verifica dell’idoneità tecnico-professionale delle imprese e della loro regolarità contrattuale e contributiva.

 

L’ultima fase ci ha visto confrontarci con i Ministeri competenti, la rappresentanza dei committenti e quella imprenditoriale, per la predisposizione del Regolamento sui costi della sicurezza e i contenuti minimi dei piani di sicurezza.

 

 Nel confronto, come sapete, si sono scontrate due linee. Ad un disegno, corrispondente agli interessi dei committenti, di svuotamento d’efficacia del provvedimento, siamo riusciti a far prevalere una linea basata su un’indicazione di tutti i costi della sicurezza e su una costruzione dei piani di sicurezza in stretta correlazione con la progettazione dell’opera e la programmazione e il coordinamento dei lavori.

 

 Sono proprio questi ultimi i fattori ai quali tutte le indagini, per ultima quella della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di lavoro, attribuiscono un’influenza prevalente nella maggioranza degli infortuni e per questo riteniamo importante il risultato raggiunto.

 

Il Regolamento sui costi della sicurezza e i contenuti dei piani di sicurezza sta attualmente seguendo il percorso di approvazione, che prevede il parere del Consiglio di Stato e della Conferenza Stato-Regioni; ci auguriamo che non vi siano ulteriori ritardi, né tentativi di ripensamento o rinvii. Noi saremo, in ogni caso, impegnati per contrastarli.

 

Un impegno che nasce anche dalla consapevolezza che vi é una profonda necessità di fornire in materia di costi della sicurezza un riferimento normativo stabile ed autorevole.

Grazie ai ripetuti interventi delle OO.SS. degli edili, vi sono stati espliciti pronunciamenti dell’Autorità di Vigilanza sui lavori pubblici; ma questo si è dimostrato insufficiente.

Infatti, dal monitoraggio effettuato recentemente dalla Commissione Nazionale Paritetica sulla sicurezza emerge che nel 26% dei bandi di gara nei lavori pubblici, pubblicati dallo scorso autunno, manca totalmente l’indicazione dei costi della sicurezza. Non solo. Nel restante 74%, che contiene indicazioni di costi, il fattore qualitativo è allarmante, perché difetta quasi del tutto di coerenza con il valore dell’opera e con la tipologia di lavoro.

 

Dal 1996, anno in cui è stato approvato il Decreto legislativo 494, ad oggi, i governi che si sono succeduti non sono riusciti a definire tutti gli adempimenti previsti dalla legislazione sulla sicurezza nei cantieri.

 

A completare il quadro normativo mancano, infatti, altri due provvedimenti, previsti dal 494: il Decreto relativo al fascicolo per la sicurezza, e quello relativo ai livelli di qualificazione e di formazione dei coordinatori alla sicurezza.

 

La loro assenza a fine legislatura, in particolare quella del secondo decreto, rappresenta un fatto preoccupante, perché una qualificazione corrispondente alla complessità del cantiere e una formazione adeguata dei coordinatori rappresentano un elemento essenziale per il funzionamento del 494.

 Ciò è tanto più vero alla luce delle nuove competenze del coordinatore all’esecuzione, e nella consapevolezza che la formazione attualmente erogata non solo è insufficiente, ma in molti casi è solo una fabbrica d’attestati di frequenza.

 

Questo significa che vi sono vasti interessi in campo che contrastano il varo del decreto, la cui emanazione e i cui contenuti saranno, invece, uno degli obiettivi del nostro impegno.

 

Un altro punto “dolente” sul quale non cesseremo di insistere e di sviluppare un’iniziativa è quello relativo alla misura prevista dal Decreto Legislativo 528 che, nel modificare il 494, ha limitato l’obbligo di nomina dei coordinatori e di redazione del piano di sicurezza e coordinamento ai soli casi di presenza di più imprese.

 

 E’ una modifica che ha corrisposto ad interessi molto corposi, quali quelli dei committenti, appartenenti soprattutto al mondo industriale, commerciale e dei servizi.

Interessi che, oltre che causare una evasione dalle norme di sicurezza, introducono nel settore edile elementi distorsivi della concorrenza, in grado di provocare rilevanti conseguenze, un fenomeno di destrutturazione del settore e il proliferare oltre misura dei lavoratori autonomi.

 

Questo avviene perché i committenti, affidando la realizzazione dell’opera ad una sola impresa e ai lavoratori autonomi, possono evitare l’applicazione delle misure previste dal 494 anche in cantieri di dimensioni consistenti, risparmiando sensibilmente sui costi.

Abbiamo cercato di avere risposte a questi problemi dal Ministero del Lavoro, per ultimo dal sottosegretario Guerrini, trovando però solo richiami a un’interpretazione letterale della legge.

 

Nel quadro delle iniziative, che vedono il sindacato impegnato sul fronte della regolarità delle imprese, riveste particolare importanza il confronto che Feneal, Filca e Fillea stanno portando avanti per giungere ad una convenzione finalizzata alla lotta al lavoro nero e irregolare, attraverso lo scambio fra INPS, INAIL e Casse Edili dei dati in loro possesso e lo strumento del DURC – il Documento unico di regolarità contributiva.

In quest’occasione l’Ance sta mostrando tutta la sua contraddittorietà, poiché, nonostante le ripetute insistenze sulla necessità di lottare contro il lavoro nero, manifesta in questa vicenda incomprensibili resistenze.

 

L’iniziativa del sindacato si è sviluppata anche nei confronti dei diversi interlocutori istituzionali, a livello nazionale e nel territorio, per rimuovere ostacoli e richiedere il coordinamento efficace di tutti i soggetti che operano nel campo della prevenzione e della vigilanza.

 

Abbiamo visto alcuni risultati, conseguenti agli impegni assunti dal Governo con Carta 2000, ma non tutti i problemi sono stati risolti, ed in rapporto con le  Confederazioni, sarà necessario continuare l’impegno in direzione di un sistema sempre più efficiente.

 

 

Nel territorio le nostre strutture di categoria, da sole o contribuendo ad iniziative confederali, hanno sviluppato un’intensa attività e sono state fra le più attive; c’è stata una rilevante produzione di protocolli, frutto dei tavoli della concertazione a livello territoriale o regionale, per assicurare coordinamento ed efficacia nel campo della prevenzione e vigilanza, elevare il livello di lotta agli infortuni e al lavoro nero e irregolare, con risultati a volte di valore.

 

Purtroppo le cifre degli infortuni e l’importanza raggiunta dal fenomeno del lavoro nero ci dimostrano che non possiamo dirci soddisfatti.

Possiamo però ottimizzare quello che si è già realizzato, attuando una sorta di osservatorio sui protocolli territoriali e regionali, che punti alla diffusione delle esperienze che hanno prodotto i risultati più significativi.

 A questo fine è indispensabile che le strutture c’inviino la documentazione di merito.

 

Inoltre, è necessario rilanciare l’azione sindacale nel territorio, anche in previsione degli effetti della recentissima riforma federale, che ha inserito la sicurezza del lavoro fra le materie di legislazione concorrente indicate dal nuovo art. 117 della Costituzione, rendendo così le Regioni protagoniste in questa materia.

 

In attesa di valutare appieno gli effetti di tale innovazione costituzionale, molti sono i terreni in cu può essere sviluppata l’iniziativa sindacale, a partire dal confronto sulla legislazione regionale in materia di sanità e prevenzione, di lavori pubblici, di edilizia abitativa, di legislazione urbanistica.

 

 Gli spunti possono essere diversi e si possono esemplificare alcuni possibili obiettivi:

 

destinazione all’attività di prevenzione di una quota adeguata di spesa sanitaria regionale, rendendo possibile determinare la spesa in ogni ASL, destinando adeguare risorse di personale ai dipartimenti di prevenzione, finalizzando attività e risorse specificatamente alla sicurezza nei luoghi di lavoro, richiedendo progetti specifici per settori ad alto rischio di infortuni, come l’edilizia;

 

realizzazione, ove non già costituiti, dei Comitati regionali di coordinamento di tutte le istituzioni che sul territorio hanno competenze in materia di sicurezza, come previsto dall’art.27 della 626, loro funzionamento sulla base di una programmazione dell’attività, previa consultazione delle parti sociali, con la definizione di una periodicità minima di intervento nei cantieri, sulla base dell’utilizzo delle notizie contenute nelle notifiche preliminari;

 

programmazione integrata dell’attività ispettiva e collegamento con le Commissioni regionali e provinciali per il controllo del lavoro sommerso;

 

inserimento nelle leggi regionali su lavori pubblici, sull’urbanistica, sull’edilizia, di clausole concernenti la sicurezza o la regolarità; anche qui vi possono essere molti spunti, tratti da Leggi regionali già in vigore o da confronti in corso:

 

-   il ritiro di finanziamenti regionali in caso di inosservanza delle norme relative alla sicurezza (la legge della Regione Toscana vale anche per privati, se godono di contributi della regione)

 

-   trasmissione della notifica preliminare anche a Inps e Inail e Casse edili e loro riscontro; in caso di segnalazione di irregolarità, sospensione della consegna dei lavori all’impresa fino a avvenuta regolarizzazione;

 

-   verifica della regolarità contributiva anche in occasione della liquidazione degli stati di avanzamento lavori;

 

-   verifica della capacità tecnico professionale delle imprese, prevedendo requisiti inerenti la sicurezza e la regolarità contributiva e contrattuale (Lombardia, Toscana)

 

-   nelle disposizioni concernenti le concessioni edilizie, prevederne la sospensione di efficacia in caso di mancanza della notifica preliminare e della redazione del piano di sicurezza; prevedere analoghi obblighi per la DIA (Dichiarazione di inizio attività);

 

-   pubblicazione degli elenchi di tecnici e di imprese inadempienti agli obblighi assicurativi, previdenziali e di sicurezza e loro interdizione dall’assunzione di incarichi e appalti pubblici e privati (Umbria).

 

L’entrata in vigore del nuovo sistema tariffario Inail, basato sul sistema bonus-malus, prevede sconti tariffari per le imprese che rispettano la normativa sulla sicurezza e viceversa, aumento delle tariffe per le imprese che causano infortuni o per le quali sono accertate violazioni della normativa.

E’ previsto che l’Inail informi le Asl, gli ispettorati del lavoro, i vigili del fuoco sui nominativi delle aziende che godono delle riduzioni tariffarie.

Perché il sistema sia efficace è però indispensabile che sia altresì assicurato il flusso d’informazioni inverso, dagli organi di vigilanza - che costatano le violazioni e irrogano le sanzioni - verso l’Inail, la quale, di conseguenza, potrà applicare gli aumenti tariffari.

Ne deriva l’opportunità per il sindacato di intervenire a livello territoriale, perché sia realizzata un’efficace e tempestiva rete informativa fra i soggetti interessati e per monitorare il funzionamento del nuovo sistema.

 

A questo proposito va sottolineato che l’Ance, con un’iniziativa pubblica di poche settimane fa, ha richiesto che sia ripristinato lo sconto Inail in vigore fino alla fine del ’99.

Ci viene il sospetto che ritenga che il nuovo sistema sia economicamente troppo vincolato al rispetto delle norme sulla sicurezza. Se questa fosse la motivazione effettiva, anche su questo terreno potremmo registrare un sensibile scarto fra le affermazioni dell’Ance e gli interessi che concretamente persegue.

 

Le norme sulla sicurezza nei cantieri, frutto del recepimento della direttiva europea, sono essenzialmente di natura organizzativa e procedurale; la vera innovazione, inoltre, rispetto al precedente impianto, risiede nella responsabilizzazione dei committenti.

 La loro efficacia, allora, dipende non solo da una corretta applicazione della normativa, ma anche da due presupposti: il comportamento dei committenti, basato sulla qualità del progetto e sul controllo del ciclo, e la qualità delle imprese.

 

Da questa premessa deriva la necessità di impegnarci perché la recente normativa sugli appalti venga correttamente applicata e completata in tutti i suoi aspetti.

Particolare importanza riveste tutto il sistema di qualificazione, per le potenzialità che possiede nel favorire processi di qualificazione e di industrializzazione delle imprese.

 

Su questo terreno va sviluppata un’adeguata politica sindacale, in grado di interagire con i processi di trasformazione in atto nel mondo delle imprese, in direzione di una ricomposizione della frantumazione produttiva e d’innalzamento del profilo industriale delle imprese.

 

Queste sono le premesse necessarie per affrontare in modo adeguato i problemi dell’organizzazione del lavoro, del mercato del lavoro e dell’impiego della mano d’opera.

In quest’ambito l’iniziativa del sindacato deve continuare a contrastare con forza il lavoro nero e irregolare e sviluppare un approccio basato sull’uso della leva della formazione professionale, in particolare per i giovani e per quelle fasce di lavoratori più esposti, anche perché più dequalificati, al rischio d’infortuni, come i lavoratori extracomunitari.

 

 Per questi ultimi, che rappresentano ormai più del 5% degli iscritti alle Casse edili (e una quota rilevante dell’occupazione sommersa nel nostro settore), è necessario una politica attenta all’insieme delle problematiche d’accoglienza, in grado di fornire innanzitutto un adeguato sostegno formativo d’ingresso, che compensi la probabile povertà formativa vissuta nelle esperienze di lavoro precario, e una formazione alla sicurezza certa ed erogata tenendo conto del problema linguistico.

 

 

Siamo alle soglie della stagione della contrattazione di secondo livello in edilizia; riteniamo che in quest’occasione deve emergere con forza che la nostra priorità è la realizzazione degli RLS territoriali.

 

Ribadiamo che queste figure rivestono un carattere strategico per la sicurezza in edilizia, sono le più adeguate per contrastare l’oggettiva debolezza che, al di là dei migliori intenti, può caratterizzare l’RLS aziendale, in una realtà contraddistinta da una estrema frammentazione produttiva e in una condizione di mobilità delle sedi produttive, quali, appunto, i cantieri.

 

L’iniziativa di oggi ha al centro questa scelta strategica, riconfermando quanto avevamo già proposto nella piattaforma per il rinnovo del CCNL.

 

Vorremmo anche raccogliere tutti gli accordi istitutivi degli RLST, e preghiamo le strutture di inviarceli, per avere un quadro completo che ci consenta una riflessione relativa allo sviluppo del processo di diffusione di questa figura.

 

 

Vogliamo lanciare anche un altro segnale significativo per questa stagione di contrattazione, in direzione di un rafforzamento di diritti, tutele e agibilità degli RLS e RLST.

 

A partire dalla vigilanza sulla attuazione di recenti disposizioni ministeriali che chiariscono che i piani di sicurezza, sui quali gli RLS debbono essere consultati, vanno loro materialmente consegnati; inoltre la consultazione non deve essere una tantum, ma va assicurato il coinvolgimento degli RLS nelle fasi di adeguamento dei piani;

 

altrettanto deve avvenire quando si verificano dei sopraluoghi dei servizi pubblici di vigilanza, in occasione dei quali gli RLS debbono essere coinvolti e ai quali vanno consegnati i verbali di ispezione.

 

Nel nostro settore per la formazione del RLS sono destinate 20 ore, a fronte delle 32 ore che vigono nel restante mondo del lavoro; occorre porci l’obiettivo di incrementare, anche gradualmente, la formazione, come investimento aggiuntivo per la sicurezza, attraverso una tastiera di strumenti e d’iniziative:

 

una fase straordinaria di progetti di formazione che si prefigga l’uso dei finanziamenti Inail, dei quali una quota consistente è riservata appunto alla formazione e all’informazione degli RLS e dei lavoratori e che vede il settore edile favorito dal criterio di preferenza basato sull’indice infortunistico e dalla valutazione più alta attribuita ai progetti proposti da enti bilaterali;

 

a fronte del rinnovo, dopo tre anni dalla loro elezione, degli RLS, che contemplerebbe un nuovo ciclo di formazione, prevedere una integrazione della formazione già svolta, motivata anche dai rilevanti cambiamenti intervenuti nella normativa sulla sicurezza nei cantieri;

 

verificare la possibilità di usare anche in favore della formazione alla sicurezza uno strumento come le 150 ore.

 

Un ulteriore aspetto a cui porre attenzione è il rapporto fra gli RLST/RLS, che hanno una rappresentanza, relativamente a salute e sicurezza, prevista dalla legge, e le sedi nelle quali si operano le scelte relative alla contrattazione, per creare una relazione positiva con la loro conoscenza delle problematiche in materia di sicurezza e di organizzazione del lavoro, contrastando quel fenomeno che va sotto la denominazione di “solitudine degli RLS”.

 

Un altro aspetto a cui avere attenzione è il rapporto fra gli RLS territoriali, che, a differenza di quelli aziendali, sono esterni ai luoghi di lavoro, e i lavoratori rappresentati, verificando la possibilità, in accordo con la rappresentanza sindacale, di utilizzare assemblee nei luoghi di lavoro per consultare i lavoratori in occasione di scadenze rilevanti, quali, per esempio, la consultazione sui piani di sicurezza;

 

è necessario inoltre contrastare l’elezione dei cosiddetti RLS di comodo: va previsto che le imprese che intendano procedere alla elezione degli RLS al loro interno ne diano preventivamente e tempestivamente comunicazione alle organizzazioni sindacali;

 

è opportuno verificare la necessità di una armonizzazione di alcune norme contrattuali contenute nel CCNL con gli accordi di istituzione degli RLS territoriali.

Si può, infatti, verificare che la norma contrattuale, che attribuisce al RLS dell’impresa principale il compito di svolgere il proprio ruolo anche nei confronti delle altre imprese presenti in cantiere e prive di RLS, diventi elemento che viene opposto all’intervento del RLS territoriale. Senza peraltro risolvere la mancanza di RLS nelle imprese subappaltatrici.

Se non interverranno le opportune armonizzazioni, il fenomeno è destinato ad ampliarsi, perché, in particolare negli appalti pubblici, le imprese si dotano della figura del RLS per risultare in regola con gli adempimenti di legge. O più semplicemente, per evitare il rapporto con gli RLS territoriali.

 

La valorizzazione del ruolo degli RLS e degli RLST va perseguita in ogni occasione. A questo fine ci proponiamo di verificare il funzionamento del nuovo sistema tariffario Inail, che per una prima fase ha carattere sperimentale e, quindi, può essere oggetto di proposte migliorative.

 

Abbiamo rilevato che manca del tutto un nesso con le figure dei rappresentanti alla sicurezza. Non sono previsti fra gli adempimenti minimi che le imprese debbono attuare per avere diritto alla riduzione tariffaria del 15%, mentre fra le misure incrementali che danno la possibilità di ulteriori sconti del 5 o del 10%, non figurano quote aggiuntive di formazione degli RLS. Ci sembra una omissione da colmare.

 

 

Negli accordi territoriali va posta attenzione anche al rafforzamento del ruolo dei CPT; ormai sono presenti in tutte le realtà, ma troppo spesso restano costituiti solo sulla carta.

 

La scelta fatta dal sindacato italiano, nel condividere l’impostazione del Dlgs.626, è di considerare la salute e la sicurezza dei lavoratori dentro un modello partecipativo, finalizzato a perseguire l’obiettivo di salvaguardare un bene dei lavoratori, la salute, come diritto primario e assoluto degli individui, costituzionalmente riconosciuto, il cui rango non consente affievolimenti a fronte delle esigenze dell’impresa o delle logiche di mercato.

Gli organismi paritetici in questo modello esplicano funzioni rilevanti in materia di formazione e informazione alla sicurezza e per la soluzione delle controversie.

Riteniamo, pertanto, centrale un processo di rafforzamento e qualificazione dei CPT.

A questo fine la commissione paritetica nazionale sulla sicurezza, di cui siamo parte, si è data un programma che pone al primo posto questo obiettivo. Sta per prendere il via  una serie di riunioni interregionali con i CPT presenti nelle diverse aree del paese, per conoscere più a fondo i problemi da risolvere, le potenzialità presenti, le interrelazioni da sviluppare.

 

 

Il coordinamento

 

Obiettivo di questa riunione, oltre ad un richiamo alla centralità della figura del RLS territoriale, è quello di portare alla discussione la proposta di costituire un coordinamento nazionale unitario sulla sicurezza in edilizia.

 

 La proposta, completa di tutti gli aspetti di carattere organizzativo, sarà definita dopo questa prima discussione. Quello che vogliamo verificare è se corrisponde non solo alla convinzione di chi la avanza, ma anche all’interesse di coloro che potrebbero far parte di questo coordinamento.

 

Pensiamo, infatti, ad un coordinamento che coinvolga innanzitutto gli RLS territoriali già eletti o designati; vedremo come coinvolgere gli RLS aziendali, in particolare per quanto riguarda le realtà che ancora non hanno istituito quelli territoriali.

 

La funzione di raccordo del coordinamento avrà ancor più valore alla luce delle implicazioni, ancora tutte da approfondire, della recentissima approvazione della riforma federalista, alle quali accennavo in precedenza.

 

Ci auguriamo, inoltre, che la costituzione di un coordinamento nazionale rappresenti uno stimolo perché anche a livello territoriale o regionale si realizzino forme di coordinamento e di messa in rete in modo stabile degli RLS e RLST.

 

Abbiamo bisogno di un impegno straordinario e di rendere più incisiva l’iniziativa politica del sindacato tesa a fronteggiare il fenomeno infortunistico nel nostro settore; il coordinamento sarà lo strumento per avanzare lungo questa strada, procedendo tutti insieme.