Fillea-Cgil
Nazionale
Conferenza
Nazionale delle Costruzioni
Nel Mezzogiorno
Relazione
introduttiva di Franco Martini
Segretario
Generale della Fillea-Cgil
Bari, 7
Novembre 2002
Il terremoto tra fatalità
e ambiente violato…….
Gli eventi tragici che nei giorni
scorsi hanno segnato profondamente il Molise e le aree interessate dal sisma
rafforzano in noi le convinzioni che hanno portato la Fillea a decidere lo
svolgimento di questa Conferenza Nazionale.
Non vi era bisogno di questa
drammatica conferma per sapere che oltre l’imprevedibile forza della natura vi
è sempre una mano dell’uomo con la quale fare i conti, un suo operato che offre
alla natura stessa la possibilità di segnare più o meno profondamente la soglia
della difesa che l’uomo può opporre agli effetti devastanti delle sue leggi.
Ecco perché, nel partecipare con
l’inevitabile commozione al dolore per le vittime (ancor più innocenti in
questo caso) del Comune di S.Giuliano ed alla gara di solidarietà con le
popolazioni colpite dal sisma, non rinunciamo ad interrogarci sulle
responsabilità che dobbiamo assumere, noi, come sindacato di categoria, per
affermare con ancor più forza scelte e
comportamenti che possano nel futuro evitare o limitare i danni umani e
materiali che sono stati nuovamente vissuti nei giorni scorsi.
Non sono problemi nuovi quelli
che sono stati riproposti dal terremoto nel Molise e nella Puglia. Vi è in
questa vicenda il condensato di una parte consistente delle problematiche che
stanno alla base della nostra Conferenza.
Un terremoto non può certo essere
previsto nella sua forza effettiva, quella in grado di scatenarsi
nell’epicentro, ma sicuramente la scienza è in grado di fornire elementi utili
per monitorare il livello di rischio sismico della terra sulla quale camminiamo
e costruiamo e questo può essere utile per orientare comportamenti conseguenti.
Le case, le scuole, le
costruzioni è probabile che possano crollare quando un terremoto raggiunge la
forza che abbiamo conosciuto in questi giorni ed in passato. Ma ancora una
volta la scienza e la tecnica possono dirci come ridurre e contenere questo
fenomeno, soprattutto se agendo coerentemente con le informazioni precedenti.
Esiste cioè il governo del territorio, la scienza e la tecnica che si fanno
politica, un insieme di comportamenti, di azioni che possono anticipare certi
fenomeni, che possono attrezzare le comunità a difendersi da certi fenomeni.
Cosa abbiamo scoperto in questi
giorni? Che il 10% del patrimonio abitativo nel Sud è in gravi condizioni di
degrado; che una scuola su due non è in regola con le certificazioni e con gli
adempimenti richiesti dalla normativa sulla sicurezza; una buona metà degli
ospedali è stata costruita prima degli anni ’40; che una parte consistente, sicuramente
quella maggioritaria del nostro Paese è interessata da attività sismiche di
vario livello.
Forse è la scoperta dell’acqua
calda, perché non è certo una novità
che ad ogni evento sismico venga rifatta la lista dei problemi legati ai
terremoti. Valga per tutti i ritardi con i quali sono state effettuate le
verifiche di agibilità delle strutture scolastiche.
Ma neanche le prime risposte del
Governo rappresentano una grande novità rispetto al rigore ed alla serietà con
la quale occorrerebbe trarre le lezioni dalle vicende drammatiche come queste.
Non è nostra intenzione
naturalmente speculare su una tragedia come quella che ha investito il Molise
in questi giorni. Ma non possiamo neanche negare che la fiducia che in questi
casi è necessario riporre verso le istituzioni, da parte innanzitutto delle
popolazioni colpite, rischia di essere messa in discussione.
E questo non tanto dall’esiguità
delle risorse messe a disposizione per l’emergenza, che se non accompagnate
immediatamente da un ulteriore e più adeguato sostegno rischiano di apparire
una beffa, ma dalle promesse di una ricostruzione stile Milano 2 che dimostrano
di non sapere e di non volere fare i conti sia con la complessità tecnica di un
opera come quella, sia con quella direi di natura antropologica, come se lo
sradicamento delle popolazioni dalle tradizioni potesse essere argomento da
tranciare con battute propagandistiche finalizzate alla polemica puramente
ideologica, come nel caso di quanto affermato da Berlusconi sulla ricostruzione
in Umbria.
Quello che il Governo non dice, a
partire dal suo Presidente, è come stanno insieme l’obiettivo della
ricostruzione e quello della prevenzione, come possa stare insieme la pratica
della prevenzione ambientale e quella dei condoni edilizi, come possa stare
insieme la pratica del fai da te
nelle ristrutturazioni edilizie (ognuno è padrone a casa propria) e quella del
libretto sullo stato di sicurezza degli immobili.
Quello che il Governo non dice è
che una reale ed efficace politica di prevenzione ambientale presupporrebbe un
rovesciamento del modello al quale si sono ispirati i principali provvedimenti
in materia infrastrutturale, a partire dalla Legge Obiettivo, sia per quanto
riguarda l’entità e la destinazione delle risorse individuate, sia per il ruolo
da affidare alle comunità locali ed alle loro rappresentanze istituzionali nel
governo di tali processi.
La ricostruzione in Umbria,
positivamente passata dalla fase leggera a quella pesante non è certo il frutto
dell’intervento di una impresa esterna al contesto, sul modello di come si
vorrebbe realizzare la Milano 2 per S.Giuliano, quanto il risultato del
coinvolgimento di tutti i soggetti locali coinvolti nell’opera di
ricostruzione.
Ed affermazioni come quelle del
Ministro Lunardi, alle quali siamo purtroppo abituati, secondo le quali vi
sarebbero risorse tanto per la ricostruzione, quanto per il Ponte sullo
Stretto, sono gravi innanzitutto perché false e secondo poi perché confermano
la propensione di questo Governo a fuggire dalle responsabilità.
Dica il Governo quale cambiamento
di rotta nella politica finanziaria intende introdurre per finanziare una
grande opera di ricostruzione e di prevenzione ambientale che riguardi il
Molise ma a questo punto, altrimenti non sarebbe prevenzione, il resto del
Paese.
A partire dall’edilizia
scolastica, settore sul quale il Governo ha addirittura tagliato i fondi per la
messa in sicurezza. E poi il patrimonio abitativo, per il quale va previsto il
fascicolo del fabbricato per certificare lo stato di salute degli immobili, che
non può essere un atto burocratico ma deve diventare un nuovo strumento a
supporto di un massiccio piano di risanamento degli immobili. E ciò può
diventare credibile se si destinano a questo progetto nazionale maggiori
finanziamenti, che allo stato non esistono neanche nelle intenzioni
enunciate. Per avere una idea
dell’ordine di grandezza di tale intervento bisogna sapere che per la sola
messa in sicurezza delle scuole l’Anci ha stimato un intervento di 3 miliardi
di Euro!
Vi è poi tutto il tema delle
mappe di rischio da aggiornare, che non è solo problema legato ai terremoti, ma
che riguarda in molti casi la stessa organizzazione delle forniture urbane e
cittadine. Nessuno ha dimenticato l’esplosione dell’immobile a Roma seguito dal
crollo per effetto delle fughe di gas da una rete di cui non si hanno più
neanche le cartografie sotterranee, non esistendo una mappatura ufficiale.
E fin qui abbiamo parlato del
terremoto, mentre un vulcano continuava ad eruttare la sua lava creando danni enormi in una
provincia che rivendica giustamente interventi, forse ancora più consistenti da
parte dello Stato.
Si potrà dire che questo Governo
è particolarmente sfortunato, perché anche il terremoto ed i vulcani gli si
accaniscono contro.
Ma anche il Cancelliere tedesco ha dovuto fare i conti con
l’alluvione grave ed imprevista di questa estate: si è presentato al Paese e ha
detto che non avrebbe potuto rispettare tutte le promesse elettorali poiché una
emergenza imponeva scelte diverse, nell’interesse generale. Ma vi è qui un
senso dello Stato e della funzione delle istituzioni con i quali i Ministri di
questa Repubblica non sembrano avere molta dimestichezza.
Ed allora, anche per questo
vogliamo che questa nostra Conferenza, l’iniziativa che con essa svilupperemo
rappresenti un contributo al Paese, soprattutto quello più colpito da queste
calamità, per affermare i contenuti della nostra piattaforma che fanno perno
sulla battaglia per la tutela e la salvaguardia del patrimonio ambientale e
territoriale e questo rafforza le nostre convinzioni sulla scelta che abbiamo
fatto.
Perché la Conferenza Fillea sul Mezzogiorno…….
Come è noto il settore delle costruzioni
ha conosciuto un ciclo sostenuto di crescita a partire dalla seconda metà degli
anni ’90, un ciclo paragonabile solo a quelli ancora più sostenuti del
dopoguerra e del boom economico. Più di una ragione ha concorso a determinare
questo andamento, a partire da un insieme di misure fiscali di sostegno al
settore decise in questi anni, che hanno consentito di capitalizzare al meglio
una congiuntura favorevole.
Ma è altrettanto noto che della quota
principale di questa crescita non è stato il Mezzogiorno a beneficiare.
Anche al Sud naturalmente il ciclo
favorevole delle Costruzioni ha lasciato tracce evidenti, ha contribuito a
migliorare i dati sull’occupazione e sui fatturati. Ma quello che risulta ancor
più evidente è che il divario, la forbice tra queste aree e quelle molto più
sviluppate del Nord, del Nord-Ovest, del Nord.Est e del Centro non solo non è
diminuita ma si è ulteriormente allargata.
In definitiva, la crescita registrata nel
settore non ha agito quale fattore di riequilibrio dello sviluppo tra le
diverse aree del Paese ed in questa dinamica il Sud è risultato ancora una
volta penalizzato.
Al nostro Congresso abbiamo discusso
anche di questo e abbiamo concluso che nostro dovere era assumere l’obiettivo
dello sviluppo del Mezzogiorno quale uno degli obiettivi prioritari della
nostra iniziativa più immediata e se questa consapevolezza era già radicata in
piena fase di crescita, lo è ancor di più a fronte dei chiari e preoccupanti
segnali di inversione di tendenza che si affacciano sulle prospettive del
settore delle costruzioni nel Paese.
Forse non si può parlare di vera e
propria recessione alle porte ma di una cosa si può essere certi: se il
Mezzogiorno già risultava penalizzato in tempi di vacche grasse provate ad immaginarvi quali effetti potrà avere in
queste aree una inversione di tendenza che già per il Sud parla di una diminuzione
del 12% della spesa per lavori pubblici.
In questo scenario il settore nel Sud
rischierebbe di essere messo in ginocchio, facendo venire veno all’intera
economia meridionale un importante punto di riferimento, forse la più concreta
delle opportunità per introdurre nella crisi dello sviluppo di quelle aree
azioni significative di natura strutturale.
Qui stanno le ragioni per le quali la
Fillea ha assunto l’impegno di dotarsi di una propria elaborazione e di una
proposta di iniziativa sul Mezzogiorno. E sono ragioni che non si spiegano solo
come un atto di solidarietà verso una parte svantaggiata del Paese, anche se
per una organizzazione confederale come la nostra, che assume il carattere
generale della tutela degli interessi quale tratto distintivo della propria
identità, il valore della solidarietà spiegherebbe da solo l’assunzione di
responsabilità ed il coinvolgimento dell’intera organizzazione e dei suoi
gruppi dirigenti.
Ma c’è dell’altro che rende questa
iniziativa non una cosa solo delle
strutture meridionali e per le
strutture meridionali.
Innanzitutto la consapevolezza che la
sfida della competitività giocata sul terreno dell’innovazione, la prospettiva
di uno sviluppo di qualità in grado di far stare l’Italia dentro la sfida della
costruzione europea e quella ancor più impegnativa della globalizzazione non
può avere successo se il Mezzogiorno continua ad essere vissuto come una palla
al piede invece di rappresentare una fonte di ricchezza utile allo sviluppo
generale del Paese, come le risorse di cui dispone possono consentire che lo
sia.
E poi c’è una ragione speculare, tutta di
categoria. Il Cantiere Qualità che
abbiamo aperto è un cantiere nazionale e non può che essere tale, nel senso che
non potrà dare frutti positivi ed importanti se non viene vissuto come un
processo di qualificazione del lavoro e dell’impresa che investa l’intero
settore, dal Nord al Sud.
Innanzitutto perché il mercato delle
costruzioni è un mercato tradizionalmente mobile su scala territoriale e poi
perché l’ipotesi di un mercato fortemente radicalizzato nel suo carattere
dualista, fatto di un serbatoio enorme di precarietà, di illegalità, di
dequalificazione e destrutturazione come verrebbe a configurarsi ancor più il
settore nel Mezzogiorno, spingerebbe anche le altre aree, per ovvie ragioni
legate alla competitività, verso politiche di impresa e scelte organizzative
tutt’altro che virtuose.
Il nostro Cantiere Qualità farebbe poca strada ed è dunque interesse
dell’intera categoria battersi affinché tutto il settore, a partire dal
Mezzogiorno, stia dentro il processo di qualificazione delle costruzioni ed in
questo senso il Mezzogiorno che rappresenta indubbiamente l’area più a rischio,
più esposta alle dinamiche contrarie deve diventare terreno di iniziativa di tutta
la Fillea.
Ma proprio per queste ragioni abbiamo
voluto dare alla nostra Conferenza due caratteri molto precisi, dai quali
secondo noi dipende la prospettiva del lavoro che ci siamo proposti di portare
avanti.
Il primo riguarda la costruzione della piattaforma
di lavoro. Abbiamo chiarito fin dall’inizio che non era nostro interesse fare
una Conferenza che si aggiungesse alle tante altre fatte sul Mezzogiorno. Siamo
una categoria molto concreta, molto laboriosa e dunque vogliamo capire cosa
fare concretamente da domani.
La Conferenza di Bari non è il nostro
punto di arrivo ma è un tappa nella quale formuliamo proposte ed obiettivi per
un lavoro che dovrà avere soprattutto i suoi momenti di verifica.
Non è importante –quindi- ciò che la
Fillea dice sul Mezzogiorno ma soprattutto ciò che si propone di fare. Fra il dire ed il fare vogliamo mettere la nostra determinazione e la coerenza con le
parole che abbiamo speso lungo il percorso che ha preparato questo
appuntamento.
Ed è stato apprezzato il metodo scelto
per mettere a punto questa piattaforma di lavoro, un lavoro itinerante, fatto
di cinque tappe, di cinque iniziative tematiche che sono servite a scavare più
a fondo nell’analisi generale, proprio per mantenere saldo il riferimento al
nesso tra il dire ed il fare.
E qui c’è la seconda scelta che sta alla
base della nostra Conferenza, la consapevolezza che questo lavoro non può che
essere parte integrante del lavoro della Confederazione e dunque il contributo
della nostra categoria all’iniziativa della CGIL sul Mezzogiorno.
Ecco perché abbiamo voluto coinvolgere
fin dall’inizio sia la struttura nazionale della CGIL, attraverso i
dipartimenti Mezzogiorno e Infrastrutture, e soprattutto le strutture
confederali meridionali, che io vorrei nuovamente ringraziare per aver creduto
al nostro lavoro e per averlo considerato in maniera autentica un pezzo del
lavoro dell’intera organizzazione meridionale e nazionale, naturalmente un
contributo che noi riteniamo importante, per l’importanza che assume il settore
delle costruzioni nel tessuto economico meridionale.
Non è stato un coinvolgimento di facciata
poiché le nostre iniziative preparatorie, come quella di oggi, hanno visto e
vedono i massimi dirigenti delle strutture meridionali coinvolti come noi nel
confrontarsi e nel proporre le cose da fare. Senza questa condizione non
sarebbe possibile per la Fillea immaginare una prospettiva reale di sviluppo
dell’iniziativa sui temi che stiamo discutendo.
Del resto la Fillea torna oggi a Bari
dopo che la Confederazione era stata a Bari lo scorso anno e nella scelta
logistica abbiamo voluto segnare il legame e lo sviluppo coerente di un impegno
che vede la categoria in prima fila con convinzione.
C’è poi una ragione politica immediata
per la quale vogliamo che il nostro lavoro venga sviluppato assieme alla Cgil e
riguarda il fronte che sul Mezzogiorno si è aperto con il Governo e che ha
portato la Confederazione a decidere una prima iniziativa nazionale di
mobilitazione il 30 novembre a Napoli preceduta da una grande assemblea dei
nostri quadri sindacali il 29.
Ormai è chiaro il carattere
antimeridionalista della politica di questo Governo e le modifiche contenute
nel maxi-emendamento alla finanziaria, nonchè tardive ed insufficienti, tutto
rappresentano fuorché un cambiamento di rotta, che peraltro mai potrebbe
determinarsi data l’ipoteca leghista ed antimeridionalista che su gran parte
dell’operato dell’esecutivo esercitano tanto la Legha, quanto quei settori
della Confindustria che pure hanno scelto come loro Presidente un illustre
imprenditore meridionale.
“Cantiere Mezzogiorno”, cantiere dello
sviluppo sostenibile..
Durante il percorso della nostra
Conferenza, parlando del settore e dello sviluppo del Sud, il carattere
dirompente di questa politica è venuto fuori con ancor più evidenza.
Per questo faccio un passo indietro e
torno alla nostra piattaforma, seppur in modo estremamente schematico, poiché
ritengo che gli atti delle iniziative preparatorie, i documenti base che le
hanno preparate, lo stesso inserto di Rassegna Sindacale che ne offre una
sintesi significativa rappresentino nel loro insieme la sostanza della nostra
elaborazione e delle proposte.
Ma cosa abbiamo detto in estrema sintesi
in queste settimane, che cos’è per noi la questione
delle Costruzioni nel Mezzogiorno e più in generale la questione del Mezzogiorno dal punto di vista di un settore come
il nostro?
Abbiamo in primo luogo respinto
l’equazione Mezzogiorno=grande infrastrutturazione, nel senso
della identificazione nella grande opera strategica la leva fondamentale per lo
sviluppo del Sud.
E lo abbiamo fatto senza alcun imbarazzo,
poiché per noi il dibattito sulla importanza delle grandi infrastrutture nel
Sud lo abbiamo già superato: per noi il Mezzogiorno ha bisogno di queste
infrastrutture, a partire da quelle legate alla mobilità territoriale.
Abbiamo detto un’altra cosa e lo abbiamo
detto con un esempio visivo che forse rende meglio di ogni altro discorso
l’idea che vogliamo esprimere: su quel ponte, o su quella ferrovia, o su
quell’autostrada (e poi vedremo su che cosa…) cosa transita verso il Nord,
verso l’Europa e verso il mondo uno sviluppo che è anche ed in primo luogo del
Sud o che nel Sud non lascia alcuna traccia? E se questa traccia deve essere,
bella e profonda, allora la grande infrastruttura da sola non solo può non
bastare, ma addirittura può essere dannosa se vissuta come una scelta
conflittuale con i bisogni più generali dello sviluppo locale delle aree del
Mezzogiorno.
Abbiamo detto, in questa logica, che le
infrastrutture utili allo sviluppo del Sud sono anche altre, in alcuni casi
innanzitutto altre.
Sono –ad esempio- quelle legate all’uso
delle risorse idriche ed energetiche, perché se è vero che l’acqua ed il fuoco
hanno consentito all’uomo primitivo di arrivare a noi è vero anche che
rubinetti secchi e motori fermi non consentiranno all’uomo moderno di fare
molta altra strada. E se in tante aree del Sud l’acqua c’è (ed ancor di più là
dove ce n’è meno) ma viene male raccolta, peggio distribuita e molto dispersa
allora c’è un bisogno primario di questa parte del Paese che deve incrociare
quel ponte, quella ferrovia, quell’autostrada.
Ma sono anche le reti lungo le quali
corre l’innovazione tecnologica, la comunicazione, l’informatica, la ricerca
scientifica, cioè, tutto quel valore aggiunto, quella ricchezza moderna che può
togliere il Mezzogiorno dall’eterna rincorsa di uno sviluppo sempre qualche
metro (o chilometro) più avanti rispetto a quello ambito, mentre le risorse
umane, intellettuali e materiali di cui il Sud dispone potrebbero candidare
questa parte del Paese ad assumere come riferimento le soglie più avanzate
dello sviluppo economico e sociale, tecnologico e scientifico.
Ed una categoria che potrebbe
accontentarsi di costruire purchè si
costruisca, perché dove si costruisce si aprono cantieri, non intende
rinunciare ad una funzione che è quella di indicare cosa sia meglio costruire e come
farlo per un interesse generale e non solo categoriale.
E questo vale ancor di più per il
Mezzogiorno che più di ogni altra deve essere terra dello sviluppo sostenibile perché dentro quell’idea di sviluppo sono
contenute una parte importante delle risposte ai problemi delle risorse e della
qualità della vita delle popolazioni.
Purtroppo non occorreva un tragico evento
come il terremoto nel Molise per sottolineare uno dei cardini essenziali di
questo nostro ragionamento. Esiste un patrimonio naturale, il territorio,
l’ambiente, le città che al tempo stesso è storia, cultura, arte, turismo che
deve rappresentare una leva, uno dei motori essenziali dello sviluppo del
Mezzogiorno.
Da quelle attività può nascere molto
lavoro e qualificato, possono nascere nuove imprese qualificate –e parlo
naturalmente per noi, per il nostro settore- ma al tempo stesso, chiusi quei
cantieri può essere restituito un patrimonio per altre attività, per altri
servizi, per soddisfare vecchi e nuovi bisogni.
La schematizzazione è d’obbligo ma è
questo il senso che abbiamo voluto dare al superamento dell’equazione
Mezzogiorno=grandi infrastrutture. La grande infrastruttura è indubbiamente una
preziosa opportunità per dare lavoro ed è una condizione per lo sviluppo, ma lo
è soprattutto se al suo fianco si sviluppa un processo che ha radici più
profonde nello sviluppo locale e queste radici le trova dando risposte a
bisogni che si traducono in altre opportunità di lavoro e sono la realizzazione delle reti, il
recupero ambientale, la manutenzione, la ricostruzione, il restauro, il
recupero urbano.
Ed anche sul tema delle infrastrutture
per la mobilità abbiamo respinto l’idea che un ponte, una autostrada o una
ferrovia lungo la quale corre l’Alta Velocità siano la risposta esaustiva ai
problemi dello sviluppo locale del Sud. Esiste un problema di mobilità che non
riguarda solo il collegamento tra il Mezzogiorno ed il resto del mondo ma che
riguarda lo stesso Sud, che è parte integrante e condizione essenziale per lo
sviluppo locale. Il tema della programmazione e della realizzazione di una rete
di trasporto nel Sud è una delle scelte infrastrutturali dalle quali dipende la
capacità di sviluppo di queste aree.
In ognuno di questi ambiti può aprirsi un
cantiere e possono nascere lavoro e sviluppo. Ma in ognuno di questi ambiti noi
vogliamo aprire il nostro Cantiere
Qualità. Voglio dire che la linea dello sviluppo sostenibile è quella che
meglio ci consente di condurre in questa realtà la battaglia che abbiamo
intrapreso per la qualità del lavoro e dell’impresa.
Ecco perché abbiamo immaginato questa
iniziativa come un terreno avanzato per la contrattazione nel Sud. Non solo per
offrire all’iniziativa contrattuale di categoria un possibile scenario di
sviluppo che la rendesse più agibile, ma per incardinarla ad un progetto di
qualità, in una realtà del Paese dove precarietà e destrutturazione raggiungono
livelli incomparabili nel resto d’Italia.
Ed anche in questo caso il rapporto con
la Confederazione risulta per noi strategico. La contrattazione di qualità è
innanzitutto contrattazione d’anticipo,
poiché le condizioni di vita e di lavoro nei cantieri vanno definite prima che
questi si aprano. Ed allora è per noi importante che lo sviluppo locale nel Sud
sia sempre più il terreno della programmazione negoziata, della concertazione
locale, delle sedi nelle quali l’uso delle risorse pubbliche soprattutto verso
il mercato pubblico degli appalti venga condizionato e vincolato al rispetto
dei contratti, delle norme sulla sicurezza, delle leggi sulla trasparenza.
La prima conclusione operativa di questa
nostra iniziativa –dunque- non può che essere la messa in campo di un progetto
per la contrattazione territoriale che veda impegnata la categoria con la
Confederazione, sia là dove la grande opera impone la definizione delle regole,
come stiamo consolidando nell’esperienza dell’Alta Velocità con gli accordi
sindacali che hanno interessato le tratte FI-BO e TO-MI; ma più in generale
cercando di far entrare nella programmazione locale di sviluppo, in ogni
regione del Mezzogiorno, le opportunità offerte dalla nostra visione dello
sviluppo settoriale, per destinarvi le iniziative istituzionali e le risorse
necessarie a renderle concretamente attuabili.
La seconda conclusione operativa riguarda
le battaglie della categoria, che nel Mezzogiorno individuano nella
valorizzazione del capitale umano la trincea più esposta, ma sicuramente quella
sulla quale destinare la parte preponderante del nostro presidio di forze.
Da tutto ciò che abbiamo fin qui detto
risulta chiaro perché la priorità del Mezzogiorno rappresenta per la nostra
categoria un impegno di tutto il suo gruppo dirigente e delle sue strutture.
Ma risulta chiaro perché essa dovrebbe
rappresentare una priorità anche di tutti gli altri attori politici, economici
ed istituzionali e soprattutto del Governo.
Il Governo contro il Mezzogiorno…..
Mentre invece il nostro progetto di iniziativa
trova il suo primo ostacolo proprio nelle scelte del Governo, chiaramente
antimeridionaliste. Già in campagna elettorale e poi successivamente la
coalizione prima ed il Governo poi avevano dichiarato di assumere solennemente
tale priorità come un punto centrale del contratto con gli italiani, da attuare
attraverso quel piano faraonico di grande opere passate alla storia attraverso
la famosa lavagna televisiva.
Doveva essere aperto un grande cantiere,
il Cantiere Italia e gran parte di
questo cantiere doveva essere aperto proprio nel Mezzogiorno.
Inutile dire che di tutto ciò nulla è
accaduto e non è un problema del tempo necessario per mettere in pratica quanto
promesso, attenuante prevista per ogni uomo di buona volontà.
Il problema è che quanto deciso dal
Governo, soprattutto nella Finanziaria è per convinzione una scelta politica
che va contro il Meridione.
In queste ore stiamo valutando e
commentando le modifiche alla Finanziaria che in parte recuperano i danni della
prima stesura. Ma essendo risultati parziali e difficilmente compatibili con
gli equilibri di bilancio è bene non perdere di vista i motivi ispiratori delle
scelte iniziali, poiché –possiamo esserne certi- sono quelli che ritroveremo
nel corso dell’azione futura del Governo.
Sia le modifiche agli incentivi alle
imprese (488), quanto quelle al bonus occupazione e investimenti tradiscono
l’idea che Mezzogiorno e resto del Paese debbono essere trattati allo stesso
modo, il che apparentemente può sembrare coerente con le regole del mercato,
salvo dimenticare che il Mezzogiorno in questa competizione non parte con lo
stesso allineamento delle altre aree del Paese.
L’intenzione è quella di annullare una
peculiarità che chiede alle istituzioni centrali ed in primo luogo al Governo
non di mantenere in campo vecchie politiche assistenziali ma di mettere in
campo nuove e consolidate politiche di orientamento e di incentivazione allo
sviluppo, come è –tra l’altro- nella funzione e nell’attuazione delle politiche
comunitarie di sostegno.
Che questa funzione possa produrre
risultati efficaci lo dimostrano gli stessi dati a consuntivo degli strumenti
che si è voluto mettere in discussione: il bonus
occupazione –ad esempio- ha prodotto lo scorso anno 80 mila posti di lavoro
al Sud e nei soli primi cinque mesi di quest’anno 124 mila. Aver pensato anche
solo per un istante che questo
strumento potesse essere cancellato, senza l’indicazione di una valida
alternativa, rimuovendo il fatto che tale scelta avrebbe potuto provocare la
perdita di circa 150 mila posti di lavoro non può che essere il frutto di una
visione politica che nega la specificità di un problema.
Del resto, anche la questione risorse è molto eloquente. Dopo aver
affermato la volontà di aprire un cantiere
Italia nel Mezzogiorno si arriva ad una Finanziaria che non solo riduce la
spesa per investimenti in opere infrastrutturali, smentendo clamorosamente le
promesse, ma si inventano strumenti di gestione dei fondi sulla base dei vecchi principi della
discrezionalità e cioè della mediazione politica tra imprese e Governo,
colpendo gravemente la funzione di programmazione e di governo delle
istituzioni locali e delle Regioni.
Per questo abbiamo affermato in questo
nostro percorso che il Mezzogiorno è stato tradito due volte, una prima volta
dal Patto per l’Italia e dalle sue promesse non mantenute, una seconda volta
dalla Finanziaria per quello che la Finanziaria aveva tolto alle aree del Sud,
quando avrebbe dovuto addirittura aggiungere.
La gravità di queste scelte emerge con
ancor più evidenza anche se guardiamo a quello che doveva essere il cavallo di
battaglia del Governo.
La Legge
Obiettivo fa un elenco di opere senza che emerga un disegno coerente di
programmazione dello sviluppo. Le opere indicate per il Mezzogiorno sono 65 per
un ammontare di 4.641 milioni di Euro ma ne sono disponibili solo 128.
C’è dunque un problema di reperimento
delle risorse ma non c’è un piano credibile e concreto che possa tanto
prefigurare un maggior impegno del bilancio statale quanto un ruolo efficace della
finanza di progetto.
Ma il Ministro Lunardi trova tuttavia il
coraggio di dichiarare che i soldi ci sono, ci sono per il Ponte sullo stretto
e per la ricostruzione delle zone terremotate, che avrà luogo in soli due anni,
senza dire da quali settori verranno tolti né attraverso quali entrate verranno
reperiti, qualora si volessero confermare tutte le scelte di spesa già
effettuate.
Siamo forse all’ultimo stadio
dell’incoscienza visto che viene ad essere estinta qualunque forma di rispetto
per l’intelligenza ed il buon senso degli italiani.
Come avrete visto le scelte iniziali
della finanziaria hanno scatenato la reazione negativa di gran parte dei
firmatari del Patto, soprattutto delle categorie economiche; molto meno di Cisl
e Uil e questo ci dispiace perché pur nel rispetto delle posizioni reciproche
ci sembra che nella posizione delle altre Confederazioni manchi soprattutto in
questa ultima fase un minimo di obiettività che potrebbe aiutare una
valutazione comune su quelle parti della manovra veramente sbagliate e dannose.
Noi, ad esempio, non ci sentiamo in
imbarazzo nell’ apprezzare la marcia indietro del Governo su diversi punti
molto contestati, semmai l’imbarazzo dovrebbe essere dell’Esecutivo per la
prova di inaffidabilità e di scarsa serietà offerta.
Se il Governo è tornato indietro sul 36%
di sgravi fiscali per le ristrutturazioni, sulla riduzione dal 20 al 10% dell’
Iva sui materiali da ristrutturazione, se ha ritirato gli emendamenti agli
art.6,7,8 e 9 che introducevano i condoni, non abbiamo problemi a dire che ha
fatto una cosa giusta anche perché aveva fatto una cosa sbagliata prima e se
oggi ha ripristinato ciò che chiedevamo è anche perché lo abbiamo fatto con
molta determinazione.
Ma per la stessa ragione non siamo
imbarazzati nel dire che queste correzioni non modificano strutturalmente
l’impianto di una politica e di una manovra che nelle sue radici, nella sua
impostazione è sbagliata.
Per esempio, il tanto ventilato
incremento delle risorse per il Mezzogiorno equivale sostanzialmente ad una
partita di giro di vecchi stanziamenti spacciati per nuovi ed in più
introducendo nuovamente il criterio della discrezionalità che è il terreno
della mediazione politica tra imprese e Governo.
Indubbiamente il Governo è dovuto correre
ai ripari dopo l’ondata di critiche ricevute, ma sostanzialmente continua a
fare il gioco delle tre carte, a rivendere per nuove cose vecchie o già vendute
una prima volta e tutto questo perché l’incapacità di affrontare con rigore, serietà ed il dovuto coraggio il problema
delle entrate inibisce qualunque possibilità di mettere in atto una coerente
politica di sviluppo.
In questo senso, questa nostra Conferenza
rappresenta un importante momento di iniziativa sindacale che si colloca su una
linea di coerente sviluppo con la mobilitazione della Cgil che ha portato allo
sciopero generale del 18 ottobre per la modifica della Finanziaria, per lo
sviluppo, per il Mezzogiorno e che porterà alla iniziativa nazionale della Cgil
del 29 e 30 novembre a Napoli.
E’ un contributo della categoria per
stare in campo a partire da uno dei terreni più esposti della condizione in cui
si trova il nostro settore.
Ecco perché, e vengo all’ultima parte,
l’iniziativa della Fillea sul Mezzogiorno è parte integrante e pienamente
coerente con la sfida del Cantiere
Qualità.
Dicevo all’inizio che il nostro Cantiere Qualità farebbe poca strada se
non venisse rotto il dualismo tra mercato legale e illegale, tra competizione
di qualità e destrutturazione selvaggia e gran parte del rovescio della medaglia,
la facciata “sporca”, pericolosa del nostro settore, sta proprio nel
Mezzogiorno.
Basti per tutti ricordare che l’indice di
irregolarità del lavoro, che dei termometri per misurare la qualità del settore
è forse quello più esplicito, passa dal 4,4% del NE, al 9,2% del NW al 18,4%
del Centro, per arrivare al 28,8% del
Sud.
Dobbiamo per forza di cose –quindi-
offrire alle nostre strutture meridionali, ancor più che a tutte le altre, un
contesto qualitativo per lo sviluppo della contrattazione ed è uno dei problemi
centrali che abbiamo voluto affrontare con questa iniziativa.
Il progetto per la contrattazione nel Sud
può essere più efficace se tiene insieme quella della categoria dentro il
settore e dentro i cantieri con quella della Confederazione sul territorio.
Contrattazione territoriale e contrattazione categoriale sono due braccia di
una unica fatica che dobbiamo compiere.
Abbiamo bisogno di rilanciare la
programmazione negoziata, la concertazione locale per portare ai tavoli con le
istituzioni locali e regionali e con le altre categorie economiche il confronto
sulle scelte selettive che devono
orientare la programmazione locale di sviluppo.
Per la nostra categoria e per il nostro Cantiere Qualità questa è una condizione
determinante, innanzitutto per il valore aggiunto che in termini di qualità
porta con se lo sviluppo sostenibile, così come lo abbiamo descritto nella
nostra piattaforma; in secondo luogo perché la qualità del lavoro e
dell’impresa che dovranno realizzare quelle scelte, quelle opere, in gran parte
può essere determinata anticipatamente su quei tavoli e attraverso strumenti
che a quei tavoli possono essere aggiunti, soprattutto dagli attori
istituzionali.
Mafia e appalti, vecchio e nuovo rischio per
il Sud……..
Il riferimento cade necessariamente sul
complesso delle norme che regolano il sistema degli appalti pubblici e sulle
ricadute che esso esercita nel mercato generale delle costruzioni.
Anche in questo il Governo ha fatto
scelte contro il Mezzogiorno.
Quando si è proceduto attraverso la Legge
Obiettivo ed il Collegato sulle Infrastrutture a smontare il cuore
dell’apparato normativo preposto alla trasparenza ed alla regolarità degli
appalti, con il pretesto della velocizzazione delle opere ma con la motivazione
assai più convincente di soddisfare i desideri liberisti di una fetta
consistente dei costruttori, si è fatta una scelta che qui, nel Mezzogiorno non
avrebbe potuto che dare anima e movimento ad un corpo infetto, che nella
sciagurata dichiarazione del Ministro Lunardi di inizio mandato ministeriale
aveva colto un segnale di riabilitazione, una sorta di “sdoganamento”, ammesso
e non concesso che tale fenomeno si fosse mai sopito.
Parlo come avrete capito dell’intreccio
pericoloso tra economia e malavita, che sul terreno degli appalti ha sempre
prosperato e dettato le sue leggi, molto più efficaci e persuasive di quelle
ufficiali.
La mafia degli appalti forse non era
stata sconfitta, ma non v’è dubbio che l’azione tenace, determinata di uomini e
strutture preposte alla lotta contro il fenomeno aveva inferto duri colpi al
sistema malavitoso e questa è stata una sponda importante per una categoria che
nel perseguire l’obiettivo della tutela dei lavoratori, per difendere il
salario, le condizioni di sicurezza nel lavoro, per difendere la dignità dei
lavoratori ha esposto in prima persona i suoi dirigenti, li ha messi a rischio,
di fronte a minacce e a vere e proprie persecuzioni.
Anche per questo vorrei cogliere
l’occasione di questa Conferenza per rinnovare a questi compagni il sostegno e
la solidarietà di tutta l’organizzazione, assicurando loro che la Fillea non li
lascerà mai soli e li difenderà anche mettendo in campo una forte iniziativa
per la trasparenza e la legalità nel settore.
Anche in questo caso l’intreccio tra
contrattazione territoriale e di categoria è fondamentale.
Là dove si decide di destinare risorse
pubbliche -partiamo almeno da lì-
dobbiamo imporre nel confronto con le stazioni appaltanti pubbliche che la
selezione delle imprese avvenga nel pieno rispetto delle norme e delle regole
stabilite da leggi e contratti, dobbiamo imporre che la legge regionale sugli
appalti venga scritta e approvata dalle regioni includendo le norme sulla
regolarità, trasparenza e la qualificazione delle imprese, recuperando i vuoti
aperti dalle modifiche alla Merloni.
Dobbiamo pretendere che l’esperienza del
Durc, finalmente riconosciuta nell’art. 2 della legge sul sommerso (unico punto
di un provvedimento che non condividiamo) venga introdotta nelle leggi
regionali sugli appalti e dobbiamo estendere la sperimentazione sui protocolli
di legalità, sulla base dell’esperienza a cui ha contribuito il Cnel.
Sono cose concrete, che si possono fare
se si vogliono fare, che le istituzioni possono fare se vogliono fare, sono
cose che il Governo non solo non ha voluto fare ma che ha ostacolato, favorendo
con le sue scelte la riedizione di uno scenario tristemente noto e ancor più
conosciuto con il nome di Tangentopoli, fenomeno che al Sud esiste nella
versione ancora più inquietante dell’intreccio mafioso.
Dalla Conferenza una forte Fillea meridionale
….
Di tutto questo abbiamo discusso nella
nostra Conferenza ed è stato importante averlo fatto attraverso un percorso che
ci ha consentito, con il contributo delle strutture confederali meridionali ed
oggi con alcune categorie nazionali che ringrazio per la loro presenza, di
individuare dei terreni concreti di lavoro per “il giorno dopo”.
Infatti è questo il senso principale del
lavoro che ci ha impegnati in tutte queste settimane: non una ennesima disamina
della questione meridionale, per quanto aggiornata, ma la messa a punto di vere
e proprie piattaforme di lavoro, per tentare di dare gambe ad un lavoro che
muovendo dalle nostre problematiche offra alla confederazione un contributo a
far avanzare un progetto di iniziativa che –tra l’altro- proprio qui a Bari un
anno fa fu al centro della Conferenza Nazionale della CGIL sul Mezzogiorno ed
anche per questa ragione simbolica di verifica e di ripartenza abbiamo voluto
collocare la nostra nella stessa città.
Abbiamo fatto un buon lavoro, in grado di
offrire interessanti premesse per il suo sviluppo più immediato, un lavoro che
proponiamo alla Cgil Nazionale ed alle strutture meridionali di monitorare in
corso d’opera.
Abbiamo aperto un cantiere sindacale nel
Mezzogiorno che può offrire un grande contributo alla stessa crescita
qualitativa e quantitativa della nostra organizzazione in queste aree.
E’ importante il dato sul tesseramento
che premia lo sforzo ed il lavoro dei nostri gruppi dirigenti , spesso svolto
in condizioni impari, ma che ha riposizionato la Fillea su livelli di grande
autorevolezza, anche nei territori che ci vedevano tradizionalmente inferiori
alle altre organizzazioni.
Ma è altrettanto importante il dato sui
gruppi dirigenti meridionali, che registra una significativa crescita di
qualità, di maturità, di esperienza, che offre oggi il volto di un gruppo
dirigente molto unito, molto coeso attorno all’obiettivo di affermare nel Sud
la funzione e l’iniziativa della nostra categoria.
Per questo vi ringrazio tutti a nome
della Segreteria Nazionale, vi ringrazio per aver creduto a questa nuova sfida
che abbiamo lanciato, per aver lavorato in questi mesi alla sua costruzione e
realizzazione e soprattutto per l’impegno che vi siete assunti nel portarla
avanti.
Credo che per portarlo avanti questo
lavoro vi meritiate l’aiuto di tutta l’organizzazione, di tutti i suoi gruppi
dirigenti ed anche per questo la Conferenza di oggi vuole sancire la
conclusione di una prima fase con l’assunzione di un impegno che riguarderà
ognuno di noi, per far vivere nella solidarietà ma ancor più nella coerenza
dell’iniziativa politica e contrattuale di tutta la Fillea l’obiettivo che
abbiamo messo al centro di questa sfida: il
Mezzogiorno dei diritti e della qualità per vincere la sfida dello sviluppo e
della democrazia.
Bari, 7 Novembre 2002