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Documento FILLEA CGIL per la Conferenza di organizzazione 2008

sul tema dell’ Immigrazione

 

Nel 2006 gli iscritti immigrati alla Cgil sono stati 240.729, contro i 248.886 della Cisl e 136.997 della Uil; la percentuale degli immigrati sul totale dei lavoratori attivi in Italia è stata del 10%. Dai dati del tesseramento 2006, gli immigrati iscritti alla Fillea Cgil sono 78.000 e rappresentano il 30% del totale degli iscritti alla confederazione CGIL. 

Il successo dell’ organizzazione sindacale FILLEA CGIL sul tema dell’ immigrazione  è sicuramente legato alla sua sensibilità, alla sua intelligenza e lungimiranza politica e organizzativa. Tuttavia la complessità del fenomeno migratorio discende dalla sua stessa apparente semplicità.

Che cosa c’è di più semplice di un viaggio? Migrare non è mai un atto “innocente”, perché il viaggio in questione mette in gioco sempre due motivazioni contrapposte, la disperazione e la speranza. L’immigrato vivrà perennemente in equilibrio precario tra questi due sentimenti.

Vorremmo fare, in proposito, qualche considerazione:

a) contrariamente a quanto si ritiene, le migrazioni sono vecchie quanto l’esistenza dell’uomo; non sono dunque né un fenomeno recente, né un fatto italiano;

b) contrariamente a quanto si sente dire, le migrazioni non hanno mai significato catastrofe, invasione; non ha dunque senso la sindrome attuale di “accerchiamento”;

c) da una lettura approfondita del fenomeno si evince che le migrazioni hanno costituito addirittura il crogiolo dal quale popoli e culture sono nati.

I popoli vivi, infatti, non hanno mai praticato l’autismo culturale.

d) Come tutte le migrazioni, anche quelle attuali riflettono i processi di   superamento, di mondializzazione in atto, li accelerano e li approfondiscono; per citare qualche esempio:

·  l’apparizione all’orizzonte del villaggio globale;

·  la telepresenza: un’inaudita moltiplicazione delle opportunità di comunicazione interculturale e psicologica;

·  la difesa delle identità profonde come naturale, estremo baluardo contro la perdita di senso e l’angoscia di sentirsi soli di fronte al mondo (la desolazione).

Se tutto ciò è vero, le attuali migrazioni offrono alle società e anche al nostro sindacato l’occasione:

 

·  di riflettere su se stesso, confrontandosi con gli altri, valorizzandone l’esistenza;

·  di intraprendere il viaggio di convergenza planetaria sui diritti e i doveri.

 

Questo complesso processo di adeguamento all’interno del sindacato CGIL e FILLEA introduce la necessità di sostenersi attraverso una diffusa pedagogia socio-culturale e sindacale, che renda possibile una profonda formazione-trasformazione di quasi tutto l’apparato del sindacato (politico e tecnico).

Si tratta di promuovere un intenso e continuo scambio di iniziative straordinarie per produrre insieme nuovi modelli di convivenza e nuovi modelli di fare il sindacato.

L’immigrazione è l’atto di nascita di nuovi soggetti umani e dinamici che l’Organizzazione Sindacale FILLEA CGIL è chiamata ad integrare come lavoratori,  come sindacalisti e come cittadini.  Il problema è che non si tratta  di bambini, ma di adulti per i quali il processo delicato della nuova sindacalizzazione non parte da un’ipotetica “tabula rasa”, ma da una socializzazione già avvenuta che non può essere ignorata, pena rendere impossibile qualsiasi risocializzazione.

Si parla spesso di integrazione dei lavoratori e delle lavoratrici immigrati/e, essa però, se non diventa un fatto reciproco, è sicuramente votata all’insuccesso o ad una non auspicabile, oltre che impossibile, assimilazione; inoltre, l’accelerazione attuale della storia restringe i tempi di adattamento degli uni agli altri e degli altri agli uni. E’ pertanto opportuno intraprendere una strategia e razionalizzare questi tempi storici e innovativi per la categoria e la confederazione, con dei percorsi formativi mirati e forti e con l’introduzione di alcune procedure per l’inserimento di questi nuovi protagonisti all’interno del sindacalismo italiano.

Operazioni che rispondano non solo alla disperazione e alla speranza ma anche alla ricomposizione; le migrazioni anticipano processi che la storia sta proponendo a tutti i popoli, in vista dell’organizzazione di una futuribile e non utopistica “tavola rotonda delle culture”. Un’ideale struttura permanente di dialogo dove ogni cultura sia disposta a “relativizzarsi senza relativismo” e dove diventi chiaro a tutti che ciascuno ha bisogno degli altri, quanto gli altri di ciascuno. In questo viaggio verso il pensiero plurale, la formazione, tutte le formazioni, sono da pensarsi come momenti di apertura, di crescita e di ricomposizione, che esigono l’impiego del meglio del nostro sindacato FILLEA e CGIL e di tutta la società. Ogni escamotage e improvvisazione in questo campo rischierebbero non solo di mancare l’obiettivo, ma di moltiplicare complicazioni e resistenze, dunque di ritardare appuntamenti importanti.

Aggiungiamo a questo punto alcune idee che crediamo attuabili all’interno della nostra confederazione e della nostra categoria sindacale:

·  formazione linguistica: italiano, lingua straniera e quando possibile terza o quarta lingua;

·  formazione sindacale mista per stranieri ed italiani insieme, come valore aggiunto della stessa anche in tema di comunicazione interculturale;

·  formazione ad hoc di tutti gli attori del sindacato (uffici vertenze, patronato INCA, servizi, ecc…) che trattano con gli immigrati; sono loro che disegnano, nel bene e nel male, il volto della  FILLEA e della CGIL. Attraverso loro, l’organizzazione intera manifesta quella “tenerezza dei popoli” che si chiama solidarietà quotidiana;

·  spingere, come sindacato, a formazioni professionali verso mestieri dell’avvenire e non solo verso  quelli tradizionali;

·  formazione a professioni, assolutamente nuove, legate alla mediazione interculturale.

 

Il sindacato CGIL e FILLEA deve ricostituirsi per differenziarsi. Sul sindacato di domani incombe l’obbligo di saper “unire senza confondere e distinguere senza separare”. In questo la FILLEA-CGIL da tempo si distingue e produce risultati concreti. Vorremmo a proposito sottolineare come in questi anni la nostra categoria sia stata attenta e sensibile alle problematiche che hanno caratterizzato il mondo odierno del lavoro, ove la presenza di lavoratori immigrati si fa sempre più imponente e ci porta a dover gestire una nuova tipologia di rapporti, tra lavoratori autoctoni e lavoratori stranieri, ponendo la categoria in una posizione di cerniera tra i “due mondi”. Per tal via è nostro fondamentale ruolo educare alla comunicazione interculturale attraverso il nostro essere presenti quotidianamente, manifestando un pensiero, un approccio orientato in tal senso e rafforzando il tutto con adeguati corsi di formazione.

Nella fattispecie la Fillea nazionale ha iniziato nel 2003 un percorso formativo per i sindacalisti/e a tutti i livelli, che è stato concepito come formazione continua, dove i moduli che verranno di anno in anno organizzati saranno frutto dell’intrecciarsi degli obiettivi strategici della categoria e del sistema dei bisogni espliciti, impliciti e latenti dei lavoratori con cui si viene giornalmente a contatto.

Tale percorso è stato motivo di ampi apprezzamenti da parte dei tutti che, non solo ne hanno ben accolto la parte a contenuto strettamente didattico, ma sono rimasti rapiti dai moduli sulla comunicazione, sulla crescita della cultura sindacale, sulla gestione del nuovo ruolo (in relazione ai mutamenti del lavoro), che ha in loro fatto emergere lo spostamento verso l’esterno di quell’etnocentrismo che caratterizzava molti.

 

La strada è lunga, abbiamo appena iniziato a percorrerla, ma siamo convinti che sia quella giusta, soprattutto se da parte di ognuno di noi, come persone prima che come sindacalisti, ci sarà l’accoglimento di un approccio di questo tipo.

In secondo luogo occorre fare un salto di qualità, a partire da due domande fondamentali e interessanti: cosa è la partecipazione in democrazia?

Cosa è la partecipazione democratica per il sindacato CGIL?

In aggiunta a questo bisogna considerare alcuni fattori di cui il lavoratore straniero è vittima.

L’immigrato spesso non è a conoscenza di:

1- legislazione del paese di accoglienza;

2- storia politica, sociale e culturale del paese di accoglienza;

3- storia del movimento operaio italiano;

4- mutamenti e i cambiamenti dello storico movimento operaio italiano, influenzato dall’economia nazionale, europea e “mondiale” globalizzazione.

In base a queste riflessioni e a queste lacune, la nostra categoria assieme alla confederazione CGIL (il più grande sindacato nazionale, europeo e mondiale) dovrebbe sforzarsi di dare un contributo straordinario ed assolutamente innovativo a partire dalla prossima Conferenza di organizzazione 2008, per optare verso un processo di crescita  all’interno dell’organizzazione in primis e in secondo luogo, all’integrazione attiva e reale dei cittadini immigrati per costituire una società veramente civile e pacifica.

In questa direzione la nostra categoria FILLEA CGIL, ormai considerata la prima federazione sindacale multietnica ed interculturale, potrà e ha il dovere di elaborare e formulare una proposta di una nuova procedura da approvare a tutti i livelli della Conferenza di organizzazione della nostra categoria e poi alla confederazione nelle sue articolazioni. Una proposta che abbia l’obiettivo di fare diventare, con coraggio e convinzione  di tutti e a tutti i livelli, la nostra categoria e la confederazione una palestra di ingegneria sindacale e politica per i cittadini immigrati/e,  partendo da quelli che noi rappresentiamo e che sono nel mondo del lavoro, proponendo un distacco temporaneo dei delegati/e sindacali/e e di qualche iscritto, che dovrebbe andare dai tre mesi ai sei mesi inizialmente, per potere dar loro l’opportunità di fare, intanto, un’esperienza sindacale e politica da trasmettere direttamente agli altri/e lavoratori/ci e alle altre comunità, poi, dopo una attenta valutazione, di essere inseriti a pieno titolo nell’attività politica sindacale. Si può pensare a partire dalla nostra categoria di stabilire una percentuale di iscritti alla Fillea (da 15 e 20%) per distaccare un compagno/a immigrato/a per ogni realtà territoriale.

 

Questo servirebbe non solo per dare rappresentanza e rappresentatività agli immigrati, ma per creare un futuro sindacato fatto da uomini e donne capaci di interpretare e capire in modo intelligente e dinamico le esigenze, i bisogni di tutte le persone nel mondo globalizzato.

 

Il luogo di lavoro, o meglio il sindacato ormai è diventato, come confermano tanti studi internazionali, il primo e essenziale terreno e laboratorio di scambio, di contaminazione e di dialogo tra i popoli.

 

La recente rivolta di Parigi delle seconde, terze e quarte generazioni native è stata attribuita, dopo un’analisi approfondita da antropologi e sociologi, al loro isolamento e alle distanze che ci sono state con il mondo dell’associazionismo e soprattutto del sindacato francese. Occorre, quindi, non solo non commettere gli stessi errori, ma avviare seriamente da subito, a partire da questa Conferenza di organizzazione, un’azione procedurale di  inserimento dinamico degli immigrati nel sindacato e nella società autoctona.

 

La Conferenza di organizzazione costituisce un appuntamento importante, ma ancor di più un’occasione preziosa per riprogettare il sindacato, che nessuno, categorie e confederazione,  può permettersi di mancare.

Se non saremo in grado di rispondere adeguatamente alle esigenze di cambiamento, non future ma già oggi esistenti, saremo destinati a fallire e tradire il senso più profondo del nostro agire e del nostro stesso esistere.

 

                                                                                                                                                                                                                                       

 

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