Amianto
Corte costituzionale:
sentenza n. 5 e ordinanza n. 7 del 12 gennaio 2000
Care compagne, cari compagni,
con le
decisioni in oggetto la Corte costituzionale si è pronunciata sulla legittimità
delle norme che hanno assegnato un premio previdenziale ai lavoratori
dipendenti delle imprese private esposti ad amianto per oltre dieci anni,
rivalutando il loro intero periodo lavorativo (art.13 comma 8 della legge n.
257/1992 - Norme relative alla
cessazione dell'impiego dell'amianto -, come modificato dal decreto-legge n,
169/1993 - Disposizioni urgenti per i lavoratori del settore dell'amianto -).
La
questione di costituzionalità era stata sollevata da tre ordinanze (una dal
tribunale di Ravenna e due dal pretore di Vicenza) in relazione agli articoli 3
(che impone pari dignità sociale e uguaglianza dei cittadini davanti alla
legge) e 81, comma 4 (che impone la copertura finanziaria degli oneri delle
nuove leggi) della Costituzione.
Un primo contrasto con l’art.3
della Costituzione era stato rilevato sul presupposto che il beneficio
previdenziale concesso dalle norme in oggetto, incentrandosi sull’unico dato
della esposizione ultradecennale, fosse di per sé insufficiente per una congrua
selezione degli aventi diritto. La indeterminabilità di tutti i potenziali
destinatari della norma avrebbe quindi causato anche la violazione dell’art. 81
Cost., determinando la impossibilità di indicare la copertura finanziaria della
legge (tribunale di Ravenna e pretore di Vicenza, ord.n. 873).
Un secondo contrasto con l’art.
3 della Costituzione era stato sollevato per un verso sul presupposto che
l’applicazione del beneficio previdenziale, essendo limitata a dipendenti ed ex
dipendenti dalle imprese private, comporterebbe una irragionevole disparità di
trattamento con quelli non privati e, per altro verso, ritenendo che la
applicazione delle agevolazioni anche ai lavoratori non privati avrebbe
comportato ugualmente un ingiustificato beneficio ad una serie indeterminata di
destinatari (pretore di Vicenza n. 848).
Con la sentenza n. 5/2000 la
Corte ha deciso le questioni sollevate dal tribunale di Ravenna e dal pretore
di Vicenza con ord. n. 873, ritenutole infondate.
Ad avviso della Consulta la
disposizione denunciata non va ritenuta portatrice di una ingiustificata
omologazione di situazioni fra loro diverse, perché il criterio della
esposizione ultradecennale costituisce un dato di riferimento adeguatamente
determinato. La possibilità di determinare i destinatari dei benefici
previdenziali ha quindi fatto cadere anche la pretesa violazione dell’art. 81,
sollevata proprio sul presupposto della impossibilità di calcolare i possibili
oneri finanziari.
Con la ordinanza n. 7/2000 la
Corte ha deciso le eccezione sollevate dal pretore di Vicenza con la ord. n.
848, ritenendole manifestamente inammissibili.
In questo caso la Consulta non
è entrata nel merito della questione della disparità di trattamento tra
lavoratori privati e non privati, ma ha respinto la ordinanza considerando in
palese contraddizione fra di loro le argomentazioni del giudice remittente.
La legge rimane quindi in
vigore nella sua unica interpretazione tecnicamente e logicamente corretta, in
base alla quale, per beneficiare del premio previdenziale, è sufficiente che
sia avvenuta la esposizione all’amianto per un periodo superiore a dieci anni,
indipendentemente dai livelli di esposizione (nel senso che non è necessario il
superamento di alcun limite).
Ai fini di un primo
approfondimento della problematica sottesa alla questione, alleghiamo un
commento redatto da Stefano Oriano del nostro ufficio legislativo.
Fraterni
saluti.
p.la
Segreteria CGIL
Betty Leone
Le disposizioni oggetto del giudizio
della Corte costituzionale (art. 13 comma 8 della legge n. 257/1992, come modificato
dal decreto legge n, 169/1993, convertito dalla legge n. 271/1993)
La nocività dell'amianto è nota fin dall'inizio del
secolo per quanto concerne i rischi di abstestosi. In Italia l'assicurazione
contro questa malattia è divenuta obbligatoria solo nel 1943.
A partire dal 1935 la comunità
scientifica internazionale ha ipotizzato un collegamento fra amianto e
carcinoma polmonare e, nel 1965, ha confermato definitivamente la es888istenza
di effetti cancerogeni del materiale, avvalendosi di inconfutabili studi,
resoconti statistici e indagini epidemiologiche. Nel 1964 l’Unione intenzionale
contro il cancro ha diramato una serie di raccomandazioni volte ad evitare
l'uso dell'amianto a causa del suo elevato rischio cancerogeno.
E' opinione consolidata in campo
medico e scientifico, accolta dalla giurisprudenza, che i mesoteliomi e gli
altri tumori da amianto siano forme di tumore dose-indipendente, per la cui
insorgenza non è considerata necessaria una esposizione ad alte dosi di
absesto. Si ritiene comunque che il periodo di latenza di tutte le patologie
tumorali conseguenti alla esposizione di fibre di absesto sia direttamente
collegato alla quantità di fibre di amianto ingerite e quindi che, in soggetti
esposti, il perdurare dell'esposizione aumenti il rischio, causando una maggiore
incidenza della malattia, una riduzione del periodo di latenza e, in termini
generali, un aumento degli anni di vita perduti. Anche recenti studi (si veda,
in particolare quelli svolti in Germania dal
(Hauptverband Der Berufgenossenshaften, pubblicati in Italia da Riv.
infortuni e malattie professionali, n. 4/5 del 1996 Riverso, 4 dicembre 1994)
confermano che l'etiologia del mesotelioma pleurico prescinde da ogni soglia di
esposizione e sottolineano che, in base agli studi di settore, l'impiego diffuso
dell'amianto nelle costruzioni di fabbricati, nella coibentazione di impianti
(elettrici, idraulici, ecc.), nell'uso di tessuti d'amianto ed in altri settori
produttivi comporta il rischio per chiunque di contrarre malattie da
esposizione a fibre d'amianto
Dal 1991 la comunità europea ha
vietato l'impiego di cinque tipi di amianto, consentendo qualche anno di deroga
per l’uso dell’asbesto bianco (crisolito), che è stato finalmente messo al
bando con la direttiva 1999/77 del 26 luglio 1999 (che ha modificato l’allegato
I della Direttiva 76/769, includendovi il divieto di impiego di crisotilo nei
prodotti ancora permessi). Il divieto entrerà in vigore nei paesi dell’Unione
solamente dopo il 1° gennaio 2005 ma le leggi nazionali di alcuni Stati membri
(fra cui il nostro), anticipando giustamente i tempi, hanno da tempo messo al
bando anche questo pericoloso materiale.
Il decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 2771 (Attuazione dellle direttive n. 80/107/CEE,
82/605/CEE, 83/477/CEE, 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione
dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti
chimici, fisici e
biologici durante il lavoro, a norma della legge 30 luglio 1990, n. 212)
ha provveduto a fissare valori limite per ognuno degli agenti
chimici, fisici o biologici presenti durante il lavoro e potenzialmente
dannosi per la salute; per
valore limite si deve intendere
(art. 3) il limite di
esposizione nell'ambiente di lavoro interessato o il limite di un
indicatore biologico relativo ai lavoratori esposti, a seconda dell'agente.
Alla protezione specifica nei
confronti dell'amianto è dedicato tutto il capo III della legge (artt. 22/37).
L'art. 23 definisce il termine
amianto, includendo anche il crisotilo. non compreso nell'ambito di applicazione
delle direttive europee di cui sio dà attuazione.
Il valore limite per l'amianto è fissato dall'art. 31
(come modificato dalle leggi 257/1992 e n. 128/1998); se si verifica un suo superamento, il datore di
lavoro deve identificare e rimuovere la causa dell'evento adottando quanto
prima misure appropriate, in assenza delle quali la attività lavorativa non può
proseguire. In ogni caso, se l'esposizione dei lavoratori interessati non può
essere ridotta con altri mezzi e si rende necessario l'uso
di dispositivi individuali di protezione, essi devono essere limitati al minimo
strettamente necessario. L'organo di vigilanza deve essere informato
tempestivamente, e comunque non oltre
cinque giorni, sulle
rilevazioni effettuate e sulle misure adottate o
che si intendono adottare. Trascorsi
novanta giorni dall'accertamento del
superamento dei valori limite,
il lavoro può
proseguire nella zona
interessata soltanto tali valori risulano rientrati nella norma.
La legge 27
marzo 1992, n. 2572
(Norme
relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto) ha
disposto che, a decorrere da trecentosessantacinque giorni dalla sua entrata in vigore, siano vietate
l'estrazione, l'importazione, la lavorazione,
l'utilizzazione, la commercializzazione, il trattamento e lo
smaltimento, nel territorio nazionale, nonché l'esportazione
dell'amianto e dei prodotti che lo
contengono (salvo alcuni tassativi rinvii). Ha quindi dettato norme per la
dismissione dalla produzione e dal commercio, per la realizzazione di misure di decontaminazione
e di bonifica delle aree
interessate dall'inquinamento
da amianto, per la ricerca finalizzata
alla individuazione di
materiali sostitutivi e alla
riconversione produttiva e per il controllo sull'inquinamento da amianto.
Nei capi IV e V della legge sono previste misure di
sostegno dei lavoratori (art. 13) e delle imprese (art. 14).
L'art. 13 prevede diverse
agevolazioni per i lavoratori, tra le quali si evidenziano:
a)
la concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale
(comma1);
b)
la possibilità (in presenza di almeno trenta anni di contribuzione) di
pensionamento anticipato per i lavoratori occupati in imprese che utilizzano
ovvero estraggono amianto (comma 2 );
c)
la rivalutazione del numero di settimane coperto da contribuzione obbligatoria
per i lavoratori delle miniere e cave di amianto (comma 6);
d)
la rivalutazione contributiva per i lavoratori che abbiano contratto - a causa
della esposizione ad amianto - malattie professionali documentate dall'INAIL
(comma 7);
e)
un premio contributivo consistente nella rivalutazione dei periodi di lavoro
soggetti all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali
derivanti dall'esposizione all'amianto gestita dall'INAIL che, quando superano
i 10 anni sono moltiplicati per il coefficiente di 1,5 (comma 8); la disposizione mirava
specificamente ad agevolare il pensionamento dei soggetti esclusi dal beneficio
del prepensionamento, per la mancanza del requisito dei 30 anni contributivi;
La legge (art. 13, comma 12)
quantifica gli oneri finanziari derivanti dalla sua applicazione per il
triennio 1992, 1993 e 1994 e provvede alla relativa copertura.
Il decreto-legge n.
169 del 19933 (Disposizioni
urgenti per lavoratori del settore dell'amianto) ha introdotto una rilevante
modifica al comma 8 dell’art. 13 della legge n. 257/1992, disponendo che, ai
lavoratori esposti all'amianto per
un periodo superiore a dieci
anni, venga rivalutato
l'intero periodo lavorativo (e non più il solo periodo di esposizione soggetto
all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto (sempre moltiplicandolo, ai fini delle
prestazioni pensionistiche, per
il coefficiente di 1,5). La legge di conversione (n. 271/934) ha
eliminato la frase "dipendenti dalle imprese che estraggono o utilizzano
l'amianto o utilizzano l'amianto come materia prima, anche se in corso di
dismissione o sottoposte a procedure fallimentari o fallite o dismesse,
escludendo ogni selezione che potesse derivare dal riferimento alla tipologia
dell'attività produttiva del datore di lavoro.
La legge individua il maggiore onere
finanziario rispetto alla n. 257/1992 e provvede alla relativa copertura.
E’ opinione diffusa – ma non condivisa, come si vedrà
dalla Corte costituzionale – che la modifica così introdotta abbia mutato la
finalità della disposizione, creata per sostenere il reddito e l'economia nei
settori interessati e divenuta anche una forma di risarcimento in previsione di
una possibile futura malattia.
La modifica ha sollevato fin
dall'inizio critiche e perplessità, riguardanti in particolare:
1)
Le modalità di applicazione del beneficio previdenziale, collegate alla
anzianità di servizio e non alla durata della esposizione.
2)
La ingiusta equiparazione di trattamento fra lavoratori esposti a rischi
diversi, sia in relazione alla quantità di fibre di amianto, sia in relazione
alla durata della esposizione:
a)
in relazione alla quantità, in quanto in entrambi le leggi non assume alcun
rilevo il livello di esposizione a cui
è stato sottoposto il lavoratore (le disposizioni in materia di valori limite
di esposizione contenute nell'art. 31 del decreto legislativo n.277 del 1991 e
modificate dalle leggi n. 257 del 1992
e n.128 del 1998, infatti si limitano a fissare i valori limite di esposizione
oltre i quali non è più possibile - nelle attività ancora in essere -
proseguire i lavori).
b) in relazione alla durata
dell’esposizione, che diviene indifferente una volta superati i 10 anni.
3)
La ingiusta disparità di trattamento fra lavoratori esposti al medesimo rischio,
a causa della limitazione dei benefici ai settori produttivi privati in cui i
lavoratori sono assicurati Inail
e iscritti al fondo Inps, che
lascia scoperti i lavoratori iscritti ad altri fondi.
4)
I costi del provvedimento - sicuramente rilevantissimi e nettamente superiori
alle previsioni, anche se probabilmente inferiori a certe disinvolte proiezioni
-, che non risultano sorretti da adeguate motivazioni, assegnando un beneficio
previdenziale in funzione risarcitoria per la esposizione a rischi per la
salute (riproponendo la vecchia e inaccettabile logica della
"monetizzazione del rischio"), e sottraendo risorse alla prevenzione.
Si ritiene comunque – è questa è
stata la posizione della CGIL in questi anni - che le critiche, anche forti,
alla legge non devono assolutamente giustificare tentativi surrettizi di
disapplicarla, ad esempio dandone una interpretazione illogica e completamente
destituita di fondamento al fine (di per sé condivisibile) di ridurre le spese
previdenziali..
Le ordinanze di rinvio alla Corte
costituzionale dell’art. 13 comma 8 della legge n. 257/1992, come modificato
dal decreto legge n. 169/1993, convertito dalla legge n. 271/1993
La ordinanza del tribunale di Ravenna n. 501, del 30
aprile 1998 (V. nostra circolare del
21 giugno 1998) ha sollevato la questione di legittimità costituzionale delle
norme in titolo, per contrasto con gli artt. 35 e 81, comma 46 della Costituzione.
Il tribunale, che si pronunciava in appello (proposto da
ENICHEM, INPS e INAIL, soccombenti, contro un gruppo di lavoratori), ha
considerato corretta la interpretazione della norma data dal pretore appellato,
il quale aveva accolto il ricorso dei lavoratori, ritenendo che il premio
previdenziale debba essere subordinato unicamente alla esistenza di un
requisito: la esposizione ambientale all'amianto per un peiodo superiore a 10
anni, senza bisogno di alcun livello minimo di esposizione. Su queste premesse
il tribunale ha ritenuto che la legge così interpretata sia in contrasto:
a) Con l'art. 3 della
Costituzione, perché viola il principio di equità, mettendo sullo stesso piano
e assegnando le medesime facilitazioni previdenziali, a lavoratori esposti a
livelli di concentrazione di fibre di amianto differenti (e quindi a rischi
presumibilmente diversi per la salute). Per questi motivi la legge sarebbe
"svincolata, nei suoi presupposti applicativi, da qualunque parametro
predeterminato", potendo essere applicata o disapplicata sulla base di un
solo dato (l'esposizione ultradecennale) e quindi affidata, in sede
amministrativa, alla mera discrezionalità della P.A., con potenziale lesione
del principio di imparzialità.
b) Con l'art. 81, comma 4
della Costituzione perché, a causa della indeterminabilità di tutti i possibili
destinatari, verrebbe meno la possibilità stessa di indicare la copertura
finanziaria degli oneri non quantificabili ma sicuramente superiori a quelli
inizialmente previsti.
Intervenendo nel giudizio l’Enichem ha sostenuto che la
legge possa essere considerata costituzionalmente legittima solo se
interpretata nel senso di limitare il beneficio contributivo ai lavoratori per
i quali la azienda abbia versato all’INAIL il premio supplementare per
asbestosi. La società ha poi sostenuto che la legge violerebbe anche l’art. 41
primo comma della Costituzione (che sancisce la libertà, con alcune
limitazioni, della iniziativa economica privata) in virtù della “grave
incidenza sullo svolgimento della vita privata economica” in quanto i
prepensionamenti priverebbero le aziende dei lavoratori più esperti e provati
(si tratta degli stessi cinquantenni che le aziende tentano in tutti i modi di
eliminare dal processo produttivo, sostituendoli con personale più giovane e
inesperto ma precario).
Anche l’INAIL si è costituito in giudizio, eccependo in
via preliminare il difetto di rilevanza della questione, con la motivazione che tutti i lavoratori
in causa, essendo ancora in forza nella azienda, non potrebbero far valere
diritti pensionistici.
La ordinanza del pretore di Vicenza n. 873, del 24
settembre 1998 ha sollevato la
questione di legittimità costituzionale delle norme in titolo, per contrasto
con l'art. 3 della Costituzione.
Il pretore si pronunciava in una
causa promossa da alcuni dipendenti della F.E.R.V.E.T. S.p.A. addetti a
lavorazioni su carcasse ferroviarie coibentate con amianto che chiedevano il riconoscimento del
beneficio previdenziale di cui all'art. 13, comma 8, legge n. 257/1992, per
periodi compresi dal 1969 ad oggi ("stante la attualità della esposizione
all'amianto") sostenendo che il diritto al premio previdenziale non vada
subordinato ad alcun livello minimo di esposizione. La società sosteneva
l'assenza di rischio nei periodi oggetto della causa, non risultando superati i
parametri di cui al decreto legislativo n. 277/1991, ed eccepiva che
l'interpretazione del comma 8 proposta dai ricorrenti violerebbe l'art. 3 della
Costituzione, contrastando con il principio di eguaglianza (costituendo una
ingiustificata disparità di trattamento fra esposti, tale da rendere la norma
stessa costituzionalmente incompatibile sotto il profilo della
irragionevolezza, corollario del
principio di uguaglianza).
Anche l'Inps si costituiva, associandosi alle conclusioni della
società.
Il pretore ha convenuto con tali motivazioni, rilevando
che:
a)
l'etiologia del mesotelioma pleurico sembra prescindere da ogni soglia di
esposizione, e l'impiego diffuso dell'amianto nelle costruzioni di fabbricati,
nella coibentazione di impianti (elettrici, idraulici, ecc.), nell'uso di
tessuti d'amianto ed in altri settori produttivi, comportando rischio per
chiunque di contrarre malattie da esposizione a fibre d'amianto, sembra
assegnare il diritto a beneficiare della norma in questione a qualsiasi
cittadino in quanto dipendente da datore di lavoro privato;
b)
la interpretazione di cui al punto precedente in sostanza equipara, sotto il
profilo del godimento dei benefici previdenziali, situazioni di fatto
assolutamente non omogenee, consentendo il godimento del pensionamento
anticipato in presenza tanto di situazioni di rischio possibile, quanto di
situazione di rischio probabile o sicuro.
Il pretore ha quindi ritenuto che la
legge così interpretata sia in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, in forza del quale, se da un lato non
possono essere trattate diversamente situazioni identiche, non possono nemmeno
essere trattate ugualmente situazioni obiettivamente diverse.
La ordinanza del pretore di Vicenza n. 848 del 24
settembre 1998 ha sollevato, (sotto
un diverso profilo e con altre motivazioni), la questione di legittimità
costituzionale delle norme in titolo, per contrasto con l'art. 3 della
Costituzione.
Il pretore si pronunciava in una
causa promossa da alcuni dipendenti ed ex dipendenti delle F.S. S.p.A. presso
l'Officina grandi riparazioni di Vicenza (O.G.R.) che avevano lavorato e/o continuavano a lavorare da oltre un decennio
in ambienti di lavoro nei quali si subiva esposizione alle fibre di amianto. I
lavoratori sostenevano che le FF.SS., anche se soggette all'assicurazione
obbligatoria di cui al D.P.R. n. 1124/1965, non erano obbligate al pagamento
dei contributi supplementari all'Inail
(anche per esposizione all'amianto) sino al 31 dicembre 1995 (quando, con legge
n. 515/1995 la gestione della relativa assicurazione è stata attribuita all'Inail) e riferivano di aver richiesto
alle FF.SS. il riconoscimento dei benefici pensionistici previsti dalle norme
in titolo, ricevendo una risposta negativa, motivata dalla loro pretesa
inapplicabilità ai dipendenti FF.SS.. I lavoratori chiedevano l'accertamento
dell'esposizione all'amianto per tutto il periodo lavorativo presso le FF.SS.,
comunque ultradecennale e il riconoscimento dei relativi benefici
previdenziali. La azienda convenuta eccepiva l'inapplicabilità della legge
257/1992 ai propri dipendenti, in base a quanto affermato dal Ministero del
tesoro che riteneva limitato il godimento dei benefici in esame ai lavoratori
impiegati nel settore privatistico ed iscritti all'A.G.O. gestita dall'Inps.
Il pretore ha rilevato che:
a)
L'interpretazione letterale delle norme in titolo porta a concludere per
l'applicazione del predetto beneficio previdenziale esclusivamente ai
lavoratori (dipendenti ed ex dipendenti) di imprese private. Infatti il
riferimento all'assicurazione obbligatoria Inail
cui sono soggette le sole imprese private e non anche quelle pubbliche,
e comunque non certo le FF.SS. (sino al 1° gennaio 1996), porta ad escludere
che i dipendenti di tali datori di lavoro possano godere di tali benefici.
Anche dalla lettura del comma 10 si evince che il legislatore ha avuto
presente, nell'elaborare l'art. 13, unicamente il settore privato imponendo ai
datori di lavoro (privati) di versare al Fondo pensioni lavoratori dipendenti
(tipico del settore privato), il contributo (parziale) al finanziamento della
spesa relativa al singolo pensionamento anticipato.
b)
Ne consegue che, a fronte di una medesima situazione di esposizione
ultradecennale all'amianto sussiste una disparità di trattamento tra dipendenti
privati e non privati (quali quelli delle FF.SS.), disparità che non trova
alcuna giustificazione ragionevole.
c)
Così interpretate le norme in titolo, devono quindi ritenersi
costituzionalmente illegittime sotto il profilo della irragionevolezza e
violano l'art. 3 Cost..
d)
Una diversa interpretazione delle leggi in questione (quella che egli stesso
sembra auspicare), che veda applicabile i benefici previdenziali anche ai
ferrovieri, solleverebbe un ulteriore elemento di incostituzionalità sotto il
profilo della violazione dell'art. 3 della Costituzione che, oltre ad imporre
di non trattare diversamente situazioni identiche, non consente di trattare ugualmente situazioni
obiettivamente diverse.
Le decisioni della Corte costituzionale
La Corte, che aveva trattato la
causa in una unica udienza tenutasi il 12 ottobre 1999 (V. nostra circolare del
18 ottobre 1999), ha emesso due diversi provvedimenti: una sentenza di
infondatezza (in relazione alle ordinanze di rinvio n. 501 e 873) ed una
ordinanza di manifesta inammissibilità (in relazione alla ordinanza di rinvio
n. 848).
La
sentenza n. 5 del 12 gennaio 2000
Nel motivare la infondatezza della questione di
costituzionalità sollevata, la Corte ha in primo luogo ribadito il consolidato
concetto che la bontà o la congruità della legge non formano oggetto dei suoi
giudizi e, pertanto, che non le è consentito un apprezzamento del merito delle
scelte che il legislatore può compiere nell’ambito della sua discrezionalità.
Agli effetti di un ipotetico contrasto con il canone
dell'eguaglianza dettato dall’art. 3, la Corte non potrà quindi prendere in
considerazione ogni “incoerenza, disarmonia o contradditorieta” della norma
oggetto del giudizio.
Nel caso specifico la Corte ha quindi verificato se la
disposizione oggetto del giudizio di costituzionalità sia tale da determinare
la irragionevole equiparazione di situazioni non tutte meritevoli di eguale
tutela e, a tal fine, ha esaminato le motivazioni di quella specifica
equiparazione, per trarne le debite conclusioni in punto di corretto uso del
potere normativo, sul presupposto che, solo nel caso in cui la verifica avesse
evidenziato una carenza di causa o ragione, si sarebbe realizzato un vizio di
legittimità costituzionale
Partendo da tali premesse la Corte ha ritenuto
inesistente la violazione dell’art. 3 della Costituzione, escludendo che la
disposizione denunciata, non consentendo una ragionevole interpretazione ed
applicazione, sia portatrice di una ingiustificata omologazione di
situazioni fra loro diverse e ritenendo, al contrario, che essa possa
trovare, alla luce dei normali criteri interpretativi, una piena e puntuale
applicazione.
Il criterio della esposizione
ultradecennale è stato quindi ritenuto un dato di riferimento adeguatamente
determinato, soprattutto se si considera il suo collegamento con la attività
lavorativa soggetta al sistema sistema generale di assicurazione obbligatoria
contro le malattie professionali derivanti dall’amianto, gestita dall’INAIL
(contemplato dallo stesso art. 13 comma 8).
Una volta accertata la infondatezza della prima censura,
la Corte ha ritenuto automaticamente infondata anche la pretesa violazione
dell’art. 81, quarto comma Cost., lamentata proprio per la impossibilità di
determinare l’entità degli oneri finanziari a causa della indeterminabilità dei
destinatari. In questo caso la Corte ha anche rilevato che:
a)
i dati di bilancio richiamati dai giudici remittenti (le proiezioni possibili
di spesa totale ottenuti con una moltiplicazione del numero presunto degli interessati
per un loro presunto costo medio) devono essere considerati privi di riscontro,
in quanto desunti dalla relazione ad un disegno di legge di gran lunga
successivo alla emanazione della “disposizione censurata” (il n 2553/1997) il
quale “a sua volta attinge a ulteriori fonti di attendibilità (le proiezioni di
costo dell’INAIL).
b)
la disposizione di copertura è comunque stata a suo tempo emanata e
ritenuta adeguata anche dalla Corte dei
conti.
La Corte, nel corso
dell’esame delle norme oggetto del giudizio ha opportunamente chiarito alcuni
dubbi relativi al suo ambito di applicazione, ricordando che la legge n.
271/1993, nel convertire il decreto-legge n. 169/1993 ha soppresso la locuzione
"dipendenti dalle imprese che estraggono o utilizzano l'amianto o
utilizzano l'amianto come materia prima, anche se in corso di dismissione o
sottoposte a procedure fallimentari o fallite o dismesse", intendendo in
tal modo soddisfare (come si ricava dai lavori preparatori) “all'esigenza di
attribuire centralità all'assoggettamento dei lavoratori all'assicurazione
obbligatoria contro le malattie professionali derivanti da amianto ed
escludendo ogni selezione che potesse derivare dal riferimento alla tipologia
dell'attività produttiva del datore di lavoro”.
Non risulta invece
convincente, ad avviso dello scrivente, la interpretazione della Corte
sulla portata delle modifiche
introdotte nel 1993, quando essa ritiene che il decreto-legge n. 169/1993 - anziché innovare la disciplina,
modificandone addirittura la finalità (come risulta evidente dalla analisi dei
testi) - si sia praticamente limitata a risolvere le incertezze interpretative
in ordine alla entità delle agevolazioni accordate dal legislatore del
1992.
Nel corso del giudizio la Corte ha
dovuto risolvere alcune questioni preliminari fra cui la eccezione di
inamissibilità sollevata dall'INAIL sopra ricordata con cui l’ente aveva
sostenuto che, essendo tutti gli interessati ancora lavoratori dipendenti e
quindi in posizione tale da non poter far valere diritti pensionistici, fosse
configurabile un difetto di rilevanza dinnanzi al giudice remittente (da qui la
inammissibilità della questione di costituzionalità). La Corte ha respinto la
eccezione ritenendo che il giudizio di fronte al tribunale di Ravenna abbia
avuto per oggetto una domanda di accertamento del diritto al beneficio
previdenziale contemplato nella legge oggetto dell’esame di costituzionalità,
il cui eventuale riconoscimento verrebbe ad incidere attualmente sulla
posizione pensionistica degli interessati, con un incremento della
contribuzione utile ai fini di un futuro trattamento pensionistico.
La
ordinanza del 7 del 12 gennaio 2000
La questione di costituzionalità
sull’art. 3 sollevata dal pretore di Vicenza con ord. n.848 è stata trattata separatamente
dalla precedenti, richiedendo un diverso provvedimento.
Si trattava, almeno teoricamente, di una questione più
fondata delle altre, non risultando chiare le possibili motivazioni che portano
a concedere un determinato beneficio previdenziale ad alcune categorie di
lavoratori e non ad altre per il solo fatto che siano iscritti ad un differente
ente previdenziale (lavoratori privati e non privati).
La questione di costituzionalità è stata
ritenuta manifestamente inamissibile per la contradditorietà delle motivazioni
addotte dal giudice remittente. In questo caso, infatti, il pretore aveva
considerato illegittima la esclusione dal beneficio previdenziale dei
lavoratori non privati ma, nel contempo, ritenuto che una eventuale estensione
di tale beneficio (che egli stesso sembrava auspicare) avrebbe comportato una
ulteriore violazione del, principio di uguaglianza, consentendone il godimento
ad “una serie indeterminata di destinatari” . Proprio la richiesta di un
“duplice esito correttivo”, l’uno in evidente contraddizione con l’altro, ha
imposto la dichiarazione di inammisibilità di una questione che, nel merito
resta pertanto aperta.
Con le decisioni esaminate la Corte ha risolto alcuni
problemi ma ne ha lasciati aperti altri, che non poteva e/o non doveva
risolvere.
E’ stato chiarito che la unica intepretazione
tecnicamente e logicamente corretta della legge è quella in base a cui è
sufficiente, per beneficiare del premio previdenziale, la esposizione
ultradecennale all’amianto nel corso della attività lavorativa (dipendenti
privati), indipendentemente dai livelli di esposizione e che tale
interpretazione non comporta alcun suo contrasto con la Costituzione, il che
non è poco.
E’ stato altresì chiarito
(nel respingere la eccezione di inamissibilità sollevata dall'INAIL) che anche
i lavoratori ancora dipendenti possono fare domanda di accertamento del diritto
al beneficio previdenziale e che i limiti di applicazione relativi alla tipologia dell'attività produttiva del
datore di lavoro sono venuti meno per effetto della legge n. 271/1993.
Rimangono valide le interpretazioni della Corte di
cassazione (che svolge istituzionalmente proprio la funzione di interpretazione
della legge) le quali escludono dai benefici previdenziali i soggetti che, al
momento della entrata in vigore della legge n. 257/1992 erano titolari di
pensione di vecchiaia e anzianità, non solo per il tenore letterale della
disposizione (che parla di lavoratori) ma soprattutto per la sua finalità
originaria, volta a favorire la dismissione della produzione dell’amianto e ad
assistere i lavoratori coinvolti in tale processo che, per mancanza del
requisito dei trenta anni di contribuzione o della attualità del rapporto di
lavoro, non potevano usufruire del pensionamento anticipato (sentt. nn. 202,
203, 212 del 1998).
Permangono invece i dubbi e le riserve sulla equità e
congruità della legge e sul corretto utilizzo di ingenti risorse economiche,
accompagnati dalla possibilità di nuovi esami di costituzionalità, sia in
riferimento alla esclusione dai benefici contributivi dei lavoratori non
privati (oggetto della dichiarazione di manifesta inammissibilità), sia (seppur
con meno probabilità) in relazione alle questioni ritenute infondate. Le
decisioni di rigetto della Corte costituzionale, infatti, a differenza di
quelle di accoglimento, non hanno una portata generale e, non comportando un
accertamento positivo della legittimità della legge, si limitano a dichiarare
non fondata la questione di costituzionalità della norma esaminata in
riferimento ai parametri invocati, lasciando aperta la possibilità che la stessa norma possa in seguito essere
riconosciuta illegittima sotto profili o per motivi diversi – o diversamente
prospettati – da quelli precedentemente dedotti.
Rimane infine aperta la discussione su eventuali
interventi di riforma, imposta anche dalla presenza di un disegno di legge, il
n. 3100/1998, presentato da Pelella,
Gruosso e altri (si veda, al proposito la nostra lettera del 8 maggio 1998) che
sostituisce il n. 2553/1997 (si veda, al proposito, la nostra lettera del 25
giugno 1997).
NOTE
1
Decreto legislativo n.277 del 1991 (Attuazione
dellle direttive n. 80/107/CEE, 82/605/CEE, 83/477/CEE, 86/188/CEE e n.
88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti
da esposizione ad agenti chimici,
fisici e biologici durante il lavoro, a norma della
legge 30 luglio 1990, n. 212 )
Il testo è
aggiornato con le modifiche introdotte dalla legge n. 257 del 1992 (nota 2) e
dalla legge n. 128 del 1998 (legge
comunitaria 1995/1997 )
Capo III
PROTEZIONE DEI LAVORATORI
CONTRO I RISCHI CONNESSI ALL'ESPOSIZIONE AD AMIANTO DURANTE IL LAVORO
Art. 31
Superamento dei valori limite di esposizione.
1.I valori limite di esposizione alla polvere di
amianto nell'aria, espressi come
media ponderata in funzione del tempo su un periodo di riferimento di otto ore,
sono:
a) 0,6 fibre per centimetro cubo per il crisotilo
(Lettera così sostituita dall'art. 3, l. 27 marzo 1992, n. 257, nel testo
sostituito dall'art. 16, l. 24 aprile 1998, n. 128)
b) 0,2 fibre
per centimetro cubo per tutte le altre varietà di amianto, sia
isolate sia in
miscela, ivi comprese
le miscele contenenti crisotilo.
2. (Comma abrogato dall'art. 3, l. 27 marzo 1992, n.
257, nel testo sostituito dall'art. 16, l. 24 aprile 1998, n. 128).
3. Nel caso
di lavorazioni che
possono comportare sensibili variazioni della
concentrazione della polvere di amianto nell'aria, tale concentrazione non deve in ogni caso superare il quintuplo dei valori di cui ai
commi precedenti per misure effettuate su un periodo di 15 minuti.
4.Se si
verifica un superamento dei valori limite di esposizione di cui ai commi precedenti, il datore di lavoro
identifica e rimuove la causa dell'evento adottando quanto prima misure
appropriate.
5. Il lavoro
può proseguire nella zona
interessata solo se sono state
prese le misure
adeguate per la protezione dei lavoratori interessati e
dell'ambiente. Se le
misure di cui al comma 4 non
possono essere adottate immediatamente
per motivi tecnici, il lavoro può proseguire nella zona interessata soltanto se
sono state adottate tutte le misure
per la protezione dei lavoratori
addetti e dell'ambiente, tenuto
conto del parere del medico competente.
6. Per verificare
l'efficacia delle misure di cui al comma 4, il datore di
lavoro procede ad
una nuova misurazione
della concentrazione delle fibre
di amianto nell'aria
non appena sia ragionevole
ritenere ultimata la deposizione dei quantitativi anomali di fibre preesistenti
agli interventi medesimi.
7. In ogni
caso, se l'esposizione dei lavoratori interessati non può venire
ridotta con altri mezzi e si
rende necessario l'uso dei mezzi individuali di protezione, tale uso non può
essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, è limitata al minimo
strettamente necessario.
8. L'organo di vigilanza è
informato tempestivamente e comunque non oltre
cinque giorni delle
rilevazioni effettuate e delle misure adottate o
che si intendono adottare. Trascorsi
novanta giorni dall'accertamento
del superamento dei valori di
cui ai commi 1, 2 e 3, il lavoro
può proseguire nella
zona interessata soltanto se l'esposizione
dei lavoratori risulta nuovamente inferiore ai suddetti valori limite.
9. Il datore
di lavoro informa
al più presto i lavoratori interessati ed i loro rappresentanti dell'evento e delle
cause dello stesso e li
consulta sulle misure che intende adottare, anche ai
sensi del comma 5; in casi di particolare urgenza, che richiedono
interventi immediati, li
informa al più
presto delle misure già adottate.
Omissis
2
Legge 27
marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla
cessazione dell'impiego dell'amianto).
Omissis
Capo IV
MISURE DI SOSTEGNO PER I LAVORATORI
Art 13 (testo originario)
(Trattamento straordinario di integrazione
salariale e pensionamento anticipato).1.Ai
lavoratori occupati in
imprese che utilizzano
ovvero estraggono amianto, impegnate
in processi di
ristrutturazione e riconversione
produttiva, è concesso il trattamento straordinario di integrazione
salariale secondo la normativa vigente.
2 Con effetto fino a settecentotrenta giorni
dalla data di entrata in vigore della presente legge i lavoratori occupati
nelle imprese di cui al comma
1, anche se
in corso di dismissione o sottoposte a procedure fallimentari, e che possano far valere nell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia
ed i superstiti almeno trenta anni
di anzianità assicurativa e contributiva agli
effetti delle disposizioni
previste dall'art. 22,
primo comma, lettere a) e b),
della legge 30 aprile 1969, n.
153 e successive modificazioni, hanno facoltà
di richiedere la
concessione di un trattamento di pensione secondo la disciplina di cui
al medesimo art. 22 della legge 30 aprile 1969, n. 153 e successive
modificazioni, con una maggiorazione
dell'anzianità assicurativa e contributiva pari al periodo necessario per la maturazione del requisito
dei trentacinque anni prescritto dalle
disposizioni soprarichiamate, in ogni caso non superiore al periodo compreso tra
la data di risoluzione del rapporto e
quella del compimento di sessanta anni,
se uomini, o cinquantacinque anni se donne.
3.
Il Comitato interministeriale per la programmazione
economica (CIPE), su proposta
del Ministro del
lavoro e della previdenza
sociale, sentito il
Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, individua i criteri per la selezione delle
imprese di cui al comma 1 e determina,
entro il limite di seicento unità, il numero massimo di pensionamenti
anticipati.
4.
Le imprese, singolarmente o per gruppo
di appartenenza, rientranti nei
criteri di cui al comma 3, che intendano avvalersi
delle disposizioni del
presente articolo, presentano
programmi di ristrutturazione e riorganizzazione e dichiarano l'esistenza
e l'entità delle eccedenze
strutturali di manodopera,
richiedendone l'accertamento da parte
del CIPE unitamente alla sussistenza dei requisiti di
cui al comma 2.
5. La
facoltà di pensionamento anticipato può essere esercitata da un numero
di lavoratori non
superiore a quello delle eccedenze accertate dal CIPE. I
lavoratori interessati sono tenuti a presentare all'impresa di
appartenenza domanda irrevocabile per l'esercizio della
facoltà di cui al comma 2 del
presente articolo, entro trenta giorni
dalla comunicazione all'impresa stessa o al gruppo di imprese degli accertamenti del CIPE, ovvero
entro trenta giorni
dalla maturazione dei trenta
anni di anzianità di cui al medesimo comma 2, se posteriore.
L'impresa entro dieci
giorni dalla scadenza del
termine
trasmette all'Istituto nazionale
della previdenza sociale (INPS) le domande dei lavoratori, in deroga
all'art. 22, primo comma, lettera
c), della legge
30 aprile 1969,
n. 153 e successive
modificazioni. Nel caso
in cui il numero dei lavoratori che
esercitano la facoltà di pensionamento anticipato sia superiore a
quello delle eccedenze accertate,
l'impresa opera una selezione in base
alle esigenze di
ristrutturazione e riorganizzazione. Il rapporto di lavoro
dei dipendenti le
cui domande sono trasmesse all'INPS
si estingue nell'ultimo
giorno del mese in cui l'impresa effettua la trasmissione.
6. Per i lavoratori delle miniere o delle cave
di amianto il numero di settimane coperto
da contribuzione obbligatoria relativa ai periodi di
prestazione lavorativa ai fini del conseguimento delle prestazioni
pensionistiche è moltiplicato per il coefficiente di 1,5.
7. Ai fini del conseguimento delle prestazioni
pensionistiche per i dipendenti
delle imprese di
cui al comma 1, anche se in
corso di dismissione o sottoposte
a procedure fallimentari o fallite, che abbiano contratto
malattie professionali a causa dell'esposizione all'amianto documentate
dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro
(INAIL), il numero di settimane
coperto da contribuzione
obbligatoria relativa a
periodi di prestazione lavorativa per il periodo
di provata esposizione all'amianto è moltiplicato per
il coefficiente di 1,5.
8.
Ai fini del
conseguimento delle prestazioni pensionistiche i periodi di
lavoro soggetti all'assicurazione obbligatoria contro le malattie
professionali derivanti dall'esposizione all'amianto gestita dall'INAIL quando
superano i 10
anni sono moltiplicati per il coefficiente di 1,5.
9.
Ai dipendenti delle
miniere o delle cave di amianto
o delle imprese di cui
al comma 1,
anche se in corso di dismissione o sottoposte a
procedure fallimentari o fallite, che possano far valere i medesimi
requisiti di età e anzianità contributiva previsti dal
comma 2 presso l'Istituto nazionale di
previdenza per i dirigenti di aziende
industriali (INPDAI), è
dovuto, dall'Istituto medesimo, a domanda e a decorrere dal primo
giorno del mese successivo a quello della
risoluzione del rapporto di
lavoro, l'assegno di cui all'art. 7
della legge 23 aprile 1981, n.
155. L'anzianità contributiva dei dirigenti
ai quali è corrisposto il
predetto assegno è aumentata di un
periodo pari a quello compreso tra la data di risoluzione del
rapporto di lavoro e quella
del compimento di sessanta anni,
se uomini, e cinquantacinque anni se donne.
10. La
gestione di cui all'art. 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, corrisponde al Fondo pensioni lavoratori dipendenti per
ciascun mese di anticipazione della pensione una somma pari all'importo
risultante dall'applicazione
dell'aliquota contributiva in
vigore per il Fondo medesimo
sull'ultima retribuzione annua
percepita da ciascun lavoratore interessato,
ragguagliata a mese, nonchè una
somma pari all'importo mensile della
pensione anticipata, ivi
compresa la tredicesima
mensilità. L'impresa, entro trenta giorni dalla richiesta da parte dell'INPS, è tenuta a corrispondere a
favore della gestione di cui all'art.
37 della legge
9 marzo 1989, n. 88, per ciascun dipendente che abbia usufruito
del pensionamento anticipato, un contributo pari
al 30 per cento degli oneri complessivi di cui al presente comma, con
facoltà di optare per il pagamento del contributo stesso, con
addebito di interessi nella
misura del 10 per cento in ragione
d'anno, in un numero di rate mensili, di pari importo,
non superiore a quello dei mesi di anticipazione della pensione.
11.
Nei territori di
cui all'art. 1 del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato
con decreto del Presidente della Repubblica 6
marzo 1978, n.
218 e successive
modificazioni, nonchè nelle zone
industriali in declino, individuate dalla decisione della Commissione delle
Comunità europee del 21 marzo 1989
(89/288/CEE), ai sensi
del regolamento CEE
n. 2052/88 del Consiglio, del 24 giugno 1988, il contributo di cui al
comma 10 del presente articolo è
ridotto al 20 per cento. La medesima percentuale ridotta si
applica altresì nei confronti delle imprese assoggettate alle procedure
concorsuali di cui alle disposizioni approvate con
regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e
successive modificazioni, e al decreto-legge
30 gennaio 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge
3 aprile 1979,
n. 95 e successive
modificazioni e integrazioni, e al
relativo pagamento si applica l'art. 111, primo comma, n.
1), delle disposizioni approvate con il citato regio decreto 16 marzo 1942, n.
267.
12. All'onere derivante dall'attuazione del
presente articolo, pari a lire 6 miliardi per il 1992, lire 60 miliardi per il
1993 e lire 44 miliardi per il 1994, si provvede mediante corrispondente
riduzione degli stanziamenti iscritti, ai fini del bilancio triennale 1992-1994
al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno
1992, all'uopo parzialmente utilizzando, per il 1992, l'accantonamento <<Finanziamento di
un piano di
pensionamenti anticipati>>
e, per il 1993 e il 1994, l'accantonamento <<Interventi in aree di
crisi occupazionale>>.
13. Il
Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare con propri decreti, le
conseguenti variazioni di bilancio.
Art. 13 (testo vigente).(Trattamento
straordinario di integrazione salariale e pensionamento anticipato).1. Ai
lavoratori occupati in
imprese che utilizzano
ovvero estraggono amianto, impegnate
in processi di
ristrutturazione e riconversione
produttiva, è concesso il trattamento straordinario di integrazione salariale
secondo la normativa
vigente anche se il
requisito occupazionale sia
pari a quindici unità per effetto di decremento di organico dovuto al
pensionamento anticipato ( Comma così
modificato dall'art. 4, d.l. 1 ottobre 1996, n. 510,conv. in l. 28 novembre
1996, n. 608).
omissis.
6. Per i lavoratori delle miniere o delle cave
di amianto il numerodi settimane coperto
da contribuzione obbligatoria relativa ai periodi di
prestazione lavorativa ai fini del conseguimento delle prestazioni
pensionistiche è moltiplicato per il coefficiente di 1,5. 7. Ai fini del conseguimento delle
prestazioni pensionistiche per ilavoratori
che abbiano contratto
malattie professionali a causa dell'esposizione all'amianto documentate dall'Istituto
nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), il
numero disettimane coperto da contribuzione obbligatoria relativa a periodi di
prestazione lavorativa per
il periodo di
provata esposizione all'amianto
è moltiplicato per il coefficiente di 1,5 (
Comma così modificato dall'art. 1-bis,
d.l. 5 giugno 1993, n.169, conv. in l. 4 agosto 1993, n. 271).
8.
Per i lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un
periodo superiore a dieci anni,
l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie
professionali derivanti
dall'esposizione
all'amianto, gestita dall'INAIL,
è moltiplicato, ai fini
delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di
1,5 (Comma così sostituito dall'art. 1,
comma 1, d.l. 5 giugno 1993, n. 169, conv. in l. 4 agosto 1993, n. 271)..
omissis
3
Decreto-legge
5 giugno 1993,
n. 169 (Disposizioni urgenti
per i lavoratori del settore dell'amianto).
Art. 1.
1. Il comma
8 dell'art. 13 della legge 27 marzo 1992, n.257, è sostituito dal seguente::
"8.
Per i lavoratori dipendenti
dalle imprese che estraggono amianto o utilizzano amianto come materia prima,
anche se in corso di dismissione o sottoposte
a procedure fallimentari o fallite o dismesse, che siano stati
esposti all'amianto per
un periodo superiore a
dieci anni, l'intero
periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti
dall'esposizione
all'amianto, gestita dall'INAIL,
è moltiplicato, ai fini
delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di
1,5.
2. Al maggiore
onere derivante dall'attuazione del comma 1, valutato
in lire 35 miliardi per l'anno 1994 e in lire 37
miliardi per l'anno 1995,
si provvede mediante
parziale utilizzo delle proiezioni, per gli anni medesimi, dell'accantonamento relativo
al Ministero del lavoro e della previdenza sociale iscritto, ai fini del
bilancio triennale 1993-1995,
al capitolo 6856
dello stato di previsione del Ministero del tesoro per
l'anno 1993.
3. Il Ministro
del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti
variazioni di bilancio.
4
Legge 4 agosto
1993, n. 271 (Conversione in
legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 giugno 1993, n.
169, recante disposizioni urgenti
per i lavoratori del settore dell'amianto).
Art. 1.
1. Il decreto-legge 5 giugno 1993,
n. 169, recante
disposizioni urgenti per
i lavoratori del settore
dell'amianto, è convertito in legge con le modificazioni riportate in
allegato alla presente legge.
2. Restano validi gli atti ed i
provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti
giuridici sorti sulla base del decreto-legge 5 aprile 1993, n. 95.
Allegato
Modificazioni apportate in sede di conversione al
decreto-legge 5 giugno 1993, n. 169
All'art. 1, al
comma 1, le parole: "dipendenti dalle imprese che estraggono amianto
o utilizzano amianto come materia prima, anche se in corso di dismissione o
sottoposte a procedure
fallimentari o fallite
o dismesse," sono soppresse;
dopo il comma 1, è inserito il seguente: "-bis.
All'art. 13, comma 7, della legge 27 marzo 1992, n. 257, le parole:
"per i dipendenti delle imprese di cui al comma 1, anche se in
corso di dismissione o
sottoposte a procedure fallimentari o fallite," sono sostituite dalle
seguenti: "per i lavoratori"";
il comma 2 è sostituto dal seguente:
"2.
Ai maggiori oneri
derivanti dall'attuazione del comma 1, valutati in
lire 35 miliardi per l'anno 1994
e in lire 37 miliardi per l'anno 1995,
si provvede entro
i limiti indicati, mediante
parziale utilizzo delle
proiezioni, per gli
anni medesimi,
dell'accantonamento relativo al
Ministero del lavoro
e della previdenza sociale
iscritto, ai fini
del bilancio triennale 1993-1995, al
capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per
l'anno 1993".
Art. 2. 1.
Il presente decreto entra in
vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in
legge.
5
Art. 3
Cost.
Tutti
i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza
distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche,
di condizioni personali e sociali.
Omissis
6
Art.
81 Cost.
Omissis
Ogni
altra legge che importi nuove e maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi
fronte.