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Lettera alla Fillea  

 

Morti sul lavoro: prima pagina di Liberazione.

“Una scelta editoriale coraggiosa, un pugno nello stomaco”

Cara Fillea,
la scelta editoriale di Liberazione di pubblicare l'elenco dei 246 morti nel settore edile fornito dal tuo sito è una scelta coraggiosa, la sua 1° pagina è "un pugno nello stomaco" all'ipocrisia ed al perbenismo che pervade molti media, televisivi e non solo; è un contributo importante e coraggioso perchè si rompa finalmente il muro di omertà, di paure, di diffidenze presenti dentro ed intorno i temi del lavoro, è una presa di posizione che aiuta a superare l'imbarazzo incomprensibile ( quasi fosse una vergogna occuparsene) con cui i temi del lavoro sono stati affrontati in questi anni.
Nel suo editoriale Sansonetti che questi numeri sono "la prova che è in corso una guerra civile tra profitto e diritti ( e diritto alla vita)", che per questo "sia necessario reagire" e che compito dell'informazione sia che "metta sul banco degli imputati la politica".
Da iscritto Fillea e da operatore del settore dissento però da questo ultimo passaggio perché sarebbe sbagliato concentrare solo sulla politica l'attenzione e le accuse di responsabilità; la chiamata in correo coinvolge una platea più vasta, che va dai politici è vero, ai vari organi ispettivi che hanno competenza in materia di formazione e prevenzione ma anche e soprattutto agli imprenditori ; c'è bisogno di unità di intenti da parte di tutti e in questo senso compito della politica è dare segnali chiari ed univoci nella giusta direzione perché gli imprenditori con pochi scrupoli sanno che questo è l'anello debole della filiera e si fanno forti di questo "scarso rischio di controlli e improbabili conseguenti sanzioni" per continuare ad operare nella irregolarità danneggiando gli imprenditori onesti con forme di concorrenza sleale.
Quando si avanzano critiche come fa Sansonetti è bene pensare anche da dove veniamo, ovvero dal lustro Berlusconi dove la discrezionalità e la libertà data ai datori di lavoro in materia di sicurezza è stata assoluta; alla luce di questo allora anche le parole, le intenzioni espresse dai politici e dai ministri di questa maggioranza negli ultimi mesi con i primi provvedimenti presi sono importanti e determinanti perché segnano un deciso cambiamento di rotta, la volontà di indirizzo verso una nuova cultura del lavoro, di quello che ci sta dentro ed intorno.
Le norme del "pacchetto sicurezza" contenute nel decreto Bersani in vigore da ottobre con cui si è iniziato positivamente (come i primi dati dimostrano) a contrastare e combattere il lavoro irregolare, la Commissione Parlamentare voluta da Bertinotti, le parole del ministro del lavoro Damiano che all'appello dell'Associazione Articolo21 per rilanciare il lavoro in tv ha risposto con un perentorio "Rompiamo il silenzio mediatico sui temi del lavoro", l'assunzione di 795 nuovi ispettori prevista in finanziaria, infine un disegno di legge approvato dal consiglio dei ministri che se convertito in legge introdurrà strumenti operativi che saranno di aiuto ai lavoratori per trovare il coraggio di alzare la testa e di ribellarsi alle condizioni di schiavitù in cui molti di essi si trovano da un lato, mentre dall'altro doterà gli organi ispettivi di strumenti coercitivi per "costringere" i datori di lavoro ad applicare correttamente le norme, pena l'esclusione temporanea dal mercato e il rischio concreto della galera.
Tutti questi sono strumenti operativi e segnali di indirizzo e volontà politica importanti che segnano nettamente la discontinuità di questo governo rispetto al precedente che di fatto aveva dato mano libera ai datori di lavoro lasciando tutto alla discrezione della loro buona volontà.
E' giusto che il mondo del lavoro e dell'informazione continuino a incalzare e sollecitare il mondo politico perché predisponga ed attui le adeguate misure per contrastare il vergognoso fenomeno delle "morti bianche" ma è altrettanto giusto ed onesto riconoscere che i primi atti presi vanno nella giusta direzione.
Nell'operazione di critica costruttiva è importante non sbagliare l'obiettivo altrimenti corriamo il rischio di fare l'interesse di chi rema contro, in fondo basterebbe che da domani "ciascuno di noi si impegnasse per ridare dignità al lavoro nel nostro paese"; il mondo del lavoro ed il sindacato lo stanno facendo da tempo, nel mondo dell'informazione qualcuno ora ha iniziato a farlo (Liberazione è tra questi assieme all'Unità e all'Associazione Articolo21), ora spetterebbe - prima ancora che ai politici - anche e soprattutto agli imprenditori per ora rimasti abbastanza ai margini della disputa e forse - anche per convenienza - volutamente "indifferenti".
E giusto e utile, come dice Sansonetti nel suo editoriale, che la "stampa dia battaglia" ma "sul banco degli imputati" non deve esserci solo la politica.
 
Claudio Gandolfi, iscritto Fillea-Cgil Bologna

clgand@libero.it

    

      Bologna 11 dicembre 2006

 


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