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I cantieri della morte Inchiesta di Famiglia Cristiana sugli infortuni e le vittime. Italia Maglia nera in Europa.
di Francesco Anfossi e Elisa Chiari
LAVORO INCHIESTA SUGLI INFORTUNI E LE VITTIME: L’ITALIA MAGLIA NERA D’EUROPA
I CANTIERI DELLA MORTE
Nel 2006 il bilancio è stato impressionante: 1.250 decessi e 935.000 incidenti. Un fenomeno che si sta cercando di arginare con il Codice unico sulla sicurezza. Ma il vero problema sono i controlli.
Il capo dello Stato Giorgio Napolitano continua a parlare della gravità della situazione, del fatto che «non possiamo più limitarci alla denuncia commossa e indignata», come ha detto nel suo messaggio alla Conferenza nazionale della sicurezza di Bagnoli. I dati dell’Inail, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, nonostante la lieve flessione dal 2001 a oggi, continuano a rimanere intollerabili: 3,4 "morti bianche" al giorno dal primo gennaio del 2007.
Nel 2006 il bilancio è stato impressionante: 1.250 decessi e 935.000 infortuni. La flessione (nel 2001 furono denunciati un milione e 23 mila infortuni) oltretutto non vale per il settore delle costruzioni, dove si consumano quotidianamente tragedie silenziose dovute all’intreccio perverso tra lavoro sommerso, immigrazione clandestina, scarsa osservanza delle norme di sicurezza, bassa formazione, disattenzione. Cifre stimate per difetto
I dati Eurostat, fermi al 2004, ci dicono che l’Italia ha un tasso di infortuni e di morti molto maggiore rispetto a Paesi evoluti come Germania, Regno Unito e Paesi Bassi, soprattutto per la mortalità. Ma i numeri sono stimati per difetto perché gli infortuni mai denunciati sono, stando sempre all’Inail, almeno 200 mila all’anno. Più che le cifre», commenta Franco Martini, segretario generale della Fillea Cgil, «preoccupa la composizione qualitativa di questi dati: le cause di morte sono sempre le stesse, risalgono alla metà del secolo scorso, a conferma che i processi lavorativi stentano ad assumere le necessarie innovazioni rese possibili dalle moderne tecnologie. La distribuzione territoriale parla di un Nord dove è presente addirittura il 47 per cento del totale degli infortuni. È vero che in quelle regioni si concentra la maggior parte del mercato, ma è altrettanto vero che vi è localizzata la maggioranza della ricchezza prodotta, una quota della quale dovrebbe essere destinata ai processi di qualità del lavoro e dell’impresa e invece prende altre strade, che poco hanno a che fare con l’innovazione».
Quelle assunzioni vergognose
Per arginare questa impressionante catena di morte il Governo ha emanato un pacchetto di norme che prevedono la sospensione dei cantieri con elevata incidenza di lavoratori in nero e l’obbligo di denunciare all’Inail i lavoratori almeno un giorno prima dell’assunzione. Un modo per frenare la pratica vergognosa delle assunzioni denunciate lo stesso giorno dell’infortunio, mentre in realtà il lavoratore aveva svolto fino a ieri la sua attività in nero. Solo quando si fa male o muore l’azienda lo mette in regola per evitare grane.
Oltre al pacchetto sulla sicurezza contenuto nel decreto per il rilancio economico approvato a luglio 2006, si sta lavorando alla nascita di una commissione parlamentare di inchiesta sugli infortuni e all’elaborazione di un Codice unico per la sicurezza. Anche se il vero problema, al di là delle leggi che sono buone e in linea con le direttive europee, resta quello dei controlli.
Nel Testo unico sulla sicurezza che sta prendendo corpo si ipotizza che gli ispettori facciano finalmente squadra, che una banca dati raccolga le informazioni e le faccia circolare. Vi saranno anche più corsi di formazione sulle misure da prendere sul lavoro, che diverrà materia d’esame all’università presso facoltà come Economia e Medicina. In modo da porre il problema della sicurezza come un elemento fondamentale, connaturato, imprescindibile da qualsiasi opera messa in atto dal lavoro dell’uomo.
Francesco Anfossi
LO SCRITTORE E IL CAPOMASTRO
«Vorrei che nessuno più andasse con un piccone a bussare alla propria fossa sperando che non sia ancora pronta». Sono parole di Erri De Luca, affidate alle pagine di In alto a sinistra, dedicate ai suoi primi anni Ottanta, anni di cantiere in Francia, a scavare una fogna, nelle viscere di Parigi.
Là sotto di bianco non c’è niente. Solo un sottoterra nero. Miniera o tombino fa uguale. Nero fuori, sabbia in bocca e rabbia dentro. Solo la morte chiamano bianca quando arriva, come una macchia da cancellare in fretta fin dalle parole. «L’unica cosa bella del lavoro all’estero», racconta De Luca, «è guadagnare i primi soldi stranieri: hanno un sugo diverso, sembrano più grandi, più belli. Adesso con l’euro questo vale solo per chi viene da molto lontano».
Distanza significa poche parole, difficoltà a capire, scarsa coscienza dei diritti, il lavoro pericoloso fa il paio con la debolezza insita nella lontananza? «Non è una loro debolezza è una nostra prepotenza, ma è così in tutto il mondo, si approfitta della clandestinità, dei permessi che non ci sono».
De Luca scriveva della felicità di avercela fatta, a scavare senza morire, contro un capomastro che non avrebbe pagato nulla la vita di un operaio perso sottoterra. «Ce l’aveva con me, perché non facevo straordinari, staccavo alle cinque in punto e cercava un pretesto perché me ne andassi. Io però avevo un contratto e diritti sindacali, ho fatto parte dell’ultima ondata di emigranti italiani e malgrado questo si rischiava così. Messo peggio era il mio compagno di lavoro, algerino appena arrivato, spaesato. Oggi la situazione è ancora peggiore: noi, almeno, eravamo in regola, tutti».
Il pericolo massimo invece fa rima con sommerso. «L’imprenditore onesto e serio paga il giusto e si fa carico delle misure di sicurezza, perché vuole essere a posto con la legge, chi non si fa scrupoli a elemosinare paghe da fame, si preoccupa ancor meno del resto».
Ha visto morire? «Sì. Quel capomastro mi chiese di tagliare un cavo con l’accetta. Rifiutai. Bussò alla porta di un altro. Il cavo portava tensione».
Esiste la fatalità? «Esiste soprattutto la stanchezza, che ti fa essere impreciso, gli incidenti più gravi avvengono verso sera». Quando la fatica appanna anche i gesti consueti.
Elisa Chiari
11 aprile 2007 |
©Grafica web michele Di lucchio